Il candidato al Nazionale rilancia una vecchia proposta dei Verdi e attacca "l'inciucio cadregaro di PLR e PPD"
BELINZONA - Per un Ticino a statuto speciale. La richiesta non è certo nuova alle nostre latitudini. In principio fu Giuliano Bignasca, molti anni fa, a lanciare l’dea. Idea poi ripresa concretamente dai Verdi nel 2015, che presentarono un’iniziativa parlamentare, approvata di misura dal Gran Consiglio e poi respinta dalla Camera federali.
A rilanciare di recente il progetto sono stati gli stessi ecologisti, riproponendo al Parlamento cantonale la questione. Stamane, dalle pagine della Regione, scende in campo Franco Cavalli a perorare la causa. Il candidato al Nazionale sulla lista Verdi e Sinistra alternativa, spiega innanzitutto lo scopo della proposta: “Fornire al Cantone gli strumenti istituzionali necessari per far fronte al peggioramento delle condizioni di lavoro in una regione di frontiera come la nostra. A chi si chiede se questa misura sia necessaria, rispondo che la situazione di degrado a cui è arrivato il nostro mercato del lavoro non lascia spazio a dubbi: sì, il nostro cantone ha bisogno di uno statuto speciale”.
“I dati statistici (fonti Ufs e Ustat) - argomenta il Professore - parlano chiaro: in Ticino i salari sono tuttora inferiori del 14,1% rispetto alla mediana nazionale, e la percentuale di impieghi a basso salario ha continuato ad aumentare, attestandosi a un allarmante 24,7%, il doppio rispetto alla media svizzera. Non per niente, gli ultimi dati mostrano che il tasso di rischio di povertà nel nostro cantone è arrivato al 31% (contro il 17,3% a livello nazionale): con il quadro istituzionale esistente, una persone su tre in Ticino è a rischio di povertà”.
“A questa situazione - scrive ancora Cavalli nel suo intervento sulla Regione - ha contribuito senz’altro anche l’introduzione della libera circolazione, che ha apportato una pressione considerevole sul nostro mercato del lavoro. Tuttavia, contrariamente a quanto vogliono farci credere le sirene “primanostriste” della destra nazionalpopulista, l’origine dei problemi del nostro mercato del lavoro non è da ricercare nell’introduzione della libera circolazione: quest’ultima ha piuttosto accelerato un processo di disgregazione cominciato con le politiche turboliberiste di Marina Masoni, poi continuate dai suoi epigoni. Non per niente, il 29% delle sanzioni per violazioni delle misure di accompagnamento emesse in tutta la Svizzera viene proprio dal nostro cantone. Lo statuto speciale dovrebbe quindi fornire al Ticino gli strumenti istituzionali necessari per regolamentare il nostro selvaggio mercato del lavoro. Degli strumenti che forse sarebbero superflui in altri cantoni, ma che sono più che mai urgenti per un’economia confrontata alla pressione del bacino di lavoratori a basso costo della vicina Lombardia”.
“I partiti del governo cantonale e più in generale la nostra classe politica e i settori più irresponsabili del padronato - conclude l’oncologo - hanno ampiamente dimostrato di non essere in grado di gestire questa crisi del mercato del lavoro. Anzi, peggio: hanno dimostrato di non averne la volontà, per esempio mettendo i bastoni tra le ruote al salario minimo dignitoso approvato dal popolo nell’ormai lontano 2015.(…) Non resta che sperare che il Gran Consiglio si mostri più compatto di quando votò sulla prima iniziativa dei Verdi – allora Plr e Ppd vi si opposero, in un gesto premonitore dell’attuale inciucio cadregaro – e che le camere federali si mostrino meno sorde ai problemi del nostro cantone”.