CRONACA
Paolo Attivissimo sulla proposta di Cameron: "Oscurare il porno sul web non risolve i problemi"
Per l'esperto di internet la proposta del primo ministro inglese creerebbe nuovi problemi: "Si rischia di censurare siti che nulla hanno a che fare con il sesso. Compresa Wikipedia"

LUGANO – Che la rete abbia facilitato l’accesso alla pornografia ai minorenni è ormai un dato di fatto e che questo costituisca un problema per il loro sviluppo è opinione di molti. Ma vietare il porno su internet non è la soluzione. Anzi, rischia di aprire un vaso di Pandora. Lo sostiene Paolo Attivissimo, uno dei massimi esperti di web, in merito al progetto annunciato dal primo ministro inglese David Cameron.

Infatti entro fine 2014 in Inghilterra non sarà più possibile visionare siti hard a meno che non si chieda esplicitamente ai propri provider di eliminare i filtri di rete contro il porno. La misura, perseguita ormai da qualche anno da Cameron, sarà attuata dai sei principali gestori inglesi che insieme danno l’accesso alla rete al 90% degli utenti. Gli operatori di telefonia mobile hanno garantito che installeranno automaticamente questi filtri per gli abbonati minorenni. Anche per i wi-fi pubblici saranno applicate delle restrizioni nelle zone in cui potrebbero collegarsi dei minori.

Attivisso, prima di analizzare la proposta di Cameron, quantifichiamo il peso del porno nel traffico internet.

“È difficile quantificare il fenomeno. Una statistica di qualche tempo fa indicava che oltre il 50% del traffico internet è in qualche modo legato alla pornografia, ma bisogna considerare che i video pesano molto di più rispetto al resto dei dati e quindi è chiaro che il porno occupa più spazio. Ma fare stime diventa sempre più difficile in quanto una foto o un filmato ritenuti pornografici postati su un social network vengono classificati come traffico dati di quel social. Perciò un’altra ricerca più recente ridimensionava la quantità di pornografia in rete. Però siamo sempre nel campo delle stime: che siano 20 o 18 miliardi i contenuti porno su internet cosa cambia? Sono sempre tantissimi!.”

Veniamo ora alla proposta di Cameron. Lei che ne pensa?

“Tentativi di questo genere se ne sono già fatti tanti in passato e tutti sono falliti per una semplice ragione di grandi numeri. Qualunque filtro avrà un margine di errore. Mettiamo anche solo dell’uno per cento. Bene, sbagliare di uno su cento non è un grosso problema, ma se pensiamo che vengono analizzati milioni di siti e che l’uno per cento di questi potrebbe essere bloccato erroneamente, il rischio è che ci siano migliaia e migliaia di falsi positivi ritenuti siti porno. Parlo di siti in generale: di cultura, di arte, o d’altro tipo, che nulla hanno a che fare col sesso ma che vengono bloccati senza appello. Perché la lista dei siti oscurati sarebbe segreta. Quindi io vedo il rischio di censurare inutilmente dei siti in nome della protezione dei minori. E sia chiaro i ragazzi che cercano certi contenuti li sanno trovare lo stesso e se non li trovano direttamente in rete finiscono per alimentare un ‘mercato nero’ del porno”.

In che senso?

“Se qualcuno vuole smerciare contenuti pornografici ci sono tantissime tecniche e sistemi ben conosciuti per aggirare queste banali barriere dei filtri. Alla fine, quello di Cameron mi sembra un grande gesto demagogico, ma dal punto di vista dell’efficacia rischia di produrre situazioni paradossali, come quelle che ho appena descritto”.

Vede altri rischi?

“Guardi, internet ha fatto precipitare il mercato dell’hardcore a pagamento. Oggi tantissimo materiale è disponibile gratuitamente e quindi l’industria della pornografia è in crisi. Anche qui vedo un paradosso: rendendo difficile l’accesso al porno gratuito si finisce per favorire la ricrescita del mercato commerciale.”

Poi c’è un altro problema: chi decide cosa è pornografia e cosa no?

“Certo, questo è un altro aspetto, più subdolo e sottile. Faccio un esempio: Facebook ha una serie di regole per la gestione dei contenuti ritenuti adatti a tutti, queste regole sono talmente complicate e cavillose che per esempio la pagina di un museo francese è stata bloccata perché conteneva un dipinto di nudo femminile. Quindi vogliamo dire che il portale del Prado sarà censurato perché i bambini potrebbero vedere una donna nuda in un quadro? Il David dovrebbe esser censurato perché è nudo? Chi lo decide? È facile dire ‘blocchiamo la pornografia’, poi quando si sfrondano i siti e si comincia ad andare sul sottile, sulla distinzione di cosa sia pornografia, cosa sia erotismo, cosa arte e cosa informazione, le cose si complicano. Wikipedia contiene la descrizione degli atti sessuali, a volte anche con illustrazioni molto esplicite. Questi contenuti vanno censurati? Secondo me no, perché se lo faccio tolgo ai giovani tutta una serie di informazioni che potrebbero essere utili”.

Insomma, lei è, di principio, contrario ai divieti.

“Ritengo che l’approccio di Cameron sia come quello del genitore puritano che ha scoperto che nei dizionari ci sono anche le parolacce e quindi li vieta ai propri figli. E ovviamente la prima cosa che i bambini faranno, quando avranno a disposizione un dizionario, sarà cercare le parolacce. Sono meccanismi che esistono da che mondo è mondo. Penso anche ad altri potenziali rischi di una censura sul web: se un governo decide senza consultare i cittadini che certi contenuti non vanno visti, chi mi assicura che non bloccherà anche l’accesso a contenuti a lui sgraditi, come siti di contestatori o di oppositori politici? È un attimo, basta aggiungere una riga a un file e improvvisamente il sito non c’è più, e l’opposizione scompare da internet. È giusto?”

Il progetto inglese garantisce comunque l’accesso ai siti porno a chi ne fa richiesta…

“Va bene, ma è giusto che un adulto debba chiedere il permesso? E come verrà considerato chi chiede di accedere a questi contenuti? Come un depravato o un pornografo solo perché pretende il diritto di avere accesso a tutta la rete e non solo alla versione filtrata per bambini e ragazzi? Immaginiamo che in Svizzera qualcono proponga l’obbligo di chiedere l’autorizzazione per vedere i programmi televisivi in fascia rossa. Immaginate di dover compilare un modulo in cui dite ‘io dichiaro di voler vedere contenuti pornografici’. Come verrà gudicata questa domanda? Come una richiesta di accesso democratico all’informazione e alla cultura adulta o come un segno di depravazione? Secondo me, proposte del genere aprono un vaso di Pandora, non risolvono nulla ma causano soltanto problemi.”

Ma lei che soluzioni vede?

“Io credo nell’educazione. Con o senza questi filtri i giovani vengono esposti a contenuti hard estremi. La pornografia che c’è su internet non è quella della rivista patinata, spesso è molto violenta e ha un forte contenuto di umiliazione soprattutto verso le donne. E non è una cosa che si risolve nascondendola. La si può limitare solo  creando una cultura nella quale questo genere di umiliazione non è considerato attraente. Quindi sta ai genitori e ai docenti insegnare ai ragazzi  che la sessualità non è semplicemente una serie di operazioni meccaniche e di anatomia, ma una questione di sentimenti, emozioni e di rispetto reciproco. Valori che, anche nei paesi dove si pratica l’educazione sessuale, sono spesso messi in secondo piano: si insegna la meccanica dell’atto, ma non si insegna quello che ci sta attorno. Concluso con un altro paradosso: i contenuti pornografici sono maggiormente diffusi nei paesi dove c’è maggiore repressione, proprio perché la difficoltà di accedervi rende più interessante l’oggetto proibito.”

IB

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