"Se non ci fosse stato il coronavirus, il DECS quanto ancora avrebbe aspettato per creare la scuola digitale?"
*Di Alessandro Spano
La crisi sanitaria del coronavirus ha imposto il blocco totale delle attività economiche e, contemporaneamente e logicamente, anche delle scuole. Si è quindi passati dalla scuola “fisica” alla scuola “digitale” per una costrizione sanitaria. Con la crisi sanitaria (speriamo) ormai alle spalle ma rimanendo sempre vigili e in contemporanea con la fine dell’anno scolastico, è quindi giunto il momento di una pagella al DECS sulla gestione della scuole “digitale”. E il voto non può che essere insufficiente.
In primo luogo, ai giornalisti della RSI, i funzionari del DECS hanno dichiarato che in pochissime ore hanno dovuto creare oltre trenta mila profili online di allievi e docenti oltre che allestire piattaforme di condivisione online. Ciò significa quindi che, prima del coronavirus, la scuola ticinese non era online e dimostra, una volta di più, di essere indietro di almeno vent’anni rispetto agli altri cantoni della Svizzera. E sorge quindi una domanda spontanea: ma se non ci fosse stato il coronavirus, il DECS quanto ancora avrebbe aspettato per creare la scuola digitale?
Secondariamente, parlando con i giovani liceali e delle medie e i rispettivi genitori, è emerso come molti docenti abbiano preso sul serio questo modo di fare scuola e abbiano cercato di fare il possibile con il materiale a disposizione. A loro va il nostro grazie.
Tanti docenti, però, non si sono mai fatti sentire con i propri allievi: niente slide, comunicazioni o invii di email con compiti e ricerche. Un silenzio radio inspiegabile a scapito degli allievi, quasi come a ribellarsi silenziosamente a questo naturale e obbligatorio processo di digitalizzazione. Naturalmente, messi a confronto con queste problematiche, i vertici del DECS hanno minimizzato se non addirittura difeso tali docenti.
Infine, vi è la sciagurata decisione di non organizzare gli esami di maturità. I liceali sono stati privati di un passaggio importante e irripetibile della propria vita solo perché in Ticino non si è voluto, con la scusa del covid, organizzare gli esami in spazi più ampi e su più settimane, al contrario della Svizzera interna dove hanno organizzato il tutto rispettando le distanze sociali e sfruttando l’online (ah già, l’online …).
L’immobilismo del DECS lo conferma anche il due di picche dato a GLRT quando alcuni anni fa avevamo chiesto di accelerare la digitalizzazione della Scuola, dicendo che terminare questo processo nel 2023 sarebbe stato troppo tardi. Posizione ovviamente non condivisa dal direttore del Dipartimento. Ma gli esempi sull’inattivismo sono tanti: potremmo citare le risposte imbarazzanti alle nostre proposte di potenziare il tedesco (“in Ticino non è così fondamentale”) e incentivare per davvero, senza inutili campagne pubblicitarie ma andando casa per casa, l’apprendistato (“si fa già abbastanza”).
La richiesta è che i vertici del DECS scendano dal piedistallo, smettendo di pensare di essere gli unici portatori della verità. Anche perché prima o poi tutti i nodi vengono al pettine e la crisi sanitaria del coronavirus l’ha dimostrato: urge un cambio di rotta nella conduzione della scuola prima che sia troppo tardi.
*Già Presidente GLRT