Michele Mattia distingue tra chi non si vaccina per motividi ideologici e chi invece ha un motivo legato magari a chi vede il vaccino come "una lesione della propria salute e della propria integrità"
LUGANO - ’’Finché lei non è pronta per vaccinarsi non si vaccini’’: così ha detto Michele Mattia, psichiatra, a una paziente, con un circuito ansioso importante. E questa è la sua linea sul tema, come racconta in una lunga intervista al Corriere del Ticino.
Nella pandemia vede la perdita dei cuscinetti sociali, che potevano essere l'andare al bar o allo stadio per sfogare le frustrazioni. Ora che non sono sempre possibili, l'ansia è triplicata, spiega. Teme l'aggressività che aumenta.
Ma soprattutto vede una guerra ideologica e estremizzata, dunque invita a usare un altro tipo di comunicazione. In primis, non vorrebbe dividere vaccinati da non vaccinati, nemmeno quando si parla di persone in cure intense, per esempio. "Bisogna chiedersi se nella notizia che si deve dare sia opportuno differenziare i vaccinati dai non vaccinati. Perché lo differenziamo? Perché, partendo dall’origine della politica della pandemia basata sulla persuasione e non sull’obbligo del vaccino, cerchiamo di agire sulla mente delle persone con argomenti numerici. Tutto questo ha un senso, ma ha anche un effetto collaterale inevitabile: che il vaccinato comincia ad entrare in una dimensione aggressiva verso il non vaccinato".
Perchè chi non si vaccina, anche se non sempre, pensa alla sua salute. "All’interno dei non vaccinati non tutti vanno considerati sullo stesso piano. Non sono a favore dei non vaccinati per motivi ideologici, in una dimensione di estremismo. Bisogna trattare in modo diverso tutte quelle persone che hanno delle sofferenze psicologiche o con premesse cognitive diverse. Ad oggi, costoro vedono la vaccinazione come una lesione della propria salute e della propria integrità", è la teoria di Mattia. "Dobbiamo capire che sia i vaccinati che coloro che ancora non lo sono perché non sono pronti a farlo, vogliono proteggere la salute. Tolti, come già detto gli estremisti, quanti non si vaccinano perché non sono pronti a farlo e ci riflettono, e hanno però anche l’angoscia di non essere vaccinati, cercano di proteggere la propria salute. Dobbiamo perciò uscire dal fazionismo e non creare dei nuovi emarginati o dei nuovi oppressori, dall’altra parte. Dalla parte dei vaccinati, infatti, si pone a volte un atteggiamento oppressivo, si dice che il non vaccinato non capisce nulla perché non si rende conto che ci sta creando un danno. È come forzare chi ha un disturbo di panico per la galleria o per l’ascensore a entrare nella galleria del San Gottardo o a entrare in ascensore". La paura del vaccino esiste, continua, anche se per molti non è concepibile: ma per tanti non ha senso nemmeno avere paura di un topolino eppure c'è chi ne ha.
Che fare, quindi? "Bisognerebbe trovare il modo di far capire che il non vaccinato, estremisti a parte, non è una persona contro la società o contro il potere, ma qualcuno che vuole salvaguardare la sua salute magari attraverso uno strumento sbagliato rispetto a quello che oggi conosciamo".