"La somma sembra effettivamente enorme, ma mi auguro che sia il frutto di calcoli accurati e non di decisioni affrettate"
Swisscom ha annunciato venerdì l’acquisto della compagnia telefonica Vodafone Italia per 8 miliardi di euro. I critici ritengono che non si dovrebbero impegnare così tanti miliardi in avventure all’estero da parte di una società a maggioranza azionaria pubblica. Abbiamo posto tre domande a Filippo Lombardi, che in qualità di consigliere agli Stati si è occupato a più riprese di temi legati alle telecomunicazioni.
Lombardi, cosa pensa di questa operazione di Swisscom? Impegnarsi in Italia per 8 miliardi di euro non è un azzardo?
La somma sembra effettivamente enorme, ma mi auguro che sia il frutto di calcoli accurati e non di decisioni affrettate. Bisogna capire perché Vodafone si libera della filiale italiana: per ridistribuire metà del ricavato ai suoi azionisti e investire l'altra metà in mercati con maggiore potenziale di crescita e di reddito? Operazioni che Swisscom non farebbe, specie par la parte di rischio connessa e per la mancanza di massa critica per operare su scenari ancora più ampi. In sostanza, piuttosto che tenere parcheggiati inutilmente 8 miliardi, il male minore può essere quello di investirli in un paese che - grazie all'esperienza tutto sommato positiva di Fastweb - Swisscom già conosce, e nel quale potrà appunto fusionare la controllata Fastweb con il nuovo acquisto Vodafone.
Secondo lei la politica – intesa anche come Legislativo federale - dovrebbe avere l’ultima parola su questo genere di operazioni o l’azienda va lasciata libera di operare a suo piacimento?
Il Parlamento ha voluto mantenere la maggioranza di Swisscom in mano alla Confederazione, soluzione che avevo sostenuto anch'io, portando la maggioranza del nostro Gruppo a far pendere la bilancia in questo senso. È quindi giusto che il Consiglio federale integri operazioni importanti di questo genere nella "strategia del proprietario" che deve definire. Al CdA dell'azienda resta il compito di applicare operativamente questa strategia, nell'ambito dei suoi (ampi) margini di manovra, rendendone conto annualmente. Qui il Consiglio federale è stata avvertito tempestivamente ed ha dato luce verde, pur senza prendere lui la decisione operativa. Ed ha posto anche dei limiti: all'estero Swisscom non dovrà in nessun caso assumere compiti di servizio pubblico.
La NZZ e i Verdi Liberali sostengono che questo genere di operazioni dimostra la necessità di privatizzare Swisscom, almeno parzialmente, per renderla un attore libero in grado di operare sul mercato internazionale. Secondo lei è una buona idea?
Probabilmente la NZZ lo pensava già quando avevamo solo i telefoni a muro con il disco da girare per comporre i numeri, e non c'erano ancora i Verdi liberali... Io non vedo proprio il perché. Il core business di Swisscom rimane il mercato svizzero, con i suoi compiti di servizio pubblico. E con delle funzioni strategiche indispensabili alla sicurezza e all'indipendenza del paese (reti di comunicazione con gestione sicura dei collegamenti e del web anche in caso di crisi, diffusione radiotelevisiva, ecc.). Il mercato svizzero è però troppo piccolo per un'azienda solida come Swisscom, e non permette più margini di crescita. Cercare di sviluppare una parte complementare di attività su altri mercati non è impossibile, come si vede proprio in questo caso e già si era visto con Fastweb. L'importante è essere estremamente prudenti nel fare i calcoli e nell'assumere rischi marginali, che in nessun caso devono mettere in pericolo l'esistenza di Swisscom. Posso solo sperare, una volta ancora, che questi calcoli siano stati fatti molto bene per Vodafone Italia.