Il ministro ticinese dell'economia parla anche del mercato del lavoro:"Ci vogliono regole che tengano conto delle differenze regionali. Cosa che oggi non succede”
BELLINZONA - “Piuttosto che firmare un brutto accord è meglio attendere”. Questa in sostanza è la posizione del consigliere di Stato Christian Vitta sulla negoziazione fra Svizzera e Unione Europea in tema di accordo istituzionale.
Piuttosto che giungere a un accordo che porta svantaggi alla Svizzera è meglio attendere, ha detto in un’intervista alla Sonntags Blick. Un messaggio che va ovviamente anche al consigliere federale Ignazio Cassis, ministro degli esteri.
È oggi importante trovare una soluzione globale che sia nell’interesse dell’intera Svizzera e delle sue regioni, in caso contrario, continua Vitta, “la proposta non avrà nessuna possibilità di reggere davanti al popolo, in particolare in Ticino”. Ticino che è sempre al fronte quando si tratta di temi riguardanti i rapporti fra Svizzera ed Europa.
Nell’articolo viene ricordato che circa un terzo della forza lavoro è frontaliera, che il Ticino rappresenta la terza piazza finanziaria e che il bacino lombardo ha una popolazione grande quanto la Svizzera.
Vitta parla anche del mercato del lavoro: “in Svizzera non esiste un unico mercato del lavoro omogeneo, ma più mercati diversi fra loro. Quello che può andare bene a Zurigo o Zugo, può porre problemi in Ticino e viceversa. Per questo motivo sono necessarie regole che, seguendo lo spirito federalista, tengano conto di queste differenze regionali. Cosa che oggi non succede”.
Sempre parlando di mercato del lavoro, il ministro affronta anche il tema del salario minimo, quale esempio di misura cantonale. Ricorda il voto popolare del 2015 e la proposta formulata di una forchetta fra i 3'372 e i 3'462 franchi mensili. Un minimo che può sembrare a prima vista basso, ma che può essere di molto superiore, ben oltre tre volte, di quanto guadagnato da un frontaliere per un lavoro analogo in Italia.
“L’introduzione di un salario minimo dipende dalla volontà a livello cantonale, come è accaduto in Ticono”, prosegue il Consigliere di Stato. Che ricorda in seguito “come è incomprensibile per la popolazione che in settori legati ai servizi si sia iniziato ad assumere sempre più frontalieri. In passato questo fenomeno toccava i settori classici dell’industria e della costruzione”.
In un contesto di questo tipo Vitta ritiene che non ci sia spazio per compromessi per quanto riguarda le misure di accompagnamento: “Per il Ticino è importante che le misure a protezione del mercato del lavoro non siano attenuate o abrogate”.
In merito alla regola degli otto giorni per lavoratori distaccati e padroncini, secondo il ministro delle alternative sono possibili “a condizione che permettano di raggiungere gli stessi obiettivi nei controlli”. Un modello alternativo deve però essere trovato dalla Confederazione, in quanto non è compito dei Cantoni indicare soluzioni negli attuali negoziati fra Svizzera e Unione Europea.
“I ticinesi attendono una soluzione, e se questa dovesse passare sopra le loro teste sarebbe considerato un grosso affronto”.