I fattori favorevoli e sfavorevoli per il candidato del Centro in vista del ballottaggio per il Consiglio degli Stati
di Andrea Leoni
Il centrodestra ha un sogno: eleggere Marco Chiesa e Fabio Regazzi al Consiglio degli Stati. Un sogno che alla vigilia delle elezioni sembrava proibito e che invece dopo il primo turno è diventato possibile. Un cambio di paradigma dovuto alla super votazione di Marco Chiesa, che ha sostanzialmente blindato il seggio, all’ottimo risultato di Fabio Regazzi e a quello negativo di Alex Farinelli.
Il candidato del Centro ha condotto una campagna da vero outsider, come lui stesso si è definito, lottando con determinazione, ma a fari spenti. Un po’ come quelle squadre di calcio, non considerate favorite, che alla volata delle ultime giornate di campionato si ritrovano in lotta per il titolo. Ora non può più nascondersi.
Il vantaggio da Alex Farinelli - 1’500 voti - è irrilevante ai fini della vittoria finale, ma è un accredito fondamentale nella corsa al ballottaggio: è pienamente in lotta e può farcela. Ed è un'iniezione di ottimismo. Se nei giorni post voto in casa liberale radicale si percepiva disorientamento e preoccupazione, nel Centro si toccava con mano entusiasmo e grinta a palla. E questo conta.
Come già fatto per il candidato PLR (leggi qui), cerchiamo ora di analizzare i fattori favorevoli e sfavorevoli che troverà Regazzi da qui al 19 novembre.
Non sappiamo valutarne il peso elettorale, ma Fabio Regazzi, è il candidato con maggiore esperienza politica e parlamentare. Sedici anni in Gran Consiglio, dodici in Consiglio Nazionale, oltre a decennale esperienza in Consiglio Comunale a Gordola. Conosce in profondità i vari livelli istituzionali e ha fatto tanta gavetta. Abbiamo seguito buona parte della sua carriera politica e ne abbiamo visto l’evoluzione: da combattivo e intransigente parlamentare ticinese, a scafato pontiere bernese. Quel che ha ottenuto se l’è guadagnato sul campo, legislatura dopo legislatura, con qualche sbandata e diversi traguardi raggiunti.
In linea teorica, nel suo partito, non dovrebbe avere particolari difficoltà a far passare il messaggio di non disperdere crocette verso il principale competitor. La sua elezioni agli Stati porterebbe automaticamente Giorgio Fonio al Nazionale, con piena soddisfazione dell’ala sociale e sindacale del Centro ( e forse non solo). Ha una contropartita concreta da offrire a quel centrosinistra di cui è sempre stato fiero avversario. Lo stesso dicasi del Mendrisiotto, che brama un rappresentante a Berna per le sue mille rivendicazioni, dopo aver perso Roberta Pantani e Marco Romano. Questa però è l’unica carta da offrire al Mondo progressista, che per il resto gli è ostile e lo considera l’incarnazione del padronato. E questa, per alcuni progressisti, potrebbe essere una motivazione sufficiente per cedere in tentazione e tentare di sbarrargli strada con Farinelli.
La carta Fonio va giocata cum grano salis. Gran parte dell’elettorato leghista e UDC dovrebbe essere naturalmente portato a spendere la seconda crocetta per Regazzi. E a farlo senza turarsi troppo il naso (a differenza di ciò che accade nell’affollata area di centrosinistra con Farinelli, Gysin e Mirante). Fatta salva la questione dei rapporti con l’UE e del frontalierato, dove restano chiare e nette le divergenze, il candidato del Centro è infatti un porto sicuro per l’elettorato di centrodestra. Regazzi è un politico all’antica, e ce ne sono sempre meno, che sui temi chiave sai sempre dove sta di casa, caratteristica che lo fa apprezzare anche dagli avversari. Giusto o sbagliato che sia, non è tipo da spiazzare (o da scazzare) i suoi elettori con posizioni esotiche, a costo di andare contro il suo partito, vedi ecotasse. Quello stesso elettorato di centrodestra, però, potrebbe arricciare il naso all’idea di spedire al Nazionale il sindacalista Fonio, praticamente un socialista per chi tifa Lega o UDC. È un equilibrio sottile.
Questo filo si intreccia con un altro elemento decisivo per la candidatura di Regazzi: il PLR. L’ala destra ed economica del partito lo considera “uno dei nostri”, dai tempi di Marina Masoni. Per le posizioni politiche, certo, ma soprattutto perché è un imprenditore che, tra l’altro, ha presieduto l’AITI e oggi presiede l’USAM. Però lo sfidante è Alex Farinelli, piellerre doc, che dirige un’altra associazione economica: la società impresari e costruttori. Quale ragione prevarrà in questo groviglio: la ragion di partito o quella d’impresa? Se il PLR dovesse mancare l’obbiettivo degli Stati, sprofonderebbe di nuovo in una crisi nera, con la presidenza Speziali fortemente a rischio. Al contrario l’elezione di Farinelli consegnerebbe al partito una vittoria prestigiosa, dopo anni di sconfitte storiche, consentendo al partito e ai suoi vertici un rilancio importante.
Se pensi al mondo economico pensi a Lugano e al Luganese, la più popolosa Città del Cantone e il più popoloso distretto. Decisivi per forza sull’esito della contesa. Pur avendo entrature significative sul territorio bagnato dal Ceresio - comprese quelle sportive, HCL e SAM Massagno - il locarnese Regazzi non parte certo favorito rispetto al luganese Farinelli, sindaco di Comano. L’elezione del candidato PLR porterebbe tra l’altro alla Città e al distretto un’altra deputata, Alessandra Gianella. Dovrà combattere voto su voto, per contenere il distacco che già c’è stato al primo turno. Terra molto ostica sarà anche il bellinzonese, dove ha dominato il neo eletto Simone Gianini, che certamente sarà impegnato in prima linea a tirare la volata a Farinelli, magari convincendo qualche socialdemocratico a sporcare la scheda.
Un altro grosso punto interrogativo, sulla strada che separa Regazzi dagli Stati, riguarda il margine di crescita. Farinelli, sulla carta, ne ha certamente di più. Storicamente il Ticino, negli ultimi decenni, ha sempre eletto alla Camera Alta un rappresentante di centrodestra e uno di centrosinistra. Il centrodestra, complici anche le divisioni nell’area avversaria, riuscirà davvero ad avere i numeri per eleggerne due?
La sensazione è che tra Farinelli e Regazzi sarà tiratissima.