CORONAVIRUS
Le associazioni economiche non vogliono che si chiuda. "I contagi non avvengono sul posto di lavoro"
A rispondere a Unia arriva un comunicato congiunto di Cc-Ti, ABT, AITI, SSIC-TI e UAE: "Una chiusura generalizzata creerebbe un danno economico enorme, con pesanti conseguenze anche sugli anni a venire"
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BELLINZONA  - Un lockdown generalizzato, come chiesto ieri da Unia? Assolutamente no! Cc-Ti    (Camera di Commercio e dell’industria del Cantone Ticino), ABT (Associazione Bancaria Ticinese), AITI (Associazione Industrie Ticinesi), SSIC-TI (Società Svizzera Impresari Costruttori) e UAE (Unione Associazioni Edilizia) si oppongo, al grido di "l'economia siamo noi", facendo notare come i contagi non avvengano sul mondo del lavoro.

"In primis, non è sul posto di lavoro che avvengono principalmente i contagi, anzi", si legge infatti nella nota. "Secondariamente una chiusura generalizzata creerebbe un danno economico enorme, con pesanti conseguenze anche sugli anni a venire".

Le associazioni firmatarie del presente comunicato ribadiscono "che la gestione della crisi
sanitaria rappresenta una priorità della nostra politica e che la tutela delle lavoratrici e dei
lavoratori rimane un obiettivo fondamentale da perseguire" ma fanno notare anche come "proprio per questa ragione negli ambienti di lavoro sono state introdotte chiare regole di
tutela comportamentali atte a evitare i contagi. Si pensi ai piani puntuali di protezione
differenziati per settore, alle dettagliate raccomandazioni della Seco per i datori di lavoro
nelle quali si fissano e si ribadiscono direttive quali, ad esempio, l’obbligo della
mascherina, le distanze, l’installazione di divisori tra le postazioni, l’invito a ricorrere al
telelavoro, ecc..". 

E proprio grazie a queste norme, "oggi sappiamo che non è sul posto di lavoro che avvengono
principalmente i contagi. Ne consegue che, laddove esistono chiare ed efficaci regole, non è opportuno introdurre divieti generalizzati di attività", sostengono, convinti che "tali divieti, come indicato, non otterrebbero comunque l’obiettivo dichiarato e, per contro, causerebbero pesanti e preoccupanti effetti collaterali alla nostra economia e ai posti di lavoro".

Da qualche settimana i ristoranti e i bar sono chiusi, ma non si notano grandi miglioramenti. "Inoltre, nonostante le parziali e settoriali misure di chiusura ormai già in vigore da settimane, non si notano purtroppo effetti rilevanti sulla curva dei contagi. Ciò permette perlomeno di sollevare dubbi sull’efficacia di tali misure", proseguono.

Dunque ritengono "sproporzionato introdurre un lock down per tutte le attività cosiddette “non indispensabili”, aggiungendo un legittimo dubbio su quali siano le attività non indispensabili: "Per ogni lavoratore e lavoratrice, come per ogni imprenditore, la propria attività è certamente indispensabile. Ogni posto di lavoro, ogni azienda sul nostro territorio, contribuisce infatti a creare e mantenere, in silenzio ma molto concretamente, quel benessere al quale siamo abituati".

Un lockdown totale e generalizzato, fanno notare le associazioni, non vi è stato nemmeno durante la prima ondata e non è in vigore neppure in altri paesi. 

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