Lo scrittore italiano Giuseppe Genna si lascia andare su facebook in un post che definire offensivo è un eufemismo e se la prende con gli svizzeri, la Svizzera e ogni cosa immaginabile riferita alla Confederazione
MILANO – “Non esiste al mondo un popolo odioso, inutilissimo all'umano progresso delle arti e delle scienze e delle tecniche, come quello elvetico o svizzero che dire si voglia.” Esordisce così lo scrittore italiano Giuseppe Genna nel suo post al vetriolo su facebook. Uno scritto e un commento dopo le votazioni di domenica di rara volgarità, che per chiare ragioni non pubblichiamo interamente, con l’intento di offendere tutto quello che riguarda la Svizzera, storia compresa.
Giuseppe Genna è uno scrittore italiano nato nel 1969, negli anni ha pubblicato diversi romanzi e opere per importanti case editrici come Rizzoli e Mondadori ed è inoltre molto attivo sul web come blogger e fondatore e curatore di siti di alcuni editori (fonte wikipedia).
Il post che lascia senza parole
L' "intellettuale” milanese regala perle offensive e dal suo scranno se la prende con qualsiasi cosa, partendo proprio dall’esito della votazione sull’iniziativa UDC: “Sul primo quesito, ovviamente gli svizzeri si sono pronunciati per le quote: essi vigilano i loro preziosi confini! Genialmente onomatopeuti quanto ontologicamente ambigui, questi comunardi del franco svizzero e della speculazione sui denti d'oro dei morti nelle camere a gas naziste militeranno inflessibili su quelle zone a cui hanno voluto irrazionalmente dare il nome di "cantoni", proprio come il gioco dei quattro cantoni, visto che la Svizzera è grande come l'area che serve per giocare a "Mondo", a "Un due tre, stella!", a "Palla prigioniera". Sì! Il loro mondo è così, proprio come quello dei giochi dei bambini, a cui siano tolti però l'innocenza, il divertimento, il piacere e il gioco stesso” e ci fermiamo qui, perché il seguito non è pubblicabile.
Un letterato che sicuramente non conosce a fondo la Svizzera, visto il grossolano errore nel quale incappa parlando di cantoni: “I cittadini elvetici manterranno etnicamente puliti i Grigioni, la Sciaffusia, la Turgovia, l'Argovia - nomi autentici di questi cantoni.”
Si passa poi agli attacchi etnografici, linguistici e storici (per non farsi mancare nulla): “Essi balbettano un tedesco valligiano roboante tanto quanto i campanacci delle mucche d'alpeggio ben tornite che usano come arredo urbano di quel fazzoletto di terra e di erba sempre rasata che sarebbe la loro nazione. Biascicano un francese che fa ridere i francesi, come se uno volesse recitare Baudelaire masticando della raclette. Ordiscono un italiano colorito sì, ma solo di marrone color letame e legno per parquet, enfiando il peggio del varesotto e combinandolo con tutto l'orrore che i luoghi lacustri hanno prodotto e produrranno sempre nella storia dell'uomo. Capaci di tanto ardore dialettale, più che dialettico, le popolazioni elvetiche hanno inciso nella vicenda universale con imprescindibili scoperte: gli orologi, il cioccolato e l'usura. Il loro contributo all'umanismo universale si limita all'esistenza leggendaria di un cretino che spara una freccia con una balestra contro una mela che ha messo sul capo del figlioletto, dal che si desume che sono esistite delle balestre svizzere, delle pedagogie montessoriane svizzere e degli alberi di melo svizzero.”
Arriva in seguito uno degli affondi finali (ne riportiamo uno soltanto, dovrebbe bastare): “La comunità elvetica emette antipatia e noia esistenziale come radon.
Se non fosse per l'emigrazione, dei capitali finanziari e dei capitali umani, la Svizzera non esisterebbe. Invece da sempre offre di sé l'immagine di un posto lindo e mengeleano, intonso e intossicato, come una Brianza al quadrato, il che equivale a un Texas alla quadrupla. Hanno speculato sugli orrori, sulla morte, sugli sterminii. Non producono un c…o a parte il gruviera, non hanno una materia prima a parte l'ignoranza per l'umanistico, non fanno mercato se non rionale. Non danno niente e succhiano tutto.”
Non poteva mancare poi l’augurio finale, un’ invasione di profughi nella Confederazione auspicata al più presto dallo scrittore: “Spero che, fottendosene delle quote immigrazione, l'Alto Volta e i due Sudan decidano di invadere e pacificamente occupare questo fazzoletto alpigiano dedito al gran nocciolato e ai dobloni.”
red