Intervista all'avvocato chiassese: "L'errore più grande della RSI rispetto all'elettorato di centrodestra? Senza nascondersi dietro a un dito c’è un fatto incontestabile. Ovvero sia che negli ultimi anni alcuni giornalisti attivi alla RSI, hanno fatto un discorso di sinistra. Ma..."
Renzo Galfetti, perché un uomo di centrodestra combatte una proposta che è molto sostenuta dalla sua parte politica?
“Anche un uomo di centrodestra deve avere a cuore un’informazione completa e oggettiva, almeno come tentativo costante. Un’informazione libera da influenza editoriali ed economiche. Per riuscirci il presupposto è che sia pubblica. Giustamente in concorrenza con i media privati, che stimolano la completezza e il miglioramento, ma pubblica. A me fa paura l’idea che un domani l’informazione, senza un ente pastatale, sia gestita solo da editori con interessi economici e con il pericolo di influenze negative. D’altra parte non va dimenticato che, come ticinesi, paghiamo 1 e riceviamo 20 per questo servizio pubblico nell’ambito della solidarietà confederale: dovremmo essere gli ultimi a lamentarci. Votare a favore della No Billag sarebbe da Tafazzi per i cittadini di questo cantone".
Ha toccato il tema dell’informazione: in molti dal centrodestra accusano di faziosità la radiotelevisione pubblica. Cosa ne pensa di questa critica?
“Io non nego che possa capitare, che sia capitato, qualche servizio di informazione segnato da legittimi pensieri di compiacenza verso sinistra. Ma questo dipende secondo me dall’incapacità di certi giornalisti. Il giornalista deve essere serio e oggettivo e soprattutto indipendente dalla casacca che porta. E poi, fra parentesi, c’è da chiedersi se un partito che si ritiene maltrattato dalla televisione, e magari in una certa misura ha ragione, strillando e facendo la vittima non ottenga molto più consenso, rispetto a quel partito che sarebbe stato favorito”.
Lei batte molto il chiodo sul tema dell’informazione. Ma la RSI non è solo informazione. Ci sono programmi di intrattenimento, ad esempio. Quiz, serie tv, film. A fronte della spesa del canone ritiene necessario un ripensamento dell’offerta del servizio pubblico, oppure no?
“Io trovo che le trasmissioni della RSI - penso a Falò, Patti Chiari e certi documentari - siano fatte veramente bene. Il mio giudizio è quindi sostanzialmente positivo. Noi abbiamo una televisione di serie A, in un paese di 300’000 abitanti, che può tranquillamente reggere il confronto con televisioni pubbliche che possono contare su un bacino di utenza e commerciale di 60 milioni di utenti”.
Veniamo al costo del canone: 460 franchi all’anno sono troppi?
“A nessuno fa piacere pagare le tasse. Ma la consumazione è la contropartita che si ha in questo “scambio”. La mia famiglia paga le imposte e in cambio riceve strade in ordine, scuole in ordine, ospedali in ordine e così via. Gli attuali 460 franchi all’anno, che includono anche il finanziamento a radio e tv private, a me non paiono eccessivi. E poi, ribadisco: in Ticino il canone che dovremmo pagare sarebbe immensamente più elevato, rispetto a quel che riceviamo. Diciamoci la verità: da ticinesi paghiamo un importo politico in nome della coesione nazionale”.
Eppure, in questo momento di crisi, soprattutto in zone sofferenti come il nostro Mendrisiotto, quei 460 franchi possono rivelarsi comunque una cifra importante…soprattutto, sostengono alcuni, quando non si usufruisce del servizio o solo in piccola parte.
“La Svizzera ha una socialità di prim’ordine e far rientrare il canone in un discorso di giustizia sociale può essere un elemento da considerare. Quanto alla consumazione del servizio vorrei dire questo. Magari noi non prendiamo mai il treno ma le ferrovie le finanziamo lo stesso con le nostre imposte. Magari non abbiamo figli ma con le nostre tasse contribuiamo a finanziare le scuole. Lo stesso dicasi per i vari sussidi sociali. Siamo nell’ambito di un principio di solidarietà e di condivisione di una società”.
Non parliamo dei politici o degli imprenditori. Parliamo del popolo di centrodestra, i cittadini comuni, che lei conosce bene. Perché in una parte di loro si fa strada l’idea di votare a favore della No Billag. Esiste un peccato originale commesso dalla RSI?
“È difficile da individuare. Ma senza nascondersi dietro a un dito c’è un fatto incontestabile. Ovvero sia che negli ultimi anni alcuni giornalisti attivi alla RSI, hanno fatto un discorso di sinistra che, chiaramente, non è piaciuto all’elettorato di centrodestra. Ma, ribadisco quanto detto poc’anzi, il problema è dei giornalisti: la capacità professionale deve sempre prevalere sulla casacca politica”.
Negli ultimi tempi ha notato dei miglioramenti in questo senso?
“Io credo che se la tua automobile ha uno specchietto retrovisore rotto, lo aggiusti senza buttare l’automobile. Sono molto fiducioso sul fatto che la gente analizzerà bene tutta la problematica prima di votare. Sono sicuro che i cittadini sapranno fare un ragionamento in grado di andare oltre a un approccio individuale, ma che sappia tener conto della famiglia, delle future generazioni, di un interesse pubblico e collettivo”.
Torniamo per un attimo sul piano sociale. Un altro elemento che, a torto o a ragione, bolle in una parte dell’elettorato, è che i dipendenti della RSI vengono visti come dei privilegiati, in un contesto socio-economico sempre più incancrenito. Un riflesso che abbiamo già visto di recente con i docenti nell’ambito della votazione sulla civica. Come si affronta questo argomento?
“Sì, è vero, ma è una cosa che accade sempre quando si tratta di votare su temi simili, in un contesto difficile. Voti di pancia sono quindi da tenere in considerazione. Attualmente la politica ha una considerazione bassissima nella popolazione: un livello che non ho mai visto negli ultimi 50 anni. Tutta questo genera una rabbia sociale, che prima o poi si sfogherà in una direzione o nell’altra. In questa dinamica vengono considerati dei privilegiati gli avvocati, i medici, i docenti, i giornalisti che lavorano in Tv, eccetera. Quando c’è malessere tutte queste categorie sembra che stiano molto meglio di noi. È un processo d cui bisogno sicuramente tenere conto”.
E la RSI cosa può fare per contribuire ad invertire questo sentimento? C’è un modo?
“Io ho un po’ l’impressione che qualsiasi cosa faccia rischi di fare dei danni. Meno fa e meglio è. Lasci il dibattito a chi è fuori”.
AELLE