Mossa clamorosa dell'istituto fondato da Tiziano Moccetti che si appella al Governo e all'Esecutivo luganese per superare il conflitto in atto con l'Ente ospedaliero: "Aiutateci a garantire il mantenimento e lo sviluppo del Cardiocentro che tutti conosciamo"
Un’impasse che ha prodotto una mossa clamorosa da parte della Fondazione dell’istituto che ha deciso di rivolgersi direttamente sia al Consiglio di Stato che al Municipio di Lugano. Al Governo il Cardiocentro chiede di fare da mediatore nella vertenza, all’Esecutivo luganese, sostegno nella disputa, da discutere in un prossimo incontro.
Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma, in quanto, leggendo in controluce la svolta, è facile comprendere come il Cardio voglia allargare, e dunque modificare, la strategia del negoziato, chiamando al tavolo nuovi interlocutori. In particolare l’Esecutivo cantonale che, come sappiamo, è il vero banco che distribuisce le carte, ovvero i mandati di prestazione, in ambito sanitario. Oltre ad essere la massima autorità politica, con il potere dunque di modificare le linee guida e di far pesare la propria opinione.
Tutte queste importanti novità emergono da tre lettere, firmate da Giorgio Giudici e da Tiziano Moccetti, inviate negli scorsi giorni. Tra i destinatari, oltre ai ministri e ai municipali luganesi, ci sono anche i vertici dell’EOC.
Ma andiamo con ordine. Per capire bene gli sviluppi della vicenda bisogna tornare a dove ci eravamo lasciati. Il negoziato tra il Cardiocentro e l’Ente sembrava aver trovato un impulso positivo, dopo che un rapporto medico stilato da un gruppo misto di professori dell’EOC e dell’ospedale del cuore aveva stilato, all’unanimità, un rapporto che indicava una via precisa: la creazione di un istituto indipendente sia dal profilo clinico che amministrativo. Questo dal 2020 quando, secondo accordi presi una ventina di anni fa, l’attuale Fondazione dovrà sciogliersi e il Cardiocentro finire sotto il cappello dell’Ente.
A fronte di questa presa di posizione, come detto, tutto sembrava volgere al bello. Ma, come sempre in questi casi, la traduzione delle parole in fatti, ha provocato le premesse per il conflitto in corso.
In soldoni: cosa significa nella pratica autonomia medica e amministrativa? Su questo punto le posizioni dei due attori divergono pesantemente. Per l'Ente, come dichiarò il presidente Paolo Sanvido al termine di un incontro con il Municipio di Lugano sulla questione, l’indipendenza gestionale non significa indipendenza finanziaria. Il Cardio, dal canto suo, ritiene che l’autonomia nel gestire la cassa, sia un punto imprescindibile per poter continuare la sua missione di successo. E poi c’è il discorso legato alla governance? Chi comanderà in futuro? A chi spetterà l’ultima parola sulle decisioni più importanti?
Gli accenti della tensione tra le parti emergono in maniera chiara dalla lettera che Giudici e Moccetti hanno indirizzato all’EOC, con copia al Consiglio di Stato e al Municipio di Lugano. Lo scritto risponde a una precedente missiva dell’Ente, giudicata preoccupante e inaccettabile nei contenuti. Tanto da portare il presidente della Fondazione e il fondatore del Cardiocentro a scrivere di essere costretti “a verificare altre strade per arrivare ad una soluzione che, almeno quanto voi, non intendiamo procrastinare ulteriormente”. E la soluzione è proprio quella di rivolgersi al Consiglio di Stato.
Giudici e Moccetti ribadiscono la loro adesione a quanto proposto dal gruppo medico dei professori e sottolineano l’importanza di salvaguardare un modello vincente, quello del Cardiocentro, che nel corso di 19 anni di vita ha aiutato numerosi pazienti ticinesi, e le loro famiglie, che prima della nascita dell’istituto erano costretti a recarsi oltre Gottardo per farsi curare. Ma, qua e là, seminati nella lettera, spuntano anche parole e considerazioni cariche di amarezza e di preoccupazione per l’atteggiamento della controparte. Si parla, ad esempio, di “improvvisa rigidità” da parte dell’Ente sulle questioni formali e sulle scadenze, di una disponibilità e di una trasparenza non ricambiata, tale da tradire “la nostra fiducia”.
Nelle conclusioni dello scritto inviato all’Ente, il Cardiocentro è molto chiaro nell’esporre la propria posizione: “Nella preoccupazione di poter assicurare anche in futuro la continuità della nostra filosofia aziendale, la Fondazione, nell’ambito di una transizione progressiva all’interno dell’EOC (principio questo più volte ribadito nella missiva e mai messo in discussione, ndr.), è disposta a partecipare a una trattativa basta su una giusta collaborazione, che non si limiti alle scadenze di atti formali nei quali non è possibile intravedere un processo propositivo votato a una buona soluzione nel futuro del Cardiocentro”.
Di qui la decisione di rivolgersi direttamente al Governo, chiedendogli di mediare per “garantire al nostro Cantone il mantenimento e lo sviluppo del Cardiocentro che tutti conosciamo”.
E in questo passaggio finale dello scritto inviato all’Ente, c’è tutto il nocciolo della questione: ovvero la preoccupazione, le incognite e le incertezze che gravano sul futuro di un istituto, oggi considerato al top a livello internazionale e apprezzato da tutti i ticinesi. La domanda di fondo è quindi sempre la stessa: perché stravolgere un centro e un modello che funzionano?
AELLE