Se il Ticino continuerà ad eleggere un senatore di centrodestra e uno di centrosinistra, Chiesa e Farinelli in pole. Ma occhio a Regazzi....
di Andrea Leoni
I ticinesi, almeno negli ultimi decenni, hanno eletto un senatore di centrodestra e uno di centrosinistra. Con accento variabile. Nel senso che quello di Dick Marti timbrava più la parte gauche, mentre quello di Fabio Abate più il centro. E lo stesso Filippo Lombardi era partito con l’etichetta di Berlusca ticinese, con un forte appoggio leghista, per poi via via diventare sempre più centrista e meno di destra. Quattro anni fa, invece, con l’elezione di Marco Chiesa e Marina Carobbio, venne cancellato il prefisso centro, e il Ticino scelse per la prima volta un senatore di destra e una senatrice di sinistra (primato nel primato: la prima donna ticinese alla Camera Alta). Un fatto certamente storico, con il PLR ticinese per la prima volta escluso dalla sala nobile del Parlamento, ma che nella sostanza confermava l’impostazione di un seggio conservatore e uno progressista.
Pur nella volatilità elettorale dei giorni nostri, che consegna il consenso dei partiti alle burrasche della cronaca e brucia leader come cerini, le previsioni sulla partita in corsa per gli Stati, debbono pur partire da qualche appiglio consolidato. Non è scritto nella pietra, ma è ipotizzabile che l’elettorato di centrosinistra e quello di centrodestra, abbiano conservato la forza per eleggere un proprio rappresentante al Senato. Veniamo ai due campi allora.
Come candidato forte di centrosinistra viene percepito Alex Farinelli. Ma lo è davvero? Diciamo che i partiti che popolano quella galassia non stanno facendo nulla per mettere in dubbio questa percezioni. Argomenti ce ne sarebbero, considerate le posizioni assunte da Farinelli ad esempio in ambito di politica sociale e finanziaria, ma per il momento prevale di gran lunga il profilo dell’Alex progressista, in prima fila per i diritti civili e la politica green. Farinelli è il classico cavallo di razza: è preparato, buca il video e ha quell’aria da bravo ragazzo della porta accanto a cui affideresti le chiavi di casa o inviteresti a un pranzo in famiglia con le nonne. Pur essendo a Berna da una sola legislatura, sembra già un veterano. Ha esperienza nei tre livelli istituzionali. Ultimamente, forse, ha schiacciato un po’ troppo occhiolino a sinistra, perdendo qualche simpatia in casa sua. Queste condizioni di partenza sembrano avergli spalancato un’autostrada verso il Senato. Bruno Storni e Greta Gysin non paiono al momento avere la forza per rallentarlo o forse neppure ci credono. Attenzione a Gysin però: l’esponente dei Verdi viene quasi più percepita come candidata per gli Stati che per il Nazionale (arma a doppio taglio…). Se dovesse aver successo al primo turno, conservando il seggio al Nazionale, al ballottaggio potrebbero aprirsi nuove dinamiche.
Più combattuta appare la situazione nel campo del centrodestra. Marco Chiesa parte sicuramente favorito nel suo ruolo di uscente. Al senatore democentrista, nella legislatura che va spegnendosi, non si possono imputare errori potenzialmente letali per una rielezione. Il caso fiduciaria, al momento, ha avuto l’effetto di un petardo bagnato. La presidenza del partito nazionale gli ha dato prestigio credibilità, ma gli ha tolto una certa trasversalità e quel tocco di moderazione che ne ha sempre contraddistinto il profilo. Si dice che non riceverà sostegno da una parte dell’elettorato leghista, a causa delle ruggini emerse durante l’ultima campagna elettorale. Però Chiesa resta un politico estremamente popolare in Ticino, con mille addentellati nella società civile e un’empatia non comune che gli spiana la strada nei contatti con le persone.
La presenza di Fabio Regazzi, tuttavia, è insidiosa. Intanto perché è indiscutibilmente un profilo di centrodestra e dunque fornisce un’alternativa credibile all’elettorato. Dopo 12 anni al Nazionale si è costruito una reputazione solida e apprezzata anche dagli avversari. Tutti gli riconoscono schiettezza e serietà. È locarnese ma con ottime entrature a Lugano e nel Luganese, che è casa di Marco Chiesa. Il legame stretto con il mondo dell’economia, in Ticino può essergli dannoso nell’elettorato più squisitamente sovranista oltre, ovviamente, in quello progressista.
Però, la buttiamo là, se il primo turno dovesse confermarlo in partita, potrebbe scattare un meccanismo machiavellico in una parte dell’elettorato. Qualcuno, anche nell’area di centrosinistra, potrebbe decidere di turarsi il naso e votarlo con la seconda crocetta. Il bottino, infatti, sarebbe ricco: far fuori in un sol colpo un protagonista della politica federale come Marco Chiesa e al contempo il presidente dell’UDC, ridimensionando in questo modo una vittoria, quella democentrista, che tutti i sondaggi pronosticano a livello nazionale.
Solo fantapolitica?