Igor Righini: "Prima i nostri" e quelli che vanno a fare la spesa in Italia: "Un'iniziativa che favorisce gli imprenditori speculatori invece del lavoratori ticinesi"
Il presidente del PS: "Solo a parità di prezzo si potrebbe pretendere che “Prima i nostri” possa funzionare. L’esempio della spesa ci aiuta a capirlo perché è il più chiaro. Quindi, Prima i nostri... salari"
Foto: TiPress/Carlo Reguzzi
Ma perché tanti ticinesi vanno oltreconfine a fare la spesa? Sì certo, in Italia si trovano tanti prodotti che da noi non arrivano. Poi gli italiani sono dei grandi maestri della tavola come pure della moda, del design e chi più ne ha più ne metta. Sono motivi comprensibili, ma non colgono il punto centrale perché, anche in questo caso, la migliore spiegazione la dà il portafoglio. Fare la spesa in Italia, oltre ad essere un’occasione per evadere dalla quotidianità, costa molto meno che farla da noi.
Se molti fanno compere in Italia per far quadrare i bilanci domestici, visto che “così fan tutti” o perlomeno parecchi, perché dovremmo scandalizzarci se ci sono imprenditori che fanno una cosa analoga andando a cercare manodopera a miglior mercato oltreconfine? Anche loro in fondo vanno a fare la spesa dove costa meno, o no? E allora perché l’economia dovrebbe far diversamente dai cittadini? Dovremmo forse costringere chi rischia dei capitali e imprende offrendo lavoro ad assumere costi maggiori quando può farne a meno?
Queste domande meritano una riflessione.
È vero: molti imprenditori comperano dove costa meno. Ora, con l’iniziativa “Prima i nostri”, c’è chi vorrebbe fare marcia indietro pretendendo di obbligare l’economia a fare la spesa qui da noi. E fin qui ci sarebbe anche poco da eccepire. È legittimo proteggere chi vive e risiede da noi. Le modifiche costituzionali che “Prima i nostri” vorrebbe introdurre, analogamente a quelle contro l’immigrazione di massa, sono tuttavia difficilmente applicabili. E sarà ancora più difficile che il Parlamento possa tradurre degli obiettivi sociali generici indicati da “Prima i nostri” in una legge d’applicazione. Negarlo sarebbe come leggere il testo di questa iniziativa portando un paraocchi: la volontà declamata non basta. Bisogna anche tener conto dell’insieme che regola il mercato, con gli accordi bilaterali che il popolo svizzero ha approvato nel 2000, la libera circolazione delle persone in vigore dal 2002, compresa l’iniziativa del 9 febbraio 2014 “contro l’immigrazione di massa” tutt’ora oggetto di dibattito poiché conflittuale e di difficile applicazione.
Pur immaginando che il tutto possa essere applicato, perché osteggiare misure che pretendono di tutelare l’interesse dei Ticinesi contro la concorrenza salariale di chi arriva da fuori? In apparenza basterebbe dire “Prima i nostri”. Ma non è così perché anche se venisse introdotto nella Costituzione, l’annuncio non può né bastare né funzionare.
È di nuovo il portafoglio a fornire la spiegazione, perché solo a parità di prezzo si potrebbe pretendere che “Prima i nostri” possa funzionare. L’esempio della spesa ci aiuta a capirlo perché è il più chiaro. Possiamo dirci che vogliamo fare la spesa qui, in Ticino, dove viviamo. Ma se oltreconfine tutto continuerà a costare molto meno, comparato ai nostri prezzi e alla nostra realtà, ci sarà sempre qualcuno che continuerà a fare la spesa in Italia: per convenienza o perché costretto dal debole salario che riceve.
Però, a differenza di chi è costretto a fare la spesa oltreconfine perché subisce una pressione insopportabile sul proprio salario, chi ha i mezzi per fare altrimenti e comperare in Ticino spiegherà comunque che da noi non trovava il prodotto che cercava e via discorrendo. Infatti, le spiegazioni che nascondono il vero motivo, ovvero il portafoglio, possono essere infinite. Ed è proprio questo il punto. Anche chi potrebbe scegliere di fare la spesa da noi, continuerà comunque a comprare oltreconfine perché là costa meno e troverà sempre un buon motivo per farlo.
Questo vale, a maggior ragione, per quei settori dell’economia che puntano sulla differenza dei salari e che approfittano della situazione per pagare il meno possibile e massimizzare i profitti. Sono questi speculatori i principali responsabili del dumping salariale e non verranno per nulla frenati da un generico obiettivo sociale come quello contenuto in “Prima i nostri”. Al contrario, oltre a fare aumentare i loro profitti, potranno anche utilizzare “Prima i nostri” quale giustificazione: “poiché non si trovano ticinesi disposti a fare questo lavoro per questo stipendio allora bisogna per forza impiegare frontalieri”.
Il fatto che tra gli stessi sostenitori e firmatari di “Prima i nostri” ci siano delle persone che ragionano in questo modo, non fa altro che confermare quanto questa misura favorisca l’imprenditore speculatore invece del ticinese lavoratore.
Ed è questo il punto centrale. “Prima i nostri” non ha senso se non quello di fare gli interessi di quell’economia aggressiva fornendo una foglia di fico alle sue ingiustificabili pratiche. Come si può realmente pretendere di dare priorità a un ticinese, a un residente o a un “nostro” proponendo salari indegni vicini se non al di sotto della soglia di povertà, che non permettono di vivere in Ticino e che solo “gli altri” possono accettare?
L’economia sprovvista di anima sociale, disinteressata allo sviluppo armonioso della società, accecata dal profitto e incapace di intravvedere il bene collettivo, orientata solo a fare cassa, non guarderà ad un generico obiettivo sociale e farà sempre la spesa dove le costerà meno. Certo non tutta l’economia è così, ma stiamo appunto discutendo del settore dell’economia che è all’origine della pressione verso il basso sui salari, di chi specula sulla pelle delle persone, non di chi fa il bene della società.
Se vogliamo veramente favorire i “nostri” senza avvilire gli altri occorre fissare minimi salariali decenti per il Ticino così che i residenti ticinesi possano vivere e lavorare in condizioni dignitose nel nostro Cantone. Ed è per questo che è anche necessario rafforzare le misure di controllo del mercato del lavoro votando SÌ all’iniziativa popolare “Basta con il dumping salariale in Ticino” sostenuta dal Partito Socialista. Servono soluzioni decise e pratiche, capaci di fronteggiare energicamente gli abusi e garantire il rispetto dei contratti di lavoro.
L’iniziativa “Prima i nostri” è una grande bugia: votiamo NO, non facciamoci abbindolare”.
* presidente Partito socialista