CORONAVIRUS
No alla riaperture delle scuole
Perchè la logica e il buonsenso sconsigliano una ripresa dell'attività di elementari e medie l'11 maggio

di Andrea Leoni

Siamo alle solite: non conosciamo il Covid19 e continuiamo a sfidarlo con presunzione. Se prendersi qualche margine d’azzardo può essere comprensibile nell’ambito delle attività economiche, appare del tutto sconsiderato farlo laddove non vi è alcuna urgenza di ricominciare. Pensiamo all’apertura delle scuole dell’obbligo che la Confederazione ha fissato per l’11 maggio: in Ticino a sole quattro settimane dalla conclusione dell’anno scolastico.

Ancora una volta va richiamata l’umiltà da contrapporre alla sfrontatezza. La logica e il buonsenso rispetto all’incertezza scientifica. La via della prudenza anziché quella del rischio.

Va richiamato il ricordo. Di quando Codogno era lontana 100 km e quindi era improbabile che il virus fosse già qui, ed era qui. Di Miss Mondo al Rabadan. Delle mascherine che non servono. Del Covid, che è solo un’influenza. Delle case per anziani che sono state messe in sicurezza. Delle quarantene che possono durare solo 5 giorni, salvo poi riportarle precipitosamente a 12. Del fatto che dopo 2 giorni dalla scomparsa dei sintomi una persona può tornare al lavoro perché non è più contagiosa, e oggi abbiamo casi positivi dopo 20-30 giorni dalla sparizione di febbre e tosse.

Ogni volta che abbiamo sfidato il Coronavirus con presunzione, cioè compiendo le scelte senza evidenze scientifiche, siamo stati puniti, anche severamente. Ora in Svizzera, ma anche in Francia, vi sono esperti che sostengono che i bambini siano poco o per nulla contagiosi. Per loro stessa ammissione si tratta al momento solo di un’ipotesi, fondata sui dati di alcune, prime, ricerche in materia. A fronte di queste opinioni se ne possono trovare altre di senso completamente opposto, con una breve ricerca su Google.

Eccole:

Gianvincenzo Zuccotti , direttore del Dipartimento di Pediatria all’ospedale dei bambini Buzzi di Milano: “I bambini non sono contagiosi? Io penso il contrario, le evidenze scientifiche ci dicono l’opposto. Sono proprio i bambini a favorire la circolazione delle malattie virali in famiglia. Succede coi i virus respiratori, con le influenze e le gastroenteriti. Quante volte succede che un bambino si ammala a scuola o all’asilo e poi contagia tutta la famiglia? Il coronavirus non è diverso. Certo se oggi Francia e Italia facessero i tamponi a tappeto ai bambini sarebbe normale trovarli quasi tutti negativi dopo settimane di isolamento: chi si era ammalato è guarito”.

“I più piccoli sono delle vere e proprie bombe a livello di potenziale di contagio” (Fabrizio Pregliasco, virologo Ospedale Galeazzi di Milano)

“Senza interventi specifici, saranno dunque i bambini i veri untori da coronavirus, e quindi sarà fondamentale riorganizzare gli spazi comuni e le classi in vista della riapertura delle scuole a settembre” (Società italiana di medici pediatri)

Pierluigi Lopalco, epidemiologo università di Pisa: “I casi di bambini che hanno avuto una malattia grave sono pochissimi. Però i bambini si possono infettare ed è per questo che siamo sempre stati favorevoli alla chiusura delle scuole per limitare la circolazione del virus”.

“Ma i bambini possono essere portatori sani? Sì, anche i bambini possono trasmettere un virus ad altri bambini o agli adulti.  (Fondazione Umberto Veronesi)

Cosa ci suggerisce questa sfilza di dichiarazioni in contrapposizione a chi invece sostiene che i bambini non sono contagiosi? Che la scienza non ha ancora una risposta. È dunque insensato, per quattro settimane di scuola, correre il rischio.

C’è chi a questa affermazione risponde: ma tanto a settembre il virus ci sarà ancora, quindi che senso ha attendere la fine dell’estate per riaprire?

È molto semplice. Come oggi conosciamo meglio la malattia rispetto a due mesi fa, ciò accadrà anche fra quattro mesi, anche per quanto riguarda la diffusione del contagio, compreso tra i bambini. Se sarà necessario avremo tutto il tempo per riorganizzare gli spazi scolastici di tutto il Cantone e il trasporto degli allievi, se del caso prevedendo un mix con la scuola da casa. Avremo dati importanti sugli studi sierologici che partono in questi giorni e potremmo saperne di più sulla forza e sulla durata degli anticorpi di chi ha fatto la malattia. Potremmo aver fatto progressi significativi sul piano farmacologico. Gli strumenti di sicurezza che accompagneranno la riapertura negli altri settori - test e isolamento, prima di tutto - saranno stati nel frattempo sperimentati e affinati. Insomma, tante cose, tutte importanti, che certamente non potremo né sapere né implementare da qui all’11 maggio.

In assenza di risposte scientifiche certe - e considerata l’ormai prossima fine dell’anno scolastico - la priorità deve essere posta sulla salute dei docenti, del personale scolastic, degli autisti e dei genitori. I quali a loro volta hanno parenti e colleghi di lavoro che possono essere contagiati.

Qui, attenzione, non si pensi solo alle persone a rischio - tra i quali tanti comuni ipertesi - ma anche alle persone sane, di 40-50 anni. Tra questi ve ne sono diverse che hanno fatto la malattia in modo serio o brutto, con diverse ricadute, anche per chi non ha fortunatamente dovuto recarsi all’ospedale. Alcuni, invece, sono finiti in cure intense, con un tubo in gola per tre settimane. Ed è possibile che subiscano dei danni permanenti.

Ecco, il semplice buonsenso suggerisce di evitare di far correre questi rischi - se non per qualche finestra straordinaria di fine ciclo, quarte medie - a docenti, personale scolastico, autisti e genitori, per sole quattro settimane di scuola.

Infine, l’altra grande obiezione: ma se noi dobbiamo tornare al lavoro, dove lasciamo i figli, non potendo contare sui nonni? Innanzitutto il fatto che i genitori non possano affidare i pargoli al nonno e alla nonna, evidenzia come non vi sia alcuna certezza circa la contagiosità dei bambini. E allora ripetiamo: perché far correre invece il rischio al mondo della scuola?

Ma ciò premesso: il problema si riproporrebbe tale e quale dopo sole quattro settimane, non vedendo all’orizzonte la possibilità di organizzare campi estivi o corsi di nuoto. Ed è proprio questo aspetto a suggerirci che la domanda è giusta, ma la risposta “riapriamo le scuole”, è sbagliata. Anziché perdere ancora tempo in questa discussione insensata, l’ente pubblico dovrebbe invece adoperarsi per trovare una proposta concreta a questo bisogno, che durerà per tutta l'estate. 

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