Il caso che vede contrapposti l’ex numero due di Credit Suisse, ora passato a UBS, e il suo superiore sta scuotendo il mondo finanziario elvetico
ZURIGO - Il caso che vede contrapposti l’ex numero due di Credit Suisse, Iqbal Khan, ora passato a UBS, al suo ex superiore, Tidjane Thiam, sta scuotendo il mondo finanziario elvetico. E la vicenda, sulla quale si è innestata una spy story, si è tinta di nero.
Un intermediario che operava fra il Credit Suisse e l'azienda di sicurezza Investigo si è tolto la vita nei giorni scorsi. L'uomo, un esperto di sicurezza, aveva avviato per conto della banca la sorveglianza di Khan, che sino a fine giugno era responsabile della gestione patrimoniale di Credit Suisse e che ora ricopre la stessa funzione a UBS. E si è ucciso sparandosi un colpo martedì scorso, una settimana dopo che il pedinamento era stato scoperto dallo stesso Khan.
Stando a una fonte del portale Inside Paradeplatz l'uomo si sarebbe sentito minacciato nella sua esistenza: titolare di una piccola azienda, temeva di essere coinvolto nello scandalo.
Sul giallo sta indagando anche il ministero pubblico zurighese mentre il presidente del consiglio di amministrazione di Credit Suisse, Urs Rohner, si è limitato a dire. "È con grande tristezza e sgomento che abbiamo appreso della tragica morte di un esperto di sicurezza esterna che lavorava per Credit Suisse".
Così il quotidiano LaRepubblica ha raccontato oggi, riassumendoli, i retroscena del caso, con un articolo firmato dal giornalista Ettore Livini…
“Il presunto suicidio di uno 007 privato colora all'improvviso di nero la spy story che da qualche settimana - tra rocamboleschi pedinamenti nel cuore di Zurigo, liti da cortile tra manager pluri-milionari e dimissioni eccellenti - tiene con il fiato sospeso il gotha della finanza elvetica, travolto da una escalation di colpi di scena del tutto inusuale per i toni felpati di questo mondo.
I fatti: tre mesi fa il 43enne Iqbal Khan, astro nascente del credito rossocrociato, ha lasciato la guida dell'investment banking del Credit Suisse (Cs) - seconda banca del Paese - per passare all'arci-rivale Ubs. In apparenza il classico fulmine a ciel sereno: Khan, immigrato a 12 anni dal Pakistan, era considerato l'erede naturale di Tidjane Thiam, il franco-ivoriano che ha ristrutturato e rilanciato Cs. E per un antico patto non scritto, i passaggi diretti di dirigenti tra le due maggiori banche nazionali sono rari come gli scambi di giocatori tra Inter e Milan.
Il tam-tam dell'ovattata finanza elvetica, però, ha iniziato subito a raccontare una versione dei fatti molto diversa da quella edulcorata dei comunicati ufficiali: Thiam e Khan sarebbero stati da tempo ai ferri corti. Il delfino rimproverava al "capo" di tenerlo in un cono d'ombra, negandogli visibilità pubblica. Quest'ultimo sarebbe invece andato su tutte le furie quando l' aspirante (e scalpitante) successore ha preso casa accanto a lui a Herlliberg, sulla "Costa d' oro" del lago di Zurigo.
Un atto di lesa maestà aggravato da rumorosissimi lavori di ristrutturazione durati due anni. Frizioni condominiali sfociate, pare, in un sanguigno faccia a faccia tra i due durante un cocktail, complici tre alberi piantati dalla fidanzata dell'ad che avrebbero tolto la vista sul lago all'erede designato.
Il clima, insomma, sarebbe stato teso da tempo. E i vertici del Credit Suisse, preso atto della situazione, non hanno opposto troppa resistenza quando Khan ha deciso di mettere la parola fine allo scontro consegnando la lettera di dimissioni. Il peggio però doveva ancora arrivare.
Quando a fine agosto è stato annunciato il suo passaggio a Ubs, ai piani alti di Cs è scattato l'allarme. Tema: la possibilità che il transfuga potesse convincere alcuni ex colleghi a saltare dall'altra parte della barricata, traslocando armi e bagagli nei ranghi della concorrente.
Che fare? Qualcuno a quel punto ha avuto l'idea perversa: affidare agli 007 il compito di sorvegliarlo per prevenire ulteriori defezioni. Un intermediario ha contattato gli specialisti della Investigo che hanno messo tre agenti scelti alle calcagna del golden boy della finanza elvetica.
Khan però ha mangiato la foglia: il 17 settembre, mentre tornava con la moglie a Zurigo, si è accorto di una macchina sospetta che lo inseguiva. E come su un set hollywoodiano, appena ha parcheggiato è balzato dall'auto e ha fotografato con il telefonino la targa dei maldestri 007. Uno di loro ha provato a requisirgli lo smartphone, ma vista la resistenza del banchiere si è dato alla fuga con i colleghi.
Fuga durata poco: le immagini nella memoria del cellulare di Khan hanno consentito rapidamente alla polizia di risalire all'identità dei tre. E loro hanno confessato subito chi e perché li aveva arruolati.
Ieri il tragico finale (per ora) della vicenda. Il Credit Suisse - dopo essersi scusato per «un'operazione sbagliata e sproporzionata» - ha avviato un'inchiesta interna per scoprire chi ha deciso di pedinare Khan. Thiam, è la conclusione dell'indagine, non ne sapeva niente e resta al suo posto. A pagare per tutti è invece il direttore generale Pierre-Olivier Bouée, che si è preso tutte le responsabilità e ha rassegnato le dimissioni.
Arrivate pochi minuti prima della notizia del suicidio con un colpo di pistola («al momento non paiono esserci responsabilità di terzi», dicono gli inquirenti) dell'intermediario che ha contattato l'agenzia di investigazione. L'ennesimo capitolo della spy story destinato a rimandare l'epilogo di un caso che tutta la finanza svizzera - allergica alla luce dei riflettori e alle polemiche sopra le righe - vorrebbe chiudere prima possibile”.