MEDICI IN PRIMA LINEA
Franco Denti: “Uno statuto per i diritti degli anziani”
Il presidente OMCT: ripensare l’assetto legale che disciplina l’organizzazione degli istituti di cura e dei servizi di assistenza a domicilio, per rendere efficaci i diritti costituzionali dei pazienti

di Franco Denti *

Chi mi conosce sa quanto abbia a cuore la tutela delle persone vulnerabili nel sistema sociosanitario ticinese e in particolare delle persone anziane. A questo tema ho dedicato molta passione e attività ordinistica per cercare di migliorare la presa a carico stazionaria e ambulatoriale dei nostri cittadini anziani e rendere le case anziani un posto più sicuro e confortevole.

Nel 2015 l’Ordine dei Medici (OMCT) ha promosso il primo incontro con la procuratrice pubblica responsabile dei procedimenti contro gli autori di maltrattamenti nelle case per anziani. Lo scopo dell’incontro, a cui era presente anche il rappresentante della Sezione Reati contro l’integrità personale (RIP) della Polizia cantonale, era di valutare le strategie per far emergere maggiormente determinati abusi sui residenti e di come prevenirli.

Non senza difficoltà di origine culturale e politica, nell’ormai lontano 2017, abbiamo organizzato un pomeriggio di riflessione sulle case per anziani al quale hanno partecipato i direttori sanitari e amministrativi delle strutture ticinesi, le competenti autorità di perseguimento penale, nonché i rappresentanti dell’Ufficio del medico cantonale. L’evento in questione è stato un successo in termini di partecipazione e ha sicuramente contribuito a ulteriormente sensibilizzare le Autorità di vigilanza e i responsabili delle strutture sulle difficoltà che si possono riscontrare nel far emergere potenziali abusi, ma anche a riconoscerne le diverse forme, non sempre facili da identificare.

Questi eventi hanno permesso all’OMCT di conoscere più da vicino e di sviluppare il concetto di “bientraitance”, confrontarlo con i principi etici della nostra professione e con i diritti fondamentali dei pazienti garantiti dalla Costituzione svizzera. L’autodeterminazione del paziente, la protezione della personalità, la sicurezza personale e delle cure devono essere un paradigma per la presa a carico del paziente anziano sia al domicilio sia residente in un istituto di cure. Sono lieto che questi concetti siano stati ulteriormente approfonditi e affinati dal Dipartimento della sanità e della socialità nell’ambito dell’allestimento del messaggio governativo sulla pianificazione integrata degli anziani e delle cure domiciliari.

Il concetto di “bientraitance”, elaborato nel 2008 dall’Agenzia Nazionale francese per la valutazione della qualità degli istituti socio-sanitari ANESM e ripreso nella guida emessa nel 2012 della Haute Autorité de la Santé, destinata a tutti professionisti francesi attivi negli stabilimenti socio-sanitari, la definisce in modo più specifico come “una maniera di essere, di agire e di parlare, con la preoccupazione dell’altro, reattiva ai suoi bisogni e alle sue richieste, nel rispetto delle sue scelte e dei suoi rifiuti”. 

Secondo noi, essa, deve giustamente costituire il perno attorno al quale costruire ogni impalcatura, ma non deve essere il risultato empirico di un processo basato su paradigmi qualitativi ed economici, bensì la conclusione di una valutazione che parte dalla definizione dettagliata dello statuto giuridico dell’anziano e dall’elencazione delle limitazioni eventualmente ammissibili, definita assieme a delle autorità giudiziarie competenti in materia. Le attuali leggi settoriali che regolamentano i settori di cura agli anziani (segnatamente la legge cantonale sugli anziani, LAnz; e la legge cantonale sull’assistenza e cura a domicilio, LACD), contengono esclusivamente disposizioni di tipo economico; esse non offrono purtroppo delle soluzioni legali e procedurali in grado di rendere effettivi e giustiziabili i diritti degli anziani.

Essi, infatti, di fronte a una situazione di privazione o limitazione dei loro diritti costituzionali, non hanno garantito un accesso semplice e immediato a un’autorità giudiziaria (come avviene invece per i pazienti psichiatrici in base alla LASP), che valuti con pieno potere di cognizione il rispetto dei diritti costituzionali; essi possono attualmente segnalare la situazione alla Commissione cantonale di vigilanza sanitaria (CVSan), che è un’istanza amministrativa, di supporto a quella politica; e che non è né strutturata né organizzata per dare risposte tempestive in un caso di presunta violazione dei diritti umani di una persona anziana.

Legalmente poi, quest’ultima autorità non rappresenta un’istanza giudiziaria a tutti gli effetti, in grado di garantire l’imparzialità e l’indipendenza richiesti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Possono inoltre rivolgersi alle Autorità cantonali di protezione, le quali recentemente hanno però espresso dei dubbi circa la loro competenza materiale per giudicare queste fattispecie.

Sappiamo che aumentano i casi di “ricovero coatto” proposti da famigliari che non raramente si trovano in conflitto d’interesse con il parente anziano; e sappiamo anche che oggi come oggi il paziente anziano che subisce un ricovero “pseudovolontario” non è adeguatamente sostenuto nelle sue difficoltà e non ha accesso a un’autorità giudiziaria che valuti la misura dal profilo dei diritti costituzionali. Lo stesso vale per un paziente o un residente in casa anziani che viene limitato da direttive interne dell’istituto, per es. nella sua libertà di movimento, di opinione e d’informazione, o anche artistica.

Secondo l’OMCT occorre intervenire sull’impianto legale per dare agli anziani ciò che oggi è già norma per i detenuti e per i malati psichiatrici: la limitazione delle libertà personali deve essere precisata in un quadro giuridico chiaro che riconosca e definisca concretamente i diritti fondamentali, precisi le possibilità e le condizioni di una limitazione e garantisca un controllo veloce ed efficace di tali restrizioni da parte di un’autorità superiore giudiziaria indipendente e imparziale. Dobbiamo essere consapevoli che i nostri sforzi, in quanto direttori sanitari e medici curanti, e gli sforzi di tutti gli attori che lavorano per il bene degli anziani ticinesi sono destinati a fallire se non si ripensa radicalmente l’assetto legale che disciplina l’organizzazione delle strutture per anziani e dei servizi di cura al domicilio, dotandolo delle codifiche necessarie a rendere efficaci e, come dicono i giuristi, “giustiziabili” i diritti costituzionali degli anziani. 

L’attuale “anomia”, termine che giuridicamente significa “assenza della legge”, ma che anche in medicina ha un significato altrettanto pertinente alla situazione in esame, in quanto “tipo di afasia per cui il paziente riconosce gli oggetti, ma non sa definirli o chiamarli con il loro nome”, crea una situazione di precarietà su cui non è possibile costruire e promuovere la cultura della bientraitance

e le strategie di qualità a favore dei residenti. La storia insegna come, grazie alla legge sociopsichiatrica cantonale (LASP), che negli anni ‘80 ha declinato in una legge formale i diritti dei pazienti psichiatrici e creato uno specifico Tribunale di prossimità interdisciplinare con sede in ospedale, completato in seguito da un opportuno sistema di sostegno ai pazienti (servizio affidato a Pro Mente Sana) che in modo completamente indipendente dalla Direzione medica e amministrativa, offre mediazione e consulenza ai pazienti, fino ad accompagnarli al ricorso all’autorità giudiziaria, si sia arrivati man mano all’abolizione della contenzione negli istituti psichiatrici ticinesi, in quanto trattamento che è stato dichiarato contrario all’art. 3 della CEDU.

Prima di questa svolta la contenzione era una prassi incontestata in tutti gli istituti e cliniche psichiatriche: si contavano in Ticino più di 300 contenzioni all’anno senza che nessuno si interrogasse sulla legittimità di questo strumento limitativo della libertà individuale e senza che nessun paziente sapesse riconoscere il suo diritto ad opporvisi.

Dal profilo giuridico dell’effettività dei diritti, gli anziani si ritrovano oggi nella stessa situazione inaccettabile in cui si trovavano i pazienti psichiatrici prima del 1980 e per cui le Autorità cantonali e federali si sono recentemente scusate ufficialmente. Il mio invito è di fare tesoro dell’esperienza maturata nell’ambito della legge sociopsichiatrica ticinese e di provvedere quanto prima a garantire agli anziani, soprattutto quelli che vivono in strutture stazionarie, l’effettività dei loro diritti, attraverso la definizione nella legge sugli anziani e nella legge sull’assistenza e cura a domicilio di loro uno statuto giuridico, che declini i diritti costituzionali che gli vengono riconosciuti e le condizioni alle quali è possibile una limitazione degli stessi in base al principio della proporzionalità. In seguito, occorre garantire un’autorità di ricorso provvista di pieno potere d’esame, che possa annullare ogni atto lesivo dei diritti dei pazienti.

Stante infine la condizione di impotenza delle persone anziane occorre anche prevedere un sistema di sostegno (“Whistleblowing”), che sia indipendente dalla Direzione amministrativa e sanitaria, ma anche dall’Autorità di vigilanza cantonale, onde evitare ogni qualsiasi potenziale situazione di conflitto di interessi. L’apparato di sostegno dovrà essere attivo non solo negli istituti stazionari, ma anche nelle cure domiciliari.

In conclusione, la pianificazione integrata del settore anziani e cure domiciliari dovrà tenere conto delle implicazioni economiche del nuovo quadro legale e del cambiamento di paradigma che esso promuove, ossia un sistema sociosanitario dove il “budget” va paramentrato in base ai diritti umani e non viceversa!

* Presidente dell’Ordine dei Medici OMCT

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