SECONDO ME
Marchesi: "Meglio nessun accordo di un pessimo accordo con l’UE"
Il presidente UDC: "Certo, un rifiuto avrà il suo prezzo, ma sarà niente rispetto al costo di svendere la nostra identità"
© Ti-Press / Samuel Golay

di Piero Marchesi*

Nei prossimi giorni il Consigliere federale Ignazio Cassis si preparerà a indossare il suo miglior vestito per accogliere i rappresentanti dell'Unione Europea. Sul tavolo, però, non ci saranno né cioccolatini né orologi svizzeri, ma un accordo che potrebbe segnare un punto di non ritorno per la nostra indipendenza e sovranità.

Le trattative che i nostri impavidi negoziatori hanno concluso è un documento che alcuni chiamano pomposamente "Accordi bilaterali III", ma che di bilaterale ha solo il nome. Già, perché mentre gli accordi precedenti non ci obbligavano a ingoiare leggi europee né a inginocchiarci davanti ai giudici di Bruxelles, qui l’idea è proprio quella: piegarsi, ringraziare e magari pure sorridere. Eppure c’è chi sostiene, come il Consigliere federale Beat Jans, che questo sarà un passo verso maggiore sovranità. Se lo avesse detto un normale cittadino gli avremmo consigliato di farsi visitare da uno bravo.

Il cuore della questione è la cosiddetta "ripresa dinamica del diritto europeo". Tradotto: ogni nuova norma sfornata a Bruxelles diventerà legge anche in Svizzera, che ci piaccia o meno. Insomma, il popolo svizzero potrà ancora votare, ma solo se il risultato sarà gradito ai burocrati UE. E se invece Bruxelles storcerà il naso? Beh, tranquilli: potremo sempre pagare una bella multa per riparare “ai nostri errori sovranisti”, ovviamente con i soldi degli svizzeri. Un affarone, no?

E parliamo di soldi, che non mancano mai nei grandi affari: l’UE ha deciso che il nostro contributo annuale salirà dagli attuali 130 milioni a ben 350 milioni. Così, giusto per il piacere di commerciare con loro, anche se compriamo più di quanto vendiamo. Un po’ come pagare l’affitto di una casa in cui non puoi nemmeno entrare. Roba da non credere.

Non finisce qui: per risolvere eventuali controversie, l’UE propone che sia la sua Corte di Giustizia a decidere chi ha ragione. Insomma, litighiamo con il vicino e chiediamo a sua moglie chi ha ragione. Un capolavoro di imparzialità, non c’è che dire.

L'UDC, come sempre, è pronta alla battaglia. Questo accordo è un pasticcio che rischia di compromettere tutto ciò che rende unica la Svizzera: la nostra indipendenza, la nostra democrazia diretta, quelle caratteristiche che dopo il rifiuto nel 1992 di aderire allo SEE avrebbero dovuto farci finire sul lastrico, quando in realtà si sono rivelati vantaggi competitivi impressionanti. Un film che si ripete, dunque. Meglio nessun accordo che un pessimo accordo. Ce la siamo cavata benissimo in passato e lo faremo ancora: la Svizzera non ha bisogno di legarsi mani e piedi a un’UE che fatica persino a rispettare sé stessa.

Certo, un rifiuto avrà il suo prezzo, ma sarà niente rispetto al costo di svendere la nostra identità. E alla fine, per fortuna, sarà il popolo svizzero a decidere, grazie a quella Democrazia diretta che l’UE vorrebbe toglierci. Il nostro compito, come UDC e come cittadini che amano la Svizzera, sarà di informare, sensibilizzare e, perché no, far sorridere. Perché la libertà, quella vera, vale sempre un po’ di fatica. E su questo, gli svizzeri hanno sempre saputo come rispondere, sono certo, lo faranno anche in questa occasione.

*presidente UDC

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