"Continuare a lamentarsi della Confederazione per un sistema perequativo ritenuto iniquo non risolverà i problemi di fondo del Ticino, né creerà basi solide per la sostenibilità e l’autonomia finanziaria del Cantone"
di Alain Bühler*
Pare sia ormai diventato di moda puntare il dito verso Berna per mascherare l’inefficienza delle politiche locali. L’attuale situazione in cui versano le finanze cantonali, però, richiede ben più dei siluri lanciati dal direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia Christian Vitta a mezzo stampa: servono interventi strutturali e una gestione rigorosa della spesa pubblica. Continuare a lamentarsi della Confederazione per un sistema perequativo ritenuto iniquo non risolverà i problemi di fondo del Ticino, né creerà basi solide per la sostenibilità e l’autonomia finanziaria del Cantone.
Il sistema di perequazione si basa su parametri economici ben definiti, che ridistribuiscono le risorse tra cantoni forti e deboli secondo regole chiare. Anche se è legittimo chiedere correzioni per adattarlo alle peculiarità del Ticino, è improbabile che queste richieste trovino una rapida applicazione. Nel frattempo, il nostro Cantone deve dimostrare di essere in grado di reggersi sulle proprie gambe, attraverso una gestione prudente delle risorse pubbliche e un maggiore controllo della spesa pubblica. La nostra sostenibilità finanziaria non può dipendere dall’attesa di fondi federali extra o da occasionali contributi della Banca nazionale.
Siamo su una nave che veleggia in acque agitate e non è più accettabile che si perda tempo a incolpare le correnti e la meteo. Dobbiamo cambiare rotta e uscire dalla tempesta e dobbiamo farlo ora. Anziché affidarsi a soluzioni dell’ultimo minuto, come sta accadendo nuovamente con il Preventivo 2025, è urgente adottare un piano di rientro pluriennale sulla spesa pubblica. Basta con la logica dei “cerotti” applicati per coprire disavanzi temporanei. È ora di privilegiare una strategia strutturale orientata alla stabilità a lungo termine. Le misure di risparmio lineari e improvvisate non possono sostituire un’azione incisiva e mirata sulle cause profonde dello squilibrio finanziario in cui versa il Ticino.
In questo contesto, il “Decreto Morisoli bis” rappresenta una proposta concreta per frenare la crescita della spesa pubblica senza gravare ulteriormente sui cittadini e sui Comuni. L’obiettivo è chiaro: limitare l’aumento delle spese in settori chiave, come il personale, i beni e servizi e i trasferimenti, evitando al contempo tagli alle prestazioni essenziali per le fasce più deboli. Una misura che mira a garantire stabilità e sostenibilità in attesa di un piano di rientro degno di questo nome e senza ricorrere a soluzioni improvvisate che fanno male a tutti.
Allo stesso tempo, l’iniziativa popolare "Stop all’aumento dei dipendenti cantonali", lanciata dall’UDC insieme alla Lega, a esponenti del PLRT e del Centro e alle Associazioni economiche, propone ciò che il Governo non ha avuto il coraggio di attuare sinora: un intervento strutturale su una delle principali voci di spesa del Cantone, ossia, il personale. Limitare l’incremento dell’organico cantonale e razionalizzare le risorse umane è un passo essenziale per garantire l’efficienza e la sostenibilità dell’apparato amministrativo. Il continuo aumento dei dipendenti pubblici rappresenta infatti un fattore di costo sempre più rilevante e non più sostenibile senza riforme decisive.
Il nostro Cantone non può più permettersi una gestione finanziaria che dipenda da contributi straordinari o soluzioni temporanee. È necessario riportare finalmente la spesa pubblica sotto controllo senza gravare ulteriormente sui cittadini, le imprese o sui Comuni. Questo è l’unico modo per garantire stabilità e sostenibilità e affrontare con serietà le sfide che attendono il nostro Cantone a medio e lungo termine.
*deputato UDC