CRONACA
Il trend dell'economia ticinese è "stabile e positivo". Ecco i risultati dell'inchiesta congiunturale per l'anno 2018-2019 della Camera di commercio
Il livello di investimenti effettuati nel 2018 e previsti nel 2019 si attesta su valori assolutamente ragguardevoli e superiori a quelli degli altri cantoni oggetto dell'inchiesta

L’andamento generale degli affari nel 2018 è risultato positivo, in linea con quanto previsto dall’inchiesta congiunturale del 2017. Il 73% delle imprese valuta in maniera sostanzialmente favorevole l’andamento degli affari nello scorso anno (soddisfacente per il 47% delle aziende, buono per il 26%). In ambito industriale, in particolare quello legato all’export, emergono dati leggermente inferiori, anche se le differenze sono minime. Questo è conseguenza del contesto internazionale, in particolare dei conflitti commerciali su scala mondiale, delle incognite legate ai rapporti con l’Unione europea (UE) e della delicata situazione di taluni paesi della stessa Unione europea, che hanno inevitabilmente conseguenze per l’economia svizzera e ticinese.

Per quel che riguarda le previsioni sull’andamento degli affari a breve termine, cioè per i prossimi 6 mesi, il 45% delle aziende segnala aspettative soddisfacenti, mentre il 28% le giudica buone. Per il secondo semestre del 2019, le previsioni sono di un’evoluzione soddisfacente per il 46% delle aziende e buona per il 28%. I valori si attestano quindi sostanzialmente sul livello di quelli riscontrati nel 2018.

Margine di autofinanziamento delle imprese

I dati sul margine di autofinanziamento delle aziende sono un indicatore fondamentale del loro stato di salute. Dopo qualche leggera flessione negli ultimi anni, il 2018 ha confermato il trend di miglioramento riscontrato già nel 2017, confermandosi su livelli molto buoni. Il 69% delle imprese giudica positivamente il margine di autofinanziamento e la conferma di questa tendenza è un indicatore importante della capacità competitiva del nostro sistema.

Investimenti

Anche il livello degli investimenti effettuati nel 2018 e previsti nel 2019 si attesta su valori assolutamente ragguardevoli e, ancora una volta, superiori a quelli degli altri cantoni oggetto dell’inchiesta (salvo Friborgo). Negli ultimi 12 mesi il 50% delle aziende interpellate per la nostra inchiesta ha effettuato degli investimenti che hanno toccato quota 66% per le imprese del settore industria-artigianato e il 44% per il commercio e i servizi.

Per i prossimi 12 mesi le aziende che prevedono d’investire si attestano al 45%, come nel 2017. Nel complesso gli investimenti aziendali si mantengono quindi stabili e di ottimo livello, se paragonati a Ginevra, Neuchâtel e Vaud che oscillano tra il 38 e il 33% delle aziende. Si tratta di una conferma importante di impegno verso il territorio cantonale.

Attenzione verso l’occupazione

Anche l’attenzione verso l’occupazione si è confermata nel 2018 con una sostanziale stabilità. Favorevoli anche le previsioni sui livelli occupazionali per il 2019. Infatti, solo il 7% delle aziende prevede una riduzione del personale, a fronte di un 76% di aziende che segnala una stabilità dell’effettivo e di un 27% che ne prevede un aumento.

Difficoltà di reclutamento

Da un punto di vista generale, il 73% delle aziende evidenzia di non avere difficoltà nel
reclutamento di personale. Nel comparto industria/artigianato vi è qualche difficoltà maggiore, visto che la percentuale
scende al 62% delle aziende, mentre nel comparto servizi/commercio ben 78% delle aziende dichiara non segnala problemi.

Dato importante da osservare è la difficoltà di reclutamento per le aziende di grandi dimensioni (oltre 100 collaboratori), visto che il 62% di esse evidenzia appunto di riscontrare problemi nel reperire la manodopera adatta. La percentuale scende per le aziende medie (30-100 collaboratori) con il 35% e per quelle piccole (fino a 10 collaboratori) con il 17%.

Punto comune a tutti i settori e a tutte le aziende indipendentemente dalle dimensioni è la difficoltà nel reperire manodopera qualificata, che è la categoria di gran lunga più importante rispetto alla manodopera non qualificata, ai quadri superiori e intermedi e agli apprendisti. Il 78% delle aziende dichiara che le difficoltà di reclutamento, laddove esistono, non
penalizzano eccessivamente l’azienda e che sostanzialmente si riesce a operare comunque.

Il rischio di delocalizzazione di talune attività a causa di questo elemento riguarda comunque
un 29% delle imprese, che considerano una simile eventualità. La valutazione di un’eventuale delocalizzazione è marcatamente maggiore nelle strutture di grandi dimensioni (oltre i 100 collaboratori) e si attesta su un 40% (rispetto al 33% delle medie aziende e il 22% delle piccole aziende).

Non si tratta di creare allarmismi, ma è un elemento di cui occorre tenere comunque conto in prospettiva futura. Fra le misure considerate importanti per ovviare a tali difficoltà, emerge in particolare la necessità di migliorare l’orientamento professionale (46%) e le aziende manifestano la volontà di contribuire intensificando la formazione continua (40%).

Importante è considerata anche l’attenzione verso la manodopera indigena (35%), ben superiore alla facilitazione di reclutamento di personale dell’UE (25%) o extra-UE (7%). L’automatizzazione e la digitalizzazione dei processi quale alternativa sono menzionati dal 21% delle aziende e la rivalorizzazione di talune professioni dal 16%.

All'inchiesta hanno partecipato 277 imprese associate alla Cc-Ti, che impiegano in tutto 17'161 dipendenti. Si tratta di 81 aziende del settore industria-artigianato e di 196 del comparto commercio e servizi.

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