CORONAVIRUS
I docenti scrivono a Bertoli: "Alla scuola servono empatia, fiducia, solidarietà e piano di protezione. Pensi a farci testare e vaccinare"
"In numerose occasioni ha avuto una comunicazione pubblica infelice, a tratti contradditoria, mostrandosi poco attento alle richieste del mondo della scuola", recriminano, criticando il Governo per "un atteggiamento reattivi e mai preventivo"

BELLINZONA - I docenti, a ormai un anno dall'inizio della pandemia, scrivono a Manuele Bertoli, e oltre a richieste di aiuto, sono anche bordate, chiedendo empatia, "una stagione nuova di  disponibilità al dialogo e al confronto, di apertura all’indispensabile contributo delle voci dei docenti, che soprattutto in questi difficili mesi hanno davvero bisogno di essere sostenuti", come riporta Il Caffè. Chiedono "di affrontare pubblicamente la questione della vaccinazione degli insegnanti o la possibilità di un’estensione generalizzata dei test molecolari a studenti e docenti".

Non mancano, appunto, le critiche, nella missiva firmata dal presidente del Movimento della scuola Fabio Camponovo. "Lei stesso (Bertoli, ndr) in numerose occasioni ha avuto una comunicazione pubblica infelice, a tratti contradditoria, mostrandosi poco attento alle richieste del mondo della scuola. Ricordiamo l’ostinazione con la quale ha argomentato a marzo contro la chiusura degli istituti (per poi chiudere le scuole su decisione federale), la pertinacia con la quale si è confrontato con giornalisti e quadri scolastici (lei non coltiva il dubbio), l’insistenza con la quale si è mostrato a lungo contrario all’obbligo della mascherina a scuola (contro ogni evidenza scientifica), la presunzione con la quale ha affermato che la scuola non è luogo di contagio (sebbene studi recenti individuino nella mobilità che essa determina una delle cause della recrudescenza della curva pandemica)". 

A loro avviso, da quanto stiamo vivendo si dovrebbe imparare a essere prudenti nelle dichiarazioni.  "È facile dire che i piani di prevenzione funzionano e che la situazione è sotto controllo, ma forse è inopportuno che il più alto funzionario del suo dipartimento, confrontato con i dati relativi ai contagi nelle scuole (1168 allievi e 220 docenti positivi nel primo semestre), affermi semplicemente che sono "…numero sostanzialmente irrisorio". Un minimo di sensibilità umana avrebbe permesso di aggiungere che dietro quei numeri "irrisori" ci sono tuttavia persone, malattia, angoscia", affermano. 

"È serio, se davvero volessimo avere un dialogo costruttivo, che lo stesso funzionario invii una convocazione ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali e magistrali (allegando nuove disposizioni sulle quarantene a cui il Decs sta lavorando da mesi) solo la vigilia del giorno dell’Epifania fissando l’incontro a meno di 48 ore dall’invio?", incalzano, proprio nel momento in cui  "la scuola ha bisogno di un clima interno di solidarietà e di fiducia almeno quanto di piani di protezione!".

Criticata anche la gestione del Governo in toto sulla seconda ondata. "Lei e il governo del quale fa parte avete mantenuto, durante la "seconda ondata" della pandemia in Ticino, un atteggiamento costantemente reattivo e mai preventivo, sordi anche ai richiami della classe medica e agli appelli delle strutture sanitarie. Il risultato è desolante: ospedali in continua situazione di stress, economia in grave difficoltà, morti che dopo i 350 conteggiati nella prima parte dell’anno ora si avvicinano a grandi passi ai 900! Il Ticino ha conosciuto, in questo tergiversare, una delle peggiori realtà pandemiche nel confronto nazionale e internazionale".

Passiamo alle richieste, in tre punti. La preoccupazione è per gli allievi più deboli, che secondo i docenti si trovano sfavoriti anche "in questa particolare condizione di "scuola in presenza" dove le mascherine e le misure di prevenzione, il ricorso a piattaforme informatiche e l’impossibilità di una diversa prossemica ostacolano un accompagnamento pedagogico mirato": servirebbero a loro avviso "risorse che permettano ai docenti di riferimento, senza sovraccarico orario, di proporre specifiche forme di sostegno". Poi, e siamo al punto due, "occorre avviare, senza indugio, una riflessione partecipata su come le tecnologie cambino la relazione educativa e la processazione cognitiva , su come modifichino il lavoro dell’insegnante e ne mutino il profilo". Infine, si sollecita una riflessione sui contenuti essenziali dell'insegnamento. 

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