A dirlo è Frédéric Van der Planken, manager belga del centro commerciale che aggiunge: "Oggi non consiglierei a nessuno di investire in Ticino"
CHIASSO - Il Movimento per il socialismo e il sidnacato UNIA con le loro iniziative contro il lavoro domenicale "criminalizzano una realtà che ha portato 160 posti di lavoro e un investimento in Ticino di oltre 70 milioni di franchi. Siamo stufi di essere trattati come una bottega di paese quando investiamo milioni ogni anno. Così si crea solo disoccupazione". Parole dure quelle pronunciate da Frédéric Van der Planken, il dirigente belga rappresentante dei proprietari del Centro Ovale di Chiasso giunto ieri nella città di confine.
Intervistato dal Corriere del Ticino Ven der Planken dice: "Chi si oppone all'apertura domenicale del Centro Ovale è riuscito unicamente a diffondere il panico tra impiegati e datori di lavoro. In questa situazione di ambiguità, nella quale, cambiando le regole in corsa, un'autorità rilascia il permesso per aprire la domenica e poi a due riprese vengono messi ostacoli con i controlli sull'impiego del personale, i negozi non possono proseguire l'attività nelle condizioni ideali. Siamo venuti in Svizzera perché ci era stato spiegato che le regole sono chiare e uguali per tutti, ma da quel che ho visto non è così. Oggi non consiglierei a investitori internazionali di investire in Ticino".
Per il manager belga senza le domeniche al Centro Ovale andrebbero persi diversi posti di lavoro. Per calibrare l'offerta servirebbero 4-5anni. Inoltre Van der Planken rivendica la vocazione turistica del centro commerciale chiassese. E sulle numerose chiusure di negozi al Centro Ovale dice: "Non è dovuta ad una scarsa redditività della domenica. È chiaro che qualcuno rifletta davanti ad una lettera dell'autorità che minaccia sanzioni in caso di violazioni della Legge sul lavoro. Sono contento che la maggior parte dei negozi intenda continuare con le domeniche almeno sino a marzo. Di sicuro noi chiederemo il rinnovo di questo permesso e ci batteremo in tutti i modi per la parità di trattamento".