SECONDO ME
Gioventù (davvero) allo sbando?
Fiorenzo Dadò: "Qualcosa non va più. Formazione e occupazione la medicina migliore"
TIPRESS

*Di Fiorenzo Dadò

Profonda tristezza! È il sentimento che si prova osservando le immagini della violenza avvenuta alla Foce di Lugano ad opera di una ventina di giovani esagitati contro la polizia, che stava poi solo permettendo all’ambulanza di soccorrere un ferito. Ma anche quando si legge che a Giubiasco un ragazzo è stato colpito in testa con una mazza dai suoi coetanei, e che un diciottenne a Cadempino è stato portato in un luogo discosto e riempito di botte.

Sintomi estremi di un disagio sotterraneo che come adulti e genitori, ma anche come politici, dobbiamo e desideriamo capire, ancor più visto che coloro che operano sul campo hanno lanciato l’allarme.

Qualcosa non va più

Gli anni giovanili e l’adolescenza sono un periodo psicologicamente complesso e per molti neppure dei più facili, ma è evidente che il disagio a cui assistiamo con disarmante impotenza non può essere ricondotto unicamente alla crisi esistenziale e psicologica che caratterizza questa età, ma è verosimile che abbia un nesso pure con i modelli culturali attuali, che esaltano il non senso e che non solo non forniscono risposte alle grandi domande della vita, ma neppure sono in grado di sostituire le rassicuranti e luminose prospettive nel futuro che hanno vissuto i nostri genitori. Il nostro è un mondo veloce e competitivo, con pochi scrupoli e tanti eccessi. A mancare sembrerebbe essere il senso, il fine, una prospettiva per il futuro.

Forse anche per questo riescono ad avere successo alcuni influencer idioti e seguiti da migliaia di persone, come quel Lacerenza autore del festino di champagne e cocaina alle scuole di Locarno, la cui lussuosa tracotanza e lo spregio delle regole esprime sì cretineria, ma induce migliaia di ragazzi a credere erroneamente che per realizzarsi e dare un senso all’esistenza basta poco; nel peggiore dei casi si può dormire di giorno e fare baldoria di notte. Ma non illudiamoci, a queste derive non c’è immediato rimedio, il problema va affrontato da tutti, famiglie e scuola comprese, anche se l’antidoto più efficace rimane il nostro esempio.

Cosa possiamo fare per questi ragazzi?

La preoccupazione maggiore è quella che abbiano una giornata occupata da un lavoro o da una formazione. È fondamentale ed è anche la medicina migliore. Così risponde il magistrato dei minorenni Reto Medici, in una recente intervista. Alla domanda su cosa lo preoccupi maggiormente, ribatte: l’aumento dei comportamenti aggressivi e violenti che abbiamo avuto negli ultimi anni. Con il corollario dei futili motivi e del consumo di alcol favorito dai bassi prezzi al dettaglio. Va detto che ad una maggioranza di giovani che non presenta eccessive difficoltà, c’è una minoranza che deve preoccuparci seriamente. È per questo che con i colleghi Sabrina Aldi e Nicola Corti abbiamo chiesto al Consiglio di Stato di cercare delle risposte riunendo al più presto attorno a un tavolo tutte le migliori forze e competenze di cui il Ticino dispone. Ed è
anche per questo, per dare un messaggio coerente a questi giovani in difficoltà, che in Gran Consiglio il PPD si oppone con fermezza all’estensione dell’orario per la vendita di alcolici nelle stazioni di benzina.

*presidente cantonale PPD, da Popolo e Libertà

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