ANALISI
Aeroporto di Lugano: il tempo è scaduto e le chiacchiere stanno a zero. Dopo il "grounding" odierno di Darwin/Adria, il CdA dello scalo vari un intervento adeguato alla situazione. Che è drammatica per i lavoratori e per la Città. Ecco alcune cose da fare
L'ANALISI - Solo il realismo più ferreo e la concretezza più ruvida, a questo punto della vicenda, sono strumenti adeguati per prendere per le corna una situazione che non è esagerato definire disastrosa. Provare a salvare l'aeroporto è un dovere per i posti di lavoro in ballo, ma se non ci saranno più le condizioni per andare avanti, che si chiuda. Punto e basta
© Ti-Press / Gabriele Putzu
di Andrea Leoni

, è un vero e proprio dramma per Lugano. Innanzitutto per i cento posti di lavoro che, nella migliore delle ipotesi, salteranno nella compagnia e dunque nella regione, già massacrata dalla sostanziale estinzione della piazza finanziaria. Secondariamente perché il possibile fallimento del vettore, potrebbe portarsi appresso l’intero aeroporto cittadino, con una nuova, e stavolta definitiva, emorragia occupazionale e finanziaria. Sarebbe una Caporetto, la fine più ingloriosa possibile per l’infrastruttura aerea.

 

Il tempo è scaduto e le chiacchiere stanno a zero. Oggi il Consiglio d’Amministrazione di Lugano Airport, che si riunirà alle 14.00 negli uffici dello scalo di Agno, sarà chiamato a dare delle risposte forti e chiare, sia per contenuto che per tempistiche. Vanno messi da parte i sogni, le illusioni e i desideri che, anche in buona fede, hanno animato gli amministratori dell’aeroporto e il Municipio negli ultimi mesi. Anzi, negli ultimi anni.

 

Solo il realismo più ferreo e la concretezza più ruvida, a questo punto della vicenda, sono strumenti adeguati per prendere per le corna una situazione che non è esagerato definire disastrosa.

 

Il CdA dell’aeroporto, i suoi dirigenti e l’Esecutivo luganese, per davvero non sapevano nulla di quanto stava per accadere. Solo prima dell’ultimo weekend, Darwin/Adria aveva confermato la volontà di impegnarsi a trovare una soluzione per il collegamento su Ginevra. E ieri, lunedì, è invece arrivato come un cazzotto sferrato a tradimento sulla faccia della Città, l’annuncio shock: la compagnia che che porta i libri in tribunale per tentare una moratoria concordataria. Oggi, martedì, gli aerei sono rimasti a terra dopo che l’Ufficio federale dell’aviazione ha ritirato la garanzia. A fronte di questi avvenimenti è difficile immaginare che Darwin e Lugano possano continuare ad avere un rapporto di fiducia.

 

Certo si possono accusare gli amministratori di ingenuità, di essersi fidati incautamente del management di una compagnia di proprietà di un fondo di investimenti, il 4 K, che si poteva sospettare non sbarcasse a Lugano mosso da un sentimento puramente imprenditoriale, per usare un eufemismo. Questo è vero: è un rimprovero legittimo che il CdA deve accettare e incassare. Però non va fatta confusione tra chi, eventualmente, ha gabbato e chi, sempre eventualmente, è stato gabbato. Si può dire - con il senno di poi, di cui sono piene le fosse - che i dirigenti sono stati un po' creduloni, non che siano responsabili del disastro.

 

Tuttavia, già nella giornata di oggi, è imperativo che il Consiglio vari un intervento adeguato alla situazione. Stralciando dal proprio vocabolario i “ma”, i “se”, i “però”, i “vedremo”, che troppo spesso sono stati la struttura dell’allitterazione stonata nel discorso pubblico sull’aeroporto. Una narrazione che quasi settimanalmente è andata a fare a capocciate con i fatti, ammaccando la credibilità dei piani aeroportuali.  Anche in maniera farsesca a causa di dichiarazioni, tanto improvvide quanto leggere, che infine alimentano soltanto nell'opinione pubblica la sensazione di una struttura sfuggita di mano e ostaggio del caos ("al momento i voli vengono effettuati regolarmente", nota del CdA, ieri).
 

Ci sono cosa da fare subito. In primis la segnalazione al Ministero Pubblico, che già aleggia nella testa di alcuni consiglieri: è l’unica strada per dissipare le ombre speculative che si stagliano imponenti da questa che sembra proprio una brutta storiaccia di quelle lì…

 

Due. Darsi un orizzonte definito per chiarire il futuro dello scalo. Ci sono trattative in corso con Swiss e Skywark. Provare a portarle a termine è un dovere, essendoci in ballo almeno un altro paio di centinaia di posti di lavoro. Ma non a tutti costi e in tempi ragionevoli. Servono garanzie credibili e vincolanti su un orizzonte temporale di medio periodo, per fare in modo che, se deve essere, questa volta sia un rilancio serio e strutturato. E non l’ennesimo tentativo di tirare a campare nella speranza (vana, come dimostra la storia…) di non essere travolti da una nuova terribile turbolenza.

 

Tre. Il messaggio municipale, che prevede un piano di rilancio da 20 milioni, è un falso problema. Attualmente infatti giace congelato nei cassetti della Commissione della Gestione. Ritirare o meno la proposta da parte dell’Esecutivo, non incide in alcun modo sul futuro. In questo momento solo un incosciente manderebbe avanti il progetto verso l’aula del Consiglio Comunale: non accadrà, non c’è pericolo. Il resto è gioco delle parti, speculazione politica, nella logica legittima del confronto tra governo e opposizione.

 

Tuttavia, che venga ribadito con estrema chiarezza l’impegno solenne a non gettare i soldi pubblici dalla finestra, rincorrendo altre avventure. Se non subentrerà un compagnia solida che si incastri all’interno di un piano di rilancio credibile, a quel punto che si faccia marcia indietro senza troppe storie. In altre parole: la chiusura dell’aeroporto non deve più essere considerata una bestemmia in Chiesa. Se non ci saranno più le condizioni per andare avanti, che si chiuda. Punto e basta.

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