CORONAVIRUS
Gobbi chiede ancora controlli alle frontiere. "Il caso Viggiù mostra come servano limitazioni transfrontaliere"
Per quanto concerne le riaperture, il Ticino chiederà di diminuire la distanza temporale tra le due fasi. "I ristoranti aperti in Lombardia creano una dicotomia"
TiPress

BELLINZONA - Le maggiori libertà di cui godono i lombardi, a fronte delle riaperture a tappe proposte dal Consiglio Federale e dall'altra parte il caso di Viggiù sono problemi da affrontare per il Consiglio di Stato ticinese.

Norman Gobbi ieri al Corriere del Ticino ha spiegato che, seppur a Bellinzona siano contenti per la possibilità che avranno i negozi di riaprire e per le nuove libertà pensate per lo svago, la dicotomia con la realtà lombarda per quanto concerne la ristorazione è una problematica. Il lasso di tempo che passerà tra le prime aperture e le (forse) seconde è ritenuto troppo. Nella consultazione si spingerà per abbassarlo a una quindicina di giorni.

Intanto, il caso di Viggiù, divenuto zona rossa, dunque con mobilità ridotta, preoccupa. Nessuno può lasciare il comune, ma per lavoro è possibile farlo con un'autocertificazione. Il che significa che i frontalieri teoricamente possono venire in Ticino, anche se alcuni datori di lavoro hanno optato per una quarantena preventiva. Sempre al CdT, è intervenuto ancora Gobbi. "Come Governo cantonale prendiamo atto con preoccupazione della nascita di focolai di variante scozzese a pochi chilometri dal confine, soprattutto tenendo in considerazione la mobilità estremamente elevata tra le vicine Province italiane e il Ticino",

Fa notare come più volte il Ticino abbia chiesto a Berna "rafforzamento dei controlli alla frontiera in coordinazione con le competenti autorità italiane" e il caso di Viggiù è solo l'ultimo motivo in ordine di tempo che sostiene la richiesta. "La limitazione della mobilità delle persone, anche transfrontaliera, rimane uno strumento fondamentale nella gestione della crisi pandemica. Questi focolai di pandemia con la presenza delle nuove varianti e il confinamento di interi territori mettono ulteriormente in evidenza la necessità di una maggiore coordinazione transfrontaliera tra le competenti autorità sanitarie".

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