CORONAVIRUS
Coronavirus in Ticino, Borradori: "Non dobbiamo avere fretta di aprire. Dopo il Primo maggio un termine ragionevole"
Il sindaco di Lugano: "La comunicazione odierna del Cantone ci mette in difficoltà e anche grossa. È il momento peggiore per mandare messaggi rilassanti"

di Andrea Leoni

Marco Borradori, oggi su Facebook ha lanciato l’ennesimo appello alla responsabilità e al rispetto delle regole. È stato ancora un weekend difficile da questo punto di vista per la Città di Lugano?
“Nel fine settimane abbiamo riscontrato un aumento di persone che trasgredivano le raccomandazioni, per questo ho deciso di fare l’ennesimo forte richiamo alla responsabilità individuale. Anche perché si stava ingenerando una pericolosa escalation, tipo: se lo fa lui perché non devo farlo io? In questo senso i prossimi giorni e il periodo pasquale, con il bel tempo, ci preoccupano molto”.

La conferenza stampa odierna del Cantone non vi aiuta.
“Direi proprio di no. È  il momento peggiore per mandare messaggi rilassanti. Da un lato chiediamo alla gente di non uscire, e agli svizzeri tedeschi di non venire in vacanza in Ticino, dall’altra si usano toni da strada ormai in discesa. Poi però tocca ai Municipi metterci la faccia con i cittadini. Così ci si mette solo in difficoltà e anche grossa”.

Inoltre il Cantone ha annunciato di valutare di allinearsi alla Confederazione, allentando le misure speciali adottate in Ticino. Le differenze sostanziali sono legate in particolare al blocco dell’edilizia e dell’industria. Cosa ne pensa?
“Anche questo messaggio può essere pericoloso, perché fa capire come agli occhi della Confederazione, e anche ai nostri, il peggio è passato. Intendiamoci: io sono felicissimo se le cose vanno meglio, ma non è il momento di abbassare la guardia. Se il Governo dovesse effettivamente adottare questa linea, mi chiedo come spiegheremo ai cittadini che cantieri e industrie riaprono, ma loro devono restare in casa. Con tutto il tema spinosissimo legato alla frontiera con la Lombardia”.

Cioè?
“I cantiere e le aziende non vanno mica avanti senza i frontalieri. Un eventuale allentamento di queste misure significherebbe potenzialmente riaprire i confini a migliaia di lavoratori, provenienti da una Regione che è ancora lontana purtroppo dall’aver risolto i suoi problemi. E questi lavoratori, a loro volta, verrebbero a lavorare in un Cantone che non è ancora uscito dal tunnel della crisi. Si potrebbe ricreare insomma quella situazione paradossale che abbiamo vissuto all’inizio, con misure differenti tra territori e popolazioni  confinanti. Sarebbe come commettere nuovamente l’errore fatto con la mancata chiusura del Rabadan e delle scuole”

Teme che vi sia troppa fretta?
“La storia ci insegna che, in caso di epidemie, i Paesi e le Città che hanno aperto troppo presto, hanno pagato a caro a prezzo queste scelte premature. E non solo da un profilo sanitario ma anche economico. In Ticino non abbiamo fatto neanche la quarantena di Codogno, avendo cominciato il lockdown totale il 19 marzo. Io non sono un medico ma questa vicenda mi ha insegnato che dobbiamo essere umili e imparare da di chi ci è passato prima di noi, Cina in primis. Riaprire dopo neanche un mese e senza le adeguate misure accompagnatorie, come ad esempio le mascherine, credo che potrebbe rivelarsi un azzardo”.

Diversi medici - tra i quali il Prof. Cassina, il Prof. Cerny e anche il presidente dell’OMCT Franco Denti - hanno detto che il giusto orizzonte è fine aprile, approfittando del ponte del Primo Maggio. Lei concorda?
“Il ponte del primo Maggio mi sembrerebbe un termine molto più ragionevole. Non vorrei che si difettasse nuovamente del principio di precauzione, come avvenuto all’inizio. Io ho sempre portato avanti con coerenza la linea della massima cautela. Meglio sbagliare per aver tenuto chiuso una settimana in più, che una in meno”.

Voi sindaci avete già dimostrato di sapervi fare sentire dal Cantone, penso ad esempio quando si trattò di chiudere le scuole. Pensa che si ripeterà?
“Mi auguro che il Cantone possa tenere conto di questi sentimenti e che la scelta su come procedere venga concordata con i comuni”.

AELLE

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