Non riusciamo proprio a immaginare quali problemi di ordine pubblico, o di altra natura, avrebbe potuto creare uno sparuto gruppetto che, “armato” di rosario, avrebbe vaneggiato per un’oretta in una piazza con l’obbiettivo di purificare la Città dal raduno sodomita. I passanti si sarebbero fatti una compassionevole risata e nulla più
Da una parte, infatti, vi è un fanatismo religioso censorio, moralista e omofobo espresso da un gruppo di ultra cattolici che pretende di redimere il peccato dell’omosessualità, sgranando Ave Marie e Pater Noster. Talmente grottesco da non poter esser preso sul serio. Dall’altra vi è la censura pubblica, di pari moralismo, da parte dell’autorità comunale, cioè dello Stato, verso un’adunata che più che incutere paura, o minacciare disturbo, fa solo tanta tenerezza.
Ma il Municipio - qui sta il difetto che rende la posizione della Città più strampalata - ha il dovere di proporre maggiore capacità di analisi e, soprattutto, un più lungo respiro democratico e liberale, rispetto agli ottusi oscurantismi di Helvetia Cristiana.
Per la verità va detto che i servizi di Palazzo Civico, prima del diniego, avevano chiesto ai responsabili dell’associazione cattolica maggiori dettagli sulle loro intenzioni. Una richiesta rimasta lettera morta che fa sospettare la ricerca di un incidente democratico da parte dei promotori del rosario, poi ingenuamente offerto dalla Città. Un incidente, tuttavia, a cui si può ancora porre rimedio: dal Municipio ci viene fatto sapere che, qualora Helvetia Cristiana precisasse meglio i contorni della propria azione, la faccenda potrebbe essere riconsiderata.
Detto questo il divieto appare chiaramente sproporzionato e il risultato, per giunta, del tutto controproducente. Helvetia Cristiana ha infatti ottenuto una clamorosa visibilità dal diniego del suolo pubblico, di cui altrimenti non avrebbe mai potuto sperare di godere. Per il resto non riusciamo proprio a immaginare quali problemi di ordine pubblico, o di altra natura, avrebbe potuto creare uno sparuto gruppetto che, “armato” di rosario, si sarebbe limitato a vaneggiare per un’oretta in una piazza, con l’obbiettivo di purificare la Città dal raduno sodomita. Il tutto sotto la compassionevole risata dei passanti. E nulla più.
Invece la polemica è esplosa e perfino il vescovo di Lugano, Monsignor Valerio Lazzeri, si è espresso prendendo le distanze da Helvetia Cristiana e dall’utilizzo che fa dello strumento della preghiera. Lo diciamo con rispetto, ma ci pare che anche il capo della Chiesa in Ticino si sia fatto trascinare in una farsesca tempesta in un bicchier d’acqua.
Nel valutare la situazione, infine, non scordiamoci che sulle pubbliche piazze della Confederazione, viene permessa la distribuzione del Corano da parte di associazioni islamiche di stampo salafita - con evidenti scopi di proselitismo politico - che certo non hanno sugli omosessuali idee dissimili rispetto a quelle di Helvetia Cristiana. Con la differenza che detti comitati maomettani flirtano, più o meno apertamente, con quell’Islam radicale motore ideologico del terrorismo. Il rischio, come facilmente intuibile, è ben diverso.
Il Municipio di Lugano dovrebbe quindi riconsiderare questa decisione troppo politicamente corretta, anche per questi tempi scanditi dal politically correct, dove si fa a gara per lisciare il boa di struzzo al Gay Pride - un evento ormai più turistico che di riscatto sociale, diversamente dai mitici tempi ruggenti - e si mostrano i muscoli verso un gruppuscolo che, inconsapevolmente, per finire svilisce a macchietta uno dei più antichi riti della preghiera.
Lasciateli dire questo rosario in piazza, che non farà male a nessuno. Se non a chi lo reciterà, coprendosi di ridicolo.