“Propongo a loro di smettere di arrabbiarsi e di ripensare invece al modello di società in cui vogliamo vivere e soprattutto veder vivere i nostri figli e nipoti”
di Fulvio Pelli*
Noi liberali viviamo un periodo difficile, nel quale non ci sentiamo più la parte giusta di chiari confronti politici e fatichiamo ad intuire la ragione vera per la quale il nucleo fondamentale delle nostre idee ci ha portati ad essere per molti decenni il partito politico più importante della Svizzera e del Ticino. I nostri avversari storici erano quello vicino alla Chiesa, che il liberalismo lo combatteva a propria difesa, e quelli socialcomunisti, che facevano altrettanto in difesa di modelli politici e sociali dimostratisi con il tempo improponibili. Quelle battaglie le abbiamo in fondo vinte, ma non ci accorgiamo che i nostri avversari di oggi non sono più o solo altri partiti politici, ma movimenti d’opinione i cui strumenti comunicativi sono potenti, ma i cui fini, chiaramente ostili ai principi del liberalismo, rimangono nascosti. Ci sfugge la componente anti liberale di quei movimenti, che però avanza e porta il Paese verso un futuro fatto di soli confronti invece che di collaborazioni, il contrario del modello che ha garantito alla Svizzera un’evoluzione lenta ma continua verso un progresso di cui tutti hanno beneficiato.
La genialità del nostro modello è nata e si è sviluppata con l’adozione della straordinariamente moderna costituzione del 1848, nata immediatamente dopo battaglie e scaramucce, quelle del Sonderbund, che vedeva confrontati due modelli di società, quello cattolico conservatore, allora ancora legato agli imperi della Santa Alleanza, vincente in Europa, ma sconfitto in Svizzera, e quello liberale, ispirato da idee in fondo importate da Francia e Stati Uniti, ma da noi rimodellate tenendo conto della nostra realtà di allora, già confederale, con importanti competenze cantonali, alla quale da un trentennio era stato imposto proprio dalla Santa Alleanza un ruolo da cuscinetto a protezione militare dalla Francia e quindi lo statuto di paese neutrale, ma armato. Quella costituzione ha stabilito regole che sono tuttora in vigore e sono il nocciolo su cui si fonda questo nostro Stato, la cui unità è frutto di una volontà di collaborazione, non sempre esplicita, ma solidissima. Allora liberali vincitori e conservatori sconfitti scelsero di elaborare insieme, paritariamente, il modello su cui si sarebbe sviluppata la Svizzera. E fu un successo, contro gli estremismi.
Da più di un decennio quella forte volontà di collaborazione sta venendo meno: i confronti non si sviluppano più all’interno del sistema, ma al di fuori: il nostro Consiglio federale, simbolo della collaborazione, non raccoglie più al suo interno una rappresentanza sufficientemente rappresentativa della società di oggi, che si divide sempre più in modelli e modellini inconciliabili, e ha al suo interno anche consiglieri che devono, magari di malavoglia, ubbidire a forze esterne. Il dibattito politico nazionale è sempre più polarizzato fra rappresentanti di un conservatorismo intransigente e anti straniero, che raggruppa molte visioni di opposizione talvolta anche fra loro inconciliabili, riuniti intorno all’UDC e alle sue sottostrutture, e rappresentanti di un preteso progressismo che in realtà è solo statalismo, che ricupera modelli di un passato che ci sembrava sconfitto, identificabile in una parte delle forze sindacali, sempre meno rappresentative dei propri associati (in continuo calo) e invece sempre più alla ricerca di posizioni di potere.
Nessuna di queste forze politicamente intransigenti ed incapaci di negoziazione potrà mai portare il Paese ai successi di un passato fatto di intelligenti solidarietà e collaborazioni. Quelle forze usano ormai sempre più insistentemente (e selettivamente) lo strumento dei diritti popolari, per raccogliere consensi che saranno però inevitabilmente solo transitori, poiché per un problema che fan credere di aver risolto ne creano altri quasi irrisolvibili. Si possono trovare significativi esempi nel passato, nel presente e in quello che ci attende nel futuro: la limitazione mai raggiunta a 650'000 transiti di autocarri sugli assi stradali nord – sud; la recente introduzione di una tredicesima AVS senza finanziamento, quesito la cui soluzione non potrà che spaccare una volta di più il Paese; una Svizzera di meno di 10 milioni di abitanti, bel sogno irrealizzabile; o ancora l’assicurazione malattia unica con premi calcolati in base al reddito: una nuova imposta federale con un’infinità di esenti, molti benestanti e pensionati che lasceranno il paese, e gli altri a pagare per tutti.
Ai liberali malcontenti (compresi quelli che pensano di far bene inventando nuovi partiti o a trasferirsi) propongo di smettere di arrabbiarsi, poiché in taluni confronti hanno perso loro battaglie personali o perché non si identificano nell’una o nell’altro nostro rappresentante negli esecutivi o nei legislativi, e di ripensare invece al modello di società in cui vogliamo vivere e soprattutto veder vivere i nostri figli e nipoti, dando una possibilità alle nuove forze liberali e radicali che stanno crescendo dal basso. Nella mia Lugano le vedo promettenti e sempre maggiormente competenti: sono il futuro baluardo contro le forze politiche che stanno indebitando sempre di più la Città ed all’improduttivo populismo anti straniero, che ci vuol portare a non disporre più del personale di cui le nostre istituzioni hanno bisogno.
*già presidente PLR