Il direttore sanitario della Clinica Moncucco: "Parliamo del triplo della media, che sarebbe l’avvisaglia di un aumento massiccio della circolazione del virus. Una cena o un'aperitivo di troppo può essere fatale"
di Marco Bazzi
LUGANO - Ieri su 67 tamponi eseguiti al checkpoint di Lugano ben 50 erano positivi! Il che significa un tasso di infezioni pari al 74,6 per cento. Un dato che non deve solo preoccupare: deve allarmare.
Certo, si tratta di un numero “grezzo”, che andrà affinato e confrontato con l’evoluzione che questi casi avranno dal profilo medico. Nessuna delle persone testate, a quanto ci risulta, presentava sintomi che giustificassero il ricovero in ospedale, ma non si può escludere che nei prossimi giorni le condizioni di alcune di loro si facciano più serie. E non sappiamo nemmeno quanti individui si sono già infettati venendo a contatto con i cinquanta che ieri sono risultati positivi.
Il dato, pur con le dovute cautele, è allarmante in quanto solitamente la media dei casi positivi ai test è compresa tra il 20 e il 30 per cento.
“È un valore sicuramente preoccupante – dice a liberatv Christian Garzoni, direttore sanitario della Clinica Moncucco -, soprattutto se si confermasse anche in altri checkpoint del cantone. Parliamo del triplo della media, che sarebbe l’avvisaglia di un aumento massiccio della circolazione del virus. Ma ogni tanto ci sono situazioni difficilmente spiegabili. Quindi bisogna valutare questi numeri in un contesto cantonale e soprattutto capire se si confermeranno nei prossimi giorni”.
Sul piano delle misure adottate nei giorni scorsi, Garzoni ritiene che la decisione di chiudere i negozi nei giorni festivi e la domenica sia stata un autogol: “Il lockdown va fatto seriamente e non hanno senso le mezze misure”. Ma per il medico il punto centrale sono bar e ristoranti, come confermano i dati degli studi americani e l’efficacia delle misure adottate in alcuni cantoni romandi.
Al di là di questo, per l’infettivologo, è importante ribadire che sotto le feste una cena o un aperitivo di troppo possono costare la vita: “Stare a lungo in un ambiente chiuso vicini gli uni agli altri senza mascherina è altamente rischioso: dai 50 anni in su diventa pericoloso, oltre ai 60-70 molto pericoloso. Ma le strade sono due: o lo Stato decreta il lockdown, come ha fatto oggi la Germania, o le persone a rischio devono isolarsi. Per proteggere se stesse ma anche gli altri: se i numeri aumentano troppo il sistema sanitario sarà rapidissimamente a rischio. Le riserve ospedaliere stanno arrivando alla fine e se le cose non cambiano si dovranno chiudere le attività elettive, con i relativi rischi per molti pazienti, e selezionare chi può accedere alle cure intensive perché i posti saranno presto insufficienti”.
C’è una luce in fondo al tunnel, conclude Garzoni riferendosi all'arrivo imminente del vaccino: “Le persone a rischio devono capire che non ha senso rischiare una speranza di vita di 15 o 20 anni per festeggiare il Natale in famiglia: fare cene con i nonni o con altre categorie a rischio oggi è irresponsabile”.
Il dato emerso dal checkpoint di Lugano stride con le immagini che arrivano da Piazza della Riforma a Lugano: le foto scattate nel tardo pomeriggio di ieri confermano, purtroppo, che la gente non ha capito la gravità del momento, e che le mezze misure decise da Berna non bastano. Sono immagini che ricordano la scena della peste del film Nosferatu, di Werner Herzog: una piazza gremita di persone che brindano, ballano, mangiano, incuranti, o forse rassegnate, di fronte all’epidemia ormai inarrestabile.
Commentando i dati dei morti di ieri in un’intervista al Caffè, il direttore della Clinica Moncucco, Christian Camponovo, ha detto: “Abbiamo avuto in Ticino quindici decessi. In proporzione questo numero equivale a 3’500 morti in Germania. Credo sia la terza o la quarta volta da marzo che il Ticino registra un dato così alto. In Ticino abbiamo il 10% dei morti totali a livello nazionale ma rappresentiamo il 5% della popolazione".
Camponovo, come Garzoni, ritiene che bisognerebbe chiudere subito bar e ristoranti, perché “le attuali ‘mezze misure’ hanno poca efficacia". Mentre pensa che in negozi e grandi magazzini vi sia “una maggiore possibilità di concretizzare il distanziamento fisico".
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