Per quale motivo obbligare il Cardiocentro a questo rischioso passaggio? Solo per un contratto ingiallito firmato quando non c'erano ancora gli iPhone? Può darsi che tutto andrà per il meglio - e in ogni caso ce lo auguriamo - ma se così non fosse chi si assumerà la responsabilità di aver sfasciato, o anche solo rovinato, il giocattolo? Se ciò accadesse chi ne renderà conto ai pazienti ticinesi?
L’EOC vuol ritirare il Cardiocentro. Così, con statalista nonchalance, quasi come se si trattasse di farsi restituire la scatola dell’Allegro chirurgo e non un ospedale che rappresenta una delle eccellenze sanitarie che danno più lustro al Ticino e a Lugano in Svizzera e nel resto del globo. Un ospedale a cui migliaia di ticinesi sono affezionati e verso il quale provano un senso di calorosa riconoscenza.
Prima di entrare nelle questioni di merito, mi sia concessa un’annotazione di carattere umano, che non rientra tra i motivi di giudizio sulla vicenda. Mi riferisco alla sofferenza personale con la quale il fondatore del Cardiocentro, il professor Tiziano Moccetti, sta vivendo questa situazione. Fa cascare le braccia, e addolora, il cinismo burocratico con il quale una delle intelligenze migliori del nostro Cantone viene (mal)trattato nel momento in cui si appresta ad appendere il camice al chiodo. Tanto da fargli dire in diretta televisiva di sentirsi “umiliato” per il comportamento con cui l’Ente si sta comportando nei confronti del Cardio. È vero che la gratitudine non è di questo mondo, soprattutto in faccende politiche, ma un atteggiamento più leale e rispettoso verso un uomo che ha salvato tante vite, dovrebbe essere assicurato in qualunque circostanza. Questo è un metro di misura importante per misurare chi è chiamato a prendere delle decisioni. Fine dell’annotazione.
Veniamo al merito. L’Ente ospedaliero mostra i muscoli sventolando un contratto firmato 20 anni fa dalle parti. Un accordo che prevede lo scioglimento della Fondazione Cardiocentro alla fine del 2020 e il conseguente passaggio del Cardio sotto il cappello dell’EOC.
Quando il professor Moccetti, con Giorgio Giudici, firmò quel contratto assai sconveniente, lo fece con ogni evidenza perché quello era l’unico modo per far partire il progetto. Un progetto che altrimenti non avrebbe mai visto la luce (e oggi non avremmo questa eccellenza a beneficio di tutta la popolazione). Nei primi anni di vita dell’ospedale del cuore, inevitabilmente difficili , i due fondatori garantirono personalmente sui debiti dell’istituto. Qualcuno mandò anche qualche precetto esecutivo. Fortunatamente Moccetti e Giudici si assunsero quel rischio perché, allora, in Ticino, non ci credeva quasi nessuno. È bene non dimenticare mai certi passaggi, per capire la fatica che ci vuole per costruire qualcosa di bello. Talvolta contro tutto e tutti.
A questo proposito basti sottolineare che l’Ente aveva talmente tanta fiducia nel fatto che il Prof avrebbe avuto successo, che venne inserita una clausola che impone allo scadere del contratto, se l’EOC lo desidera, la restituzione vergine del terreno dove ora sorge l’ospedale. Se le cose fossero andate male, insomma, il Cardiocentro avrebbe dovuto assumersi l’onere di spianare con le ruspe quanto era stato costruito.
Questa postilla rivelatrice, fortunatamente, non scatterà mai perché non solo l’intuizione di Moccetti era corretta, ma oggi l’istituto rappresenta una delle stelle più luccicanti nel cielo della sanità ticinese.
La logica avrebbe voluto, a fronte degli straordinari risultati raggiunti, che quel patto fosse semplicemente rinnovato. Anche solo come atto di riconoscimento verso quanto il Prof e tutti i suoi collaboratori hanno realizzato in un ventennio. Invece, anziché scegliere la strada più ovvia e ragionevole, quella dello status quo, si vuole prendere questo modello, oggi riconosciuto da tutti come di successo, metterlo in un frullatore e dargli una nuova forma. Il tutto solo per quel pezzo di carta firmato 20 anni fa.
Per inquadrare meglio questo passaggio, vale la pena ricordare come è cambiato il mondo nel frattempo. Nel 1999, quando fu firmata la convenzione, il presidente degli Stati Uniti era Bill Clinton. Al lancio del primo iPhone mancavano ancora 8 anni. I film li guardavamo in VHS. L’accordo sulla Libera circolazione tra Svizzera e UE era appena stato firmato.
Se a noi comuni mortali sembra passato un secolo da allora, nell’ambito medico e scientifico è trascorso almeno un anno luce. Eppure oggi, nel 2018, si vuol far valere quanto sancito ai tempi del modem 56k. Se ci pensate, è pazzesco.
Si dirà: ma i contratti si rispettano. Vero. E in effetti, dal profilo giuridico, se l’EOC vorrà scrupolosamente attenersi ai patti nessuno potrà impedirglielo. E il Cardiocentro, del resto, non ha mai messo in discussione il principio di passare sotto il cappello dell’Ente. Questo però con la richiesta che non venga stravolto quanto costruito in due decenni (e solo chi lo ha costruito sa quali sono le esigente per garantire una corretta continuità). Ma il punto è un altro. I contratti si possono anche rinnovare, rimodellare, aggiornare, sulla base dei risultati e premiando chi ha fermato il traffico ferroviario verso Zurigo per migliaia di pazienti ticinesi, e per le loro famiglie, che oggi, grazie al Cardiocentro, non devono più andare a farsi curare oltre Gottardo.
Noi non siamo manager della sanità, specialisti del settore, o politici che siedono nei gremi decisionali, e perciò ragioniamo con semplicità, da persone della strada, da pazienti. E, seguendo questo schema elementare, osserviamo come finora nessuno ha messo sul tavolo una sola ragione medica, scientifica, tecnologica o finanziaria, per modificare i delicati meccanismi di questo modello. Sulla scrivania c’ è solo quel contratto ingiallito.
E per quale motivo allora obbligare il Cardiocentro a questo rischioso passaggio? Può darsi che tutto andrà per il meglio - e in ogni caso ce lo auguriamo - ma se così non fosse chi si assumerà la responsabilità di aver sfasciato, o anche solo rovinato, il giocattolo? Se ciò accadesse chi ne renderà conto ai pazienti ticinesi?
Il messaggio allora, non può che essere molto semplice, finanche banale: il Cardiocentro non si tocca! E non si tocca perché è patrimonio di tutti e tutti vogliamo che continui ad operare esattamente come oggi. Né più e né meno.
Ed è ora che anche la politica si muova per trovare una soluzione volta a tutelare questo patrimonio dei pazienti del nostro Cantone. A cominciare dai politici luganesi.
Fin qui solo il sindaco Marco Borradori ha speso parole chiare (a proposito: il Municipio di Lugano ha il dovere di difendere con la giusta verve un’istituzione della Città, come farebbe qualsiasi Esecutivo locale, abbandonando tentennamenti, pavidità e cerchiobottismo). Attendiamo quindi con ansia che altri rappresentanti della istituzioni comunali e cantonali facciano sentire la loro voce a difesa del Cardiocentro. Altrimenti, se le cose non andranno per il verso giusto, saranno ritenuti complici. E i pazienti , statene certi, se ne ricorderanno alle prossime elezioni. Pochi argomenti, infatti, riescono a smuovere una comunità quanto la difesa di un’istituzione sanitaria sul territorio. In Ticino abbiamo una casistica infinita a supporto di questa tesi.
Ma anche i cittadini - tutti coloro che devono un grazie al Cardiocentro e al prof Moccetti, e siamo tanti - devono opporsi a questa logica burocratica e ottusamente statalista, che potrebbe portare alla sparizione del nostro amato ospedale così come lo conosciamo oggi.