Il Presidente OMCT richiama l’attenzione sull’urgenza di ripensare le condizioni di lavoro dei medici negli ospedali, a favore della qualità delle cure prestate
“Nella mia attività di Presidente OMCT, ma anche come medico, ricevo regolarmente testimonianze da parte di colleghi, pazienti, famigliari di pazienti che mi raccontano le loro esperienze con il sistema sanitario ticinese, in particolare presso cliniche, ospedali e case per anziani”.
Esordisce così il dottor Franco Denti nel suo ultimo editoriale su “Tribuna Medica”, nel quale esamina le cause all’origine del diffuso stato di insoddisfazione di medici ed infermieri riguardo alle condizioni di lavoro. Il problema cruciale del sistema sanitario ospedaliero odierno, secondo il dottor Denti, va oltre alla carenza di personale curante e alla necessità di investire nella formazione di operatori sanitari.
Negli ospedali e nelle cliniche si riscontrano grosse difficoltà a coprire i turni e i reparti a causa delle numerose assenze per malattia o isolamento da Covid19: sicuramente la pandemia ha avuto pesanti ripercussioni sulle condizioni di salute psicofisica del personale di cura, ma il Covid-19 ha solo enfatizzato una situazione problematica e precaria, che di fatto esiste da anni e che necessita con urgenza un ripensamento della metodologia di lavoro negli istituti di cura.
“Anche in tempi non pandemici, queste difficoltà erano già presenti, e spesso bastava un’assenza per maternità, infortunio o malattia per mettere in ginocchio un reparto – afferma Denti -. Nel nostro mondo indaffarato e complesso, si parla sempre più di costi sanitari e di sistemi di sviluppo della qualità delle cure, ma quasi mai della soddisfazione dei curanti verso le condizioni di lavoro all’interno degli istituti ospedalieri. Si tratta di un pessimo punto di partenza, se si ambisce ad aumentare la qualità delle cure, perché si trascura il fatto che le condizioni di lavoro del personale curante abbiano un legame indissolubile con la qualità delle cure prestate e la soddisfazione dei pazienti”.
E ancora, prosegue Denti: “Chi è stato ricoverato avrà notato quanto sia difficile stabilire un rapporto un minimo continuativo con i curanti e trovare la persona da cui avere informazioni sul proprio stato di salute o su quello di un famigliare, e quante volte bisogna fornire informazioni già date e archiviate, con evidente perdita di tempo. Sono tutti indaffarati davanti agli ormai immancabili computer. Secondo dati del CHUV, il Centre Hospitalier Universitaire Vaudois, i giovani curanti passano circa la metà del loro tempo davanti a quelle macchine. Ciò significa che per avere un curante ‘effettivo’ ne occorrono due”.
Il dottor Denti parla di “medicina difensiva”: negli ospedali oggi bisogna sobbarcarsi una burocrazia invadente per difendersi da eventuali contestazioni (cause civili e/o penali) da parte di pazienti insoddisfatti per i più diversi motivi. Basti pensare che nel 2020 la percentuale del personale amministrativo è cresciuta del 5,5%, quella di chi cura, in media, di poco più del 3,5%.
“La parcellizzazione dei compiti, pensata per poter risalire al responsabile di disguidi più o meno gravi (dal dispensare un medicamento invece di un altro all’amputare la gamba sbagliata) ha portato di fatto a deresponsabilizzazione e oscurità, come mostrano la complessità e lunghezza dei procedimenti penali e civili. In conclusione, credo che occorra affrontare il problema riorganizzando su nuove basi il lavoro negli istituti sanitari”.
In un sistema sanitario sempre più complesso, la burocrazia è diventata oltremodo gravosa e allontana il medico dal suo compito primario, la cura del paziente. “Il medico non chiede di meglio di potersi occupare dei suoi pazienti – afferma il dottor Denti – alleviando le loro sofferenze e se possibile, ripristinando un buono stato di salute generale: questa relazione è stata il primo impulso a farlo innamorare della sua professione. Il medico desidera esattamente la stessa cosa del suo paziente: avere tempo da dedicargli, perché è proprio il contatto umano che lo motiva ad affrontare le difficoltà della sua professione”.
E proprio da questo presupposto, secondo Denti, deve partire il cambiamento culturale nella gestione delle cure ospedaliere. Un cambiamento che deve essere attento alle attuali esigenze del personale curante, mutate radicalmente anche a fronte al crescente numero di donne medico, e che necessita di un censimento capillare, non solo di quanti sono (e quanti si vuole pianificare che siano in futuro, incentivandone il numero) i medici a disposizione, ma che riguardi anche il loro grado di occupazione”.
Questa attività, affidata dal Cantone nelle mani dell’OMCT, diventerà sempre più importante per la pianificazione sanitaria del futuro: l’ottimizzazione delle risorse, la garanzia di un migliore stile di vita per i medici, perché quanto più il medico è stressato, tanto peggio lavora.
“Occorre promuovere condizioni lavorative che favoriscano e aiutino a ritrovare il piacere di fare il medico e l’infermiere - afferma Denti -. Turni di lavoro meno opprimenti e stressanti, flessibilità e condizioni di lavoro (part-time e jobsharing) che permettano di integrare gli impegni famigliari ed extra famigliari, formazione continua di qualità, stipendi adeguati, misure a favore della maternità e, soprattutto, un’organizzazione del lavoro, che riconosca ai curanti il tempo necessario da trascorrere accanto al letto del paziente”.
Disporre di personale a sufficienza, ben formato e organizzato, di direzioni amministrative e sanitarie attente e sensibili alle problematiche del personale medico-infermieristico, oltre che coscienti della diretta correlazione tra le condizioni di lavoro e la qualità delle cure prestate, è fondamentale per poter impostare delle nuove e più attrattive condizioni di lavoro negli ospedali e bloccare le “uscite premature” dal sistema sanitario di professionisti logorati e non sufficientemente realizzati nella professione.
“Da anni - conclude il presidente dell'Ordine - mi batto per una medicina più attenta a curare, dedita all’ascolto del paziente e dei suoi famigliari; ma il personale sanitario oggi non ha purtroppo le risorse per potersi occupare della parte più fondamentale del suo mestiere; ed è responsabilità di tutti noi, della politica, dell’economia, delle imprese, fare in modo che la vocazione, il desiderio e il piacere per il lavoro che si sta svolgendo a favore del prossimo, possa riaccendersi e non essere subito come un peso”.