Contagio da epatite C, l'EOC conferma il ricorso contro la condanna. "È una sentenza preoccupante, che potrebbe avere conseguenze sull'intero sistema sanitario nazionale. Abbiamo riconosciuto l'errore, siamo stati vicini ai pazienti infettati...". Ma ques
I vertici dell'Ente: "Se confermata, la sentenza sancirebbe l’obbligo di ogni ospedale di identificare anche a mesi di distanza l’autore di ogni gesto di routine, medico-terapeutico, con un potenziale impatto sull’evoluzione dello stato di salute del paziente"
Foto: TiPress/Carlo Peduzzi
BELLINZONA - L’Ente ospedaliero cantonale è stato riconosciuto colpevole di lesioni colpose gravi e condannato a pagare una multa di 60'000 franchi. Lo ha deciso ieri il giudice Siro Quadri al termine del processo svoltosi in Pretura penale per il contagio da epatite C di cui sono stati vittime alcuni pezienti.
Il giudice ha stabilito che in questa vicenda sono stati disattesi i principi della legge sanitaria cantonale, perché “deve essere possibile ricostruire le procedure, se lo chiede il paziente o quando viene commesso un reato penale”.
Oggi i vertici dell’EOC hanno diramato la seguente nota stampa: “In relazione alla sentenza pronunciata ieri dalla Pretura penale di Bellinzona l’Ente Ospedaliero Cantonale sottolinea la vicinanza ai pazienti e il rincrescimento per il disagio arrecato. Sin dall’inizio l’EOC ha riconosciuto l’errore commesso e ha offerto la propria assistenza medica e psicologica ai pazienti colpiti dall’infezione e nel frattempo guariti.
L’EOC ha collaborato pienamente e nella massima trasparenza con le autorità amministrative e giudiziarie. La sentenza di ieri rappresenta un punto di svolta preoccupante per l’intero sistema sanitario nazionale perché introduce di fatto una responsabilità penale generalizzata per un ospedale. Per questo motivo l’EOC ha annunciato appello immediatamente dopo la comunicazione della sentenza. L’EOC mantiene immutato l’impegno per il miglioramento continuo della qualità e della sicurezza dei pazienti”.
L’EOC, si legge sempre nella nota, “sin dall’inizio e in assoluta trasparenza ha riconosciuto le proprie responsabilità verso i pazienti sul piano civile e non ha mai abbandonato i pazienti a loro stessi. Malgrado gli sforzi profusi, né l’EOC né le autorità inquirenti sono riuscite ad identificare all’interno del team l’autore dell’errata manipolazione all’origine del contagio.
Durante il dibattimento, più volte è stato sottolineato che i nostri ospedali offrono ai pazienti una qualità e una sicurezza delle cure molto alta. Nessuna organizzazione, pur perfezionata che sia, riesce a evitare l’errore umano, il “rischio zero” non esiste.
L’EOC ha sempre agito e continuerà a operare nel rispetto delle normative e di tutti gli standard di riferimento nazionali e internazionali. Nel caso specifico del contagio da epatite C, anche i principali ospedali nazionali hanno confermato di applicare le stesse procedure dell’EOC.
La sentenza di ieri estende massicciamente le informazioni che vanno registrate nelle cartelle sanitarie dei pazienti. Se confermata, essa sancirebbe l’obbligo di una struttura sanitaria, quale ad esempio un ospedale, di identificare anche a mesi di distanza l’autore di ogni gesto di routine, medico-terapeutico, con un potenziale impatto sull’evoluzione dello stato di salute del paziente, in particolare nell’ottica di ogni eventuale e imprevedibile futuro procedimento penale. Si tratta di un’esigenza difficilmente praticabile che rischia di generare inefficienza e maggiori costi, senza necessariamente aumentare la sicurezza dei pazienti.
Del resto, ogni anno in Svizzera si verificano 70'000 contagi ospedalieri di cui circa 2’000 con esito letale. Quasi mai è possibile identificare la causa del contagio e men che meno l’operatore. Nel solco delle argomentazioni della Pretura penale, in tutti questi casi vi sarebbe una carente organizzazione dell’ospedale in cui si verifica il contagio, con la conseguente condanna penale dello stesso. Per questo motivo la sentenza preoccupa e potrebbe avere conseguenze sull’intero sistema sanitario nazionale. La necessità di chiarire questi aspetti induce l’EOC a ricorrere in appello”.