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Coronavirus in Ticino, Bignasca: "I fatti danno ragione alla linea della prudenza"
Le riflessioni del deputato leghista: "Per riaprire ci vuole una strategia e un piano dettagliato. Questa volta non si può sbagliare"
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 di Boris Bignasca*

Il Ticino sta soffrendo da settimane uno stillicidio di notizie preoccupanti e di storie tragiche. La società ha tuttavia reagito con solidarietà e spirito positivo. Purtroppo, però, anche con le dovute prudenze i casi positivi diminuiscono, ma non cessano. Tutti sono a rischio di venir contagiati o di contagiare. Ultima in ordine di tempo è la notizia che ha colpito lo Stato Maggiore, che sta svolgendo un lavoro egregio, e cioè la notizia del medico cantonale che è risultato positivo al tampone, seppure con sintomi lievi come lo stesso Merlani – a cui facciamo i migliori auguri – ha spiegato.

Il Ticino, lo sappiamo, ha già fatto l’errore di chiudere troppo tardi attività commerciali, scuole e frontiere e dunque simmetricamente ci auguriamo non faccia l’errore di riaprire troppo presto. Sono, dunque, necessarie riflessioni approfondite riguardo a costi, benefici e contromisure. In questo senso l’appello firmato – pochi giorni fa - da diversi importanti sindaci e da decine di medici è da ascoltare attentamente (leggi articolo correlato, ndr.).

È questione di logica, di mentalità e di priorità. La salute prima dei soldi. La collettività prima dell’individualismo. La prudenza prima della temerarietà. Per questo oltre a decidere quando si riaprirà, dobbiamo anche sapere chi potrà riaprire, con quali regole e quali contromisure. Ecco alcune semplici domande alle quali le autorità sapranno dare risposte convincenti, prima di rischiare nuove ondate.

La questione dei numeri

Da alcune settimane a questa parte la triste litania dei numeri (contagiati, ospedalizazioni, decessi) accompagna le nostre giornate. Sappiamo, grazie agli esperti, che quei dati – che prima di tutto rappresentano persone, sofferenze e famiglie - sono incompleti. Sappiamo che il virus che causa il Covid19 circola tra la popolazione portato anche da persone asintomatiche o dai paucisintomatici - pazienti con sintomatologia non severe o con un solo sintomo - a cui nella maggior parte dei casi non viene fatto il “tampone”. Tutti sono contagiosi, per un tempo lungo ma ancora non chiaro.

Molte aziende stanno offrendo ai paesi test sierologici in grado di verificare la presenza di anticorpi legati al Covid19. Questo esame – che presto partirà in Lombardia -dovrebbe dirci chi è già stato infettato dal virus. Tutto farebbe pensare che siamo ormai vicini a dei test rapidi ed efficaci. Prima domanda: quando si pensa che avremo a disposizione questo esame? Il Ticino intende programmare delle misurazioni?

Le mascherine

Un'altra questione molto dibattuta riguarda le mascherine. Anche su questo punto c’è confusione. A crearla è stata in primis l’OMS, poi a livello federale il BAG (che nel “piano pandemia” ne parla come strumento utile) e poi dalle autorità cantonali, che sono arrivate ad ammettere che non ci sono scorte sufficienti per la popolazione

Anche su questo punto occorrerebbe un piano preciso da parte delle autorità, considerato che in paesi che hanno affrontato il virus meglio di noi, come la Corea del Sud o il Giappone, hanno policy chiare riguardo l’utilizzo delle mascherine. Il Cantone e la Confederazione si stanno attrezzando in tal senso?

Il Gottardo e il confine

Terza domanda: alle autorità è senz’altro chiaro che il Ticino è fortemente connesso sia con le altre regioni della Svizzera, sia con la Lombardia, che ha mantenuto misure molto restrittive. Quali misure ad hoc sono allo studio per impostare una nuova e sicura relazione con questi territori e le rispettive popolazioni? Una volta che riapriremo le industrie e l’edilizia come ci comporteremo con i frontalieri, tenendo anche conto che la curva dei contagi nelle province di Varese e Como è tutt’altro che rassicurante? Le autorità svizzere e italiane come si comportaranno in dogana? E una volta che riapriremo cosa diremo ai confederati che vorranno venire in Ticino? Anche su questi punti va fatta chiarezza prima di riaprire. Infatti abbiamo notato come gli appelli ai confederati siano stati parzialmente inascoltati e come il flusso verso il Ticino per questa Pasqua sia diminuito, ma comunque presente.

Il contact tracing

Un’altra misura vincente di diversi paesi che hanno affrontato e stanno affrontando il virus meglio di noi, riguarda la tracciabilità dei contatti, che permette ai cittadini di essere tempestivamente informati se entrano in contatto con un paziente positivo. Questo contact tracing _ implementato tenendo conto degli standard di privacy – sarebbe fondamentale in una fase di riapertura delle attività. Ci stiamo organizzando in tal senso?

La seconda ondata e l’immunità di gregge

La autorità sono tornate a parlare della questione dell’immunità di gregge. In questo senso non ci sono ancora evidenze scientifiche che provano che questa teoria sia valida. Lo stesso Professor Enos Bernasconi ha affermato che “non sappiamo se le persone sono protette dopo che sono state contagiate dal COVID-19 e hanno sviluppato anticorpi. Magari sono protette per settimane o mesi, ma si teme che questa immunità vada persa molto rapidamente. Quindi un’immunità molto transitoria”. 

Le autorità ticinesi stanno riabbracciando – dopo averla già paventata ad inizio della crisi insieme al sig. Koch, ex capo del prepopsto ufficio federale - questa tesi? 

Infine, come avvenuto nel resto del mondo anche le autorità ticinesi già mettono in conto che ci sarà una seconda ondata di contagi. La sua entità è difficile da prevedere, ma certamente dipenderà molto dal criterio con il quale riapriremo la società. In questo senso, è già stata fissata un’asticella di nuovi contagi che imporrebbero una nuova chiusura? Vi sono altri parametri da considerare?

Abbiamo già fatto l’errore di chiudere tardi, cerchiamo di non sbagliare e di riaprire con prudenza e con indicazioni chiare alla popolazione. La condotta del “giorno per giorno” non può funzionare.

*Deputato Lega

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