CRONACA
Terremoto in Nepal, Alex Pedrazzini: “La mobilitazione del primo minuto è importante, ma senza un impegno costante…”
Il deputato PPD, presidente del Consiglio della Fondazione Arcobaleno, attiva in Nepal dove sostiene diverse azioni di padrinato, racconta la situazione nel paese: “Moltissime famiglie sono ormai senza un tetto, e la pioggia e il freddo non aiutano”

LUGANO – Alex Pedrazzini, la Fondazione Umanitaria Arcobaleno – di cui è presidente del consiglio di fondazione – è attiva in Nepal con le azioni di padrinato e diversi progetti, alcuni di questi, come l’Himalaya project nella periferia di Kathmandu, si trovano in zone fortemente colpite dalle devastanti scosse di terremoto di questi giorni. Che notizie vi arrivano dai vostri contatti?

“La buona notizia (se così la vogliamo chiamare) è che i  “nostri” bambini, quelli che possono cioè contare sui benefattori ed i Padrini di Arcobaleno, sono salvi. Per quanto concerne le strutture, se da un lato gli stabili del progetto Himalaya a Kathmandu (una scuola serale a Techo ed un collegio a Lubhu) hanno subito solo leggeri danni, d’altro lato è triste constatare come la maggior parte delle abitazioni della zona siano invece andate completamente distrutte: più di 250 famiglie senza tetto vicino a Techo e 200 attorno a Lubhu. Siccome al peggio non c’è mai fine, aggiungiamo che la pioggia ed il freddo non aiutano di certo a ritrovare serenità perché alcune malattie cominciano a diffondersi. Apprezziamo molto gli sforzi colossali che i responsabili laggiù dei nostri progetti con i loro studenti stanno facendo per fornire cibo, vestiti, coperte e quanto necessario a chi si ritrova in ginocchio: l’espressione “pedalare in salita” non è nulla rispetto a quanto sono costretti a fare loro”.

Questo quanto sta accadendo nella periferia della capitale. Alcuni dei vostri progetti si trovano anche a est e a sud del paese. Lì come è la situazione?

“Per altri tre progetti “arcobaleniani” (progetti Sirsiya e Dharan nell’est e nel sud est del paese e quello del villaggio di Dakudanga) la situazione è migliore (o “meno peggiore”, se mi è permessa questa anomala espressione): non ci sono stati danni ma le scosse obbligano la popolazione a vivere in tende all'esterno. Il nostro auspicio è che la situazione non peggiori ma che nemmeno si eternizzi! Profondamente preoccupati siamo invece per il progetto della scuola di Choprak costruita nel 2012 per 160 allievi di 3 villaggi diversi grazie ad un nostro donatore. Si trova sulle pendici di una montagna, a 3000 metri di altitudine, nella vallata che porta alle alte cime della catena del Manaslu nella zona di Gorkha, vicino purtroppo all'epicentro del sisma. Il nostro responsabile a Kathmandu si dice ottimista essendo la costruzione stata fatta in modo solido e con precauzioni anti-sismiche, ma non abbiamo purtroppo notizie dirette al momento e quindi non siamo per nulla tranquilli, speriamo di poterlo divenire a breve”.

Sul vostro sito, fondarco.ch, ricordate le indicazioni con gli estremi a cui poter fare le proprie donazioni per poter contribuire ad aiutare la popolazione nepalese (qui il link). Come vi state organizzando? Avete già pensato a degli interventi immediati?

“Facciamo attualmente di tutto per entrare e  rimanere in contatto con i nostri responsabili laggiù ma la cosa non è semplice perché come facilmente ci si immagina il terremoto ha penalizzato pesantemente anche le vie di comunicazione. Abbiamo chiesto di presentarci una lista delle necessità (che immaginiamo numerose) e saremo poi costretti a scegliere (miracoli non ne possiamo fare) dando precedenza a quelle di “urgenza uno”. Una coppia di nostri amici ticinesi (Laura e Adriano) che pure hanno un’associazione a Kathmandu (El Volcan) e che con noi collaborano molto positivamente partiranno lunedì 4 maggio per il Nepal e potranno così tenerci informati sulle conseguenze della catastrofe sismica e sull’evoluzione delle cose”.

Siamo di fronte a un paese in cui, si potrebbe dire senza purtroppo esagerare, molte zone andranno completamente ricostruite. L’aiuto immediato è essenziale e il resto del mondo sta rispondendo con molte donazioni. Ma, sottolineate nel vostro appello, non bisogna dimenticare di pensare al futuro…

“La globalizzazione collegata alla comunicazione di massa, ha certamente grandi aspetti positivi che occorre salutare: di fronte a tragedie immani come quella in Nepal vi è un’immensa macchina operativa che conduce la nostra gente ad aiutare chi vive nella sofferenza quotidiana. Si deve però anche essere coscienti di un’altra cosa, del rovescio della medaglia: a volte questo impegno immediato e mondiale, svanisce nel giro di pochi mesi, lasciando sul campo moltissime azioni positive ma ancora tanto da fare. La Fondazione Umanitaria Arcobaleno, sottolineando il termine “futuro”, è da sempre cosciente di questi rischi. Ecco perché è importante ricordare e  mettere in risalto quella che è la visione che da sempre guida il nostro operato: intervento urgente nel “subito” al quale però deve far seguito un sostegno mirato e continuo ai bambini, un dopo ed un dopo il dopo! Il nostro desiderio è non solo quello di “prenderli in braccio” durante la catastrofe ma anche di dar loro la mano ed accompagnarli verso un domani che possa regalar loro sorrisi. La continua azione dei numerosi Padrini e Benefattori che dal Ticino sostengono concretamente oltre 230 fanciulli, ci consente di agire nell’immediato con donazioni straordinarie come stiamo facendo, ma di proseguire la nostra opera anche quando i riflettori dei media si saranno spenti. Uno dei punti di riferimento nostro in quest’ottica è la figura del Padrino.

Ma cosa implica, concretamente, diventare padrino?

“Assumere un padrinato, come indicato nel nostro sito significa, sostenere finanziariamente un bambino dall’altra parte del mondo con versamenti mensili (di 30 franchi o addirittura di soli 10 se il Padrino è junior o senior). Il Padrino dev’essere cosciente che quel bambino non diventa “figlio suo”, ma anche del fatto che nascerà con lui una complicità positiva che permetterà di costruirgli la strada per il domani: gli si regala cioè una speranza per il futuro”.

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