Il presidente del Consiglio di Stato: "Ci sono dei limiti oltre i quali non si può andare, non possiamo ogni volta derogare, spostare i limiti che ci siamo posti o che il popolo ha stabilito"
BELLINZONA - Il Consiglio di Stato ha preso posizione sulla consultazione indetta dalla Conferenza dei Governi cantonali (CdC) sulla proposta di accordo quadro istituzionale tra Svizzera e Unione Europea. E dalla consultazione è uscito uno storico e granitico NO all’unanimità.
Il Governo ticinese – si legge in una nota - “allo stadio attuale, è contrario al progetto a causa di lacune soprattutto rispetto alla posizione dei Cantoni, e in particolare a quella del Ticino, per quanto concerne le misure di accompagnamento alla libera circolazione, la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE e gli aiuti di Stato.
Il Governo segnala che il progetto di accordo quadro istituzionale posto in consultazione dal Consiglio federale è gravato da diverse lacune e di conseguenza vi si oppone.
Da una prospettiva ticinese, risulta inaccettabile l’indebolimento delle attuali misure di accompagnamento all’Accordo sulla libera circolazione delle persone, in particolare la norma degli otto giorni.
In tema di aiuti statali, il Consiglio di Stato considera inoltre particolarmente problematico il «quadro regolamentare orizzontale» previsto a tutela del buon funzionamento del mercato interno. Questa soluzione intacca i fondamenti stessi del federalismo e le competenze dei Cantoni in diversi ambiti cruciali come fiscalità, aiuti regionali, aiuti all’insediamento di aziende e garanzie per le banche cantonali.
Il Governo ticinese esprime infine preoccupazione in merito all’approvazione – attualmente in corso all’interno dell’UE – del regolamento che coordina i sistemi di sicurezza sociale.
La ripresa della direttiva da parte della Svizzera avrebbe conseguenze estremamente pesanti per la Confederazione e per il Cantone Ticino, istituendo l’obbligo di versare indennità ai lavoratori frontalieri disoccupati. Il tema ha un’importanza capitale per la Svizzera e il Ticino, poiché – oltre a provocare svariate centinaia di milioni di franchi di costi supplementari per le casse della Confederazione – la misura aumenterebbe ulteriormente la pressione sul nostro mercato del lavoro, rendendolo ancora più attrattivo per la manodopera italiana”.
Abbiamo chiesto al ministro Claudio Zali qualche riflessione sulla presa di posizione del Consiglio di Stato.
“Come presidente del Governo – dichiara - non posso che rallegrarmi di questa presa di decisione dell’esecutivo cantonale. È la prima volta che il Governo assume una posizione di resistenza a pressioni che arrivano dall’Europa, in passato non si era mai riusciti. Per la prima volta si dice no a un tema europeo in una consultazione federale, e in questo crediamo di essere stati più coerenti del Consiglio federale. Ci sono dei limiti oltre i quali non si può andare, non possiamo ogni volta derogare, spostare i limiti che ci siamo posti o che il popolo ha stabilito e accettare di andare oltre, come sarebbe il caso con questo accordo quadro. Avremmo derogano alla nostra sovranità.
Nel merito di questo accordo ciò che maggiormente preoccupava è il recepimento dinamico e automatico del diritto europeo, ciò significherebbe che ad ogni modifica del diritto europeo la Svizzera non sarebbe consultata nemmeno se ci riguardasse. Inoltre questo accordo prevede la giurisdizione da parte di un tribunale, ancorché arbitrale, che non è nostro, e questo non è assolutamente accettabile, non è negoziabile”.