Il viceprimario di cardiologia approdato da pochi mesi a Lugano sta iniziando uno studio internazionale sul Covid: "La recente perdita di mio padre è uno stimolo personale in più"
di Marco Bazzi
LUGANO - Da ragazzo voleva fare il giornalista. “Già – racconta – tra i 14 e i 19 anni ho scritto di sport, di cultura e di poesia per il Messaggero, per la pagina locale della ‘Gazza’ e poi per il Resto del Carlino, il giornale della mia Bologna”.
È in quella città, Bologna - la “vecchia signora dai fianchi un po' molli col seno sul piano padano ed il culo sui colli” cantata da Francesco Guccini… - sede della più antica università d’Occidente, che Marco Valgimigli ha iniziato a studiare medicina. Prima da internista, poi da epatologo. Ma la sua passione era la medicina d’urgenza: di notte frequentava il pronto soccorso e nelle ore libere la cardiologia. “Ma di nascosto”, precisa.
La passione per la medicina d’urgenza l’ha in seguito portato a Ferrara, nella terra degli Estensi, perché a Bologna non si poteva, per regolamento interno dell’ateneo, iscriversi ad una seconda scuola di specialità. Ed è a Ferrara che Valgimigli, oggi 48enne, ha iniziato a studiare cardiologia. Dopo la specializzazione ha ottenuto il dottorato in cardiologia interventistica all’Erasmus Medical Center di Rotterdam e oggi è considerato un luminare nel suo campo.
Dal suo curriculum leggiamo: “Le aree di ricerca del professor Valgimigli sono ampie e diversificate, spaziando dagli interventi percutanei ad alto rischio alle procedure interventistiche per la cura dell’ischemia miocardica; dal trattamento dell’infarto miocardico e dell’insufficienza cardiaca con terapie di medicina rigenerativa a base di cellule staminali adulte alla terapia antitrombotica associata alle procedure percutanee, alla stratificazione prognostica durante sindrome coronarica acuta e infarto miocardico. Coordinatore e membro del comitato esecutivo di numerosi studi clinici internazionali e membro della European Society of Cardiology, Valgimigli è autore di oltre 600 pubblicazioni su riviste peer-reviewed, tra cui l’European Heart Journal, l’American Heart Journal, Circulation, The Lancet, il Journal of the American Medical Association, e il New England Journal of Medicine”. Valgimigli è stato insignito per il quarto anno consecutivo del titolo Highly Cited Author, che contraddistingue chi, nell’ambito della medicina clinica, vanta un numero di citazioni al di sopra del 99mesimo percentile a livello mondiale.
“Ho deciso tanti anni fa di lasciare l’Italia e di fare un percorso internazionale di cui vado fiero – racconta il cardiologo - ma quando si lavora con una lingua straniera non ci si trova completamente a proprio agio: in prospettiva, non mi vedevo né in Olanda né in Svizzera tedesca, per cui…”.
Per cui, qualche mese fa, Valgimigli è approdato al Cardicentro, di cui oggi è viceprimario di cardiologia, a fianco del professor Giovanni Pedrazzini.
“Il Cardiocentro – prosegue - è un istituto molto reputato anche in Italia, e ho pensato che sarebbe stato un ottimo compromesso tra lingua, qualità di vita e prospettive professionali. E dopo sette mesi devo darmi ragione: sono molto felice di aver fatto questa scelta, anche perché fui io a propormi e non loro a cercarmi”.
A questo punto Valgimigli parla del Prof, di Tiziano Moccetti: “Ho due visioni di lui. La prima è precedente al mio arrivo a Lugano: lo consideravo un grandissimo imprenditore, in primis un professore, certo, ma assolutamente un grande imprenditore, perché chi fa quello che lui ha fatto non può non esserlo. La seconda visione deriva dalla conoscenza personale. Allora direi che lo considero anche un grande pioniere, animato da un irrefrenabile entusiasmo per tutto ciò che ha a che fare con l’innovazione e la ricerca, sempre aggiornatissimo, a conoscenza di qualsiasi nuova tecnologia sviluppata a livello internazionale. Credo che la sua figura mancherà drammaticamente al Cardiocentro e spero che il Prof rimanga al nostro fianco, seppure con un ruolo diverso, e che ci stimoli ad essere costantemente innovativi”.
Marco Valgimigli ricorda così il suo primo incontro con Tiziano Moccetti: “Quando mi sono presentato a lui, con la sua lungimiranza mi ha detto “guardi, se dipendesse da me la prenderei domani, ma oggi non è più con me che deve parlare, ma con il professor Pedrazzini e con l’Ente Ospedaliero”. Mi ha però assicurato che ci avrebbe messo una buona parola… Una forma di aiuto che non dimenticherò mai”.
Valgimigli ha scelto di vivere a Massagno, a due passi dall’ospedale Civico. E del Ticino, del quale ha qualche ricordo d’infanzia, quando i suoi genitori lo portavano in gita a Lugano, dice: “Lo sto scoprendo adesso: è un luogo meraviglioso”.
La sua esperienza al Cardiocentro è iniziata nell’anno della pandemia. Ma con il Covid19 il medico aveva già avuto a che fare all’Inselspital: “Ci eravamo preparati ad affrontarlo ma la prima ondata a Berna è stata lieve. Però, fin dalla primavera mi sono messo all’opera e sono riuscito a progettare uno studio che si focalizzerà su pazienti positivi ma non così gravi da dover essere ricoverati, persone che oggi vengono curate con medicamenti antinfiammatori e antidoloriferi. Lo studio, denominato ‘Convince’, è in attesa di approvazione, perché coinvolgerà Italia, Svizzera, Spagna e Belgio, durerà un paio di mesi, e spero di poterlo iniziare già in gennaio”.
In estrema sintesi, l’idea di Valgimigli è quella di testare delle molecole utilizzate in cardiologia: la colchicina - che ha effetti antinfiammatori e dovrebbe spegnere la risposta infiammatoria scatenata dal Covid nelle primissime fasi della malattia – in combinazione con l’Edoxaban, che è un anticoagulante e dovrebbe evitare le complicanze legate alla formazione di trombi venosi e arteriosi.
“Contiamo di coinvolgere in Ticino almeno una cinquantina di pazienti che, se risultati positivi, riceveranno un flyer illustrativo. Andremo a casa di coloro che decideranno di aderire allo studio e, dopo averli visitati, gli somministreremo i due medicamenti. Vogliamo fornire loro un servizio che va al di là della semplice partecipazione allo studio. Non dovranno essere per forza persone cardiopatiche, ma ad alto rischio di eventuali complicanze legate al virus, come la comorbilità o l’età avanzata, che potrebbero determinare un decorso critico della malattia. Lo studio verrà condotto in parallelo in centri di competenza delle nazioni coinvolte, perché per ottenere risultati attendibili occorre una massa critica di pazienti che garantisca un sufficiente numero di osservazioni”.
Il professor Valgimigli ha anche una motivazione personale nella sua battaglia contro il Covid: tre settimane fa ha perso il padre: “Aveva 80 anni, ma era in perfetta salute. Si è spento dopo essere rimasto intubato per 38 giorni in un ospedale Covid a Villafranca, in Veneto. Mi sono chiesto se sia giusto che sia un cardiologo a promuovere uno studio del genere… Ma adesso, a maggior ragione, sono convinto di quello che sto facendo. Penso che le molecole che vogliamo testare avrebbero potuto salvare la vita a mio padre”.
E per quanto riguarda i vaccini, il cardiologo dice: “Non vedo l’ora di riceverlo. Purtroppo sarà una soluzione ma non la soluzione duratura: la risposta immunitaria è transitoria e ancora non sappiamo se ogni anno bisognerà sviluppare nuovi vaccini in base alle mutazioni del virus, che comunque non saranno efficaci nella totalità dei casi. Insomma, i vaccini saranno un’arma, ma non potranno essere l’unica a nostra disposizione. La popolazione mondiale non potrà essere vaccinata al 100% e credo che con il Covid dovremo convivere a lungo: forse ce lo scorderemo per lunghi periodi ma temo non per sempre”.