Il presidente dell'UDC sottolinea i vantaggi che a suo avviso scaturirebbero da un sì alla riforma della Legge sulla Previdenza Professionale, compreso far divenire i lavoratori più anziani "meno cari" per il datore di lavoro
di Piero Marchesi*
La riforma della Legge sulla Previdenza Professionale (LPP) rappresenta un passo fondamentale per adattare il secondo pilastro al mondo del lavoro contemporaneo, ma anche per assicurare un futuro più sicuro e dignitoso a centinaia di migliaia di lavoratori, in particolare donne e lavoratori a tempo parziale.
Attualmente, una parte degli interessi generati sui conti di risparmio pensionistico delle persone attive viene utilizzata per finanziare le pensioni esistenti. Questa situazione, oltre a essere economicamente insostenibile, è profondamente ingiusta, poiché penalizza chi sta ancora lavorando e risparmiando per il proprio futuro. La riforma della LPP propone di adeguare il tasso minimo di conversione, riducendolo dall’attuale 6,8% al 6%, in linea con l’aumento dell’aspettativa di vita e con la necessità di erogare rendite per un periodo più lungo. Questo adeguamento contribuirà a ristabilire un equilibrio tra chi lavora e chi è già in pensione, senza intaccare le rendite attuali, che rimarranno garantite.
Un altro aspetto cruciale della riforma è l’ampliamento della copertura pensionistica per le persone che lavorano a tempo parziale e per chi ha più di un lavoro, categorie in cui sono fortemente rappresentate le donne. Attualmente, molti lavoratori part-time e chi svolge più impieghi non sono coperti dalla previdenza professionale, e di conseguenza non riceveranno una pensione adeguata. La riforma colma questa lacuna abbassando la soglia d’ingresso per la LPP da 22'050 franchi a 19'845 franchi, permettendo a circa 100'000 nuovi redditi di essere assicurati per la prima volta. Questa misura consentirà a chi lavora a tempo parziale di accumulare un capitale pensionistico e di beneficiare dei contributi del datore di lavoro, con un impatto particolarmente positivo per le donne, spesso penalizzate da lavori a tempo parziale o con salari più bassi.
Inoltre, la riforma prevede un miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro per i lavoratori più anziani, riducendo i contributi LPP per chi ha più di 55 anni, permetterà a quest’ultimi di risultare “meno cari” per le aziende e diminuire così il rischio di licenziamento in favore di lavoratori più giovani.
Il referendum proposto dai sindacati e dalla sinistra contro la riforma, che sostengono erroneamente che essa danneggi le donne e i lavoratori con salari bassi, si ascrive nella loro strategia di mirare a un unico pilastro, il primo. Per fare questo ostacolano in modo inconcepibile qualsiasi miglioramento degli altri due pilastri, il secondo e terzo, come dimostra questa opposizione strumentale. Dire sì alla riforma della LPP significa rispondere ai cambiamenti della società per garantire a tutti pensioni, ma soprattutto ai più deboli, pensioni adeguate.
*Consigliere nazionale UDC