La morte di Abu Bakr al Baghdadi è comunque un colpo durissimo per l’Isis, che vive da tempo grandi difficoltà operative
di Stefano Piazza
Il leader dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi che il 5 luglio del 2014 si autonominò “califfo di tutti i credenti”, è morto sabato notte a Barisha, piccolo villaggio della provincia di Idlib (Siria nord-occidentale). Secondo quanto riferito dal Presidente americano Donald Trump nel corso di una conferenza stampa nella quale ha usato toni durissimi e inutili e pericolose provocazioni ha affermato.“Al Baghdadi si è fatto saltare in aria e ha ucciso tre dei suoi figli che erano con lui”. Aggiungendo che “era un uomo malato e depravato, violento ed è morto come un codardo, come un cane, correndo e piangendo“.
La versione ufficiale della missione denominata “Mission Kayla Mueller” (in memoria della cooperante americana rapita nel 2013 dall'ISIS ad Aleppo, Siria, mentre usciva da un’ospedale spagnolo di “Medici senza frontiere” e che venne dichiarata morta nel 2015 dalla sua famiglia senza che si sia mai potuto recuperarne il corpo), parla di un’operazione studiata per mesi e che è entrata nella fase operativa da circa due settimane.
Tutto quanto svelato da Donald Trump ci riporta al blitz che vide l’uccisione di Osama Bin Laden il 2 maggio del 2011, a Abottabad, località nei pressi di Islamabad (Pakistan) luogo nel quale da sempre, vivono e lavorano molti alti ufficiali dell’esercito pachistano e dell'Inter-Services Intelligence (ISI), il temibile (per la sua doppiezza nei confronti del terrorismo) servizio segreto locale. Abu Bakr al Baghdadi sempre secondo Trump, si sarebbe ucciso in un tunnel dal quale non si poteva uscire perché privo di uscita, facendosi saltare in aria con il suo giubbotto esplosivo. Nel compiere l’estremo gesto ha ucciso anche tre dei suoi figli che aveva trascinato con sè.
A proposito dei resti del corpo di Abu Bakr Baghdadi il consigliere per la sicurezza nazionale americana Robert O'Brien, rispondendo ad una domanda, ha fatto intendere che saranno trattati come quelli di Osama Bin Laden, ovvero gettati in mare. Vero o falso ? Difficile dare una risposta, qui la verità la conoscono solo coloro che erano sul campo.
I dubbi sul racconto del Presidente americano
Più passano le ore e più sulla stampa americana si diffondono dubbi e interrogativi sulla versione ufficiale che sarebbe, secondo il “New York Times” e il “Guardian”, piuttosto lacunosa. Secondo questi giornali non è credibile ad esempio la circostanza citata da Trump che al Baghdadi urlasse e piangesse nel tunnel: non solo perché è in netto contrasto con lo spessore criminale dell’uomo, ma anche perché nella “situation room” di Washington, secondo il NYT le immagini arrrivarono senza audio. Quindi solo i soldati presenti nel tunnel muniti di telecamere sull’elemetto, hanno visto il califfo nei suoi ultimi istanti di vita.
Ci sono poi i dubbi dei russi riportati da Russia Today : “Non ci sono dati credibili per dimostrare che si è verificato un raid americano di successo contro il leader dello Stato islamico Abu Bakr al-Baghdadi - ha affermato il ministero della Difesa russo -. La coalizione americana non ha nemmeno effettuato attacchi aerei a Idlib di recente”.
Il giornalista italiano Alberto Negri sul suo profilo facebook ha rincarato la dose; “I testimoni in zona parlano di tre ore di battaglia, raid e bombardamenti: fatti da chi e come? Da un aereo Usa e da sei elicotteri che poi dovevano tornare in Iraq? In Iraq o in Turchia che è a 5 minuti di volo ed è un Paese con basi Usa e Nato? Un racconto che fa acqua da tutte le parti: forse a Trump il Pentagono ha dato informazioni monche perché non si fida".
In attesa di vedere qualche spezzone di filmato di quanto accaduto come annunciato, fonti dell’intelligence di Ankara hanno confermato che insieme al leder dell’Isis sarebbe stato ucciso anche il misteriosissimo portavoce e presunto numero 2 dell’Isis, Hassan al-Muhajir colpito da un drone USA in un’altra località della Siria nord orientale.
Le ultime ore di Abu Bakr al Baghdadi
Il califfo rimasto ormai senza il suo califfato, era da tempo braccato dagli americani, dai russi, dai moltissimi cacciatori di taglie che volevano incassare i 25 milioni di dollari che pendevano sulla sua testa, dagli iracheni, dalla “Syrian Democratic Forces” e persino dai cugini-nemici di Al Qaeda che non vedevano l’ora di fargli la pelle. Di amici, sempre ammesso che ne abbia mai avuti, non ne aveva più, se non lo sparuto gruppo di fedelissimi che lo ha protetto fino all’ultimo atto. Secondo fonti del Millî İstihbarat Teşkilâtı, i servizi segreti turchi, il leader dell’Isis era arrivato nel villaggio di Barisha (provincia di Idlib-Siria) che si trova a soli cinque chilometri dalla Turchia, da appena due giorni. Con lui la sua guardia personale due mogli che indossavano giubbotti esplosivi (non azionati ma che sono state comunqe uccise) e un numero imprecisato di bambini (pare 10) tra i quali tre figli piccoli di al Baghdadi morti con lui nel tunnel.
Ma perché recarsi proprio in una zona a lui ostile visto che abbonda di gruppi jihadisti, in primis i combattenti dell’“Ayat Tahrir al Sham” (Fronte al Nusra), nemici giurati dell’Isis in quanto organici ad Al Qaeda? È probabile che il leader dell’Isis non avesse più opzioni, così come è possibile che chi lo ha attirato a soli cinque chilometri dal confine turco, lo abbia fatto con la promessa di farlo entrare in Turchia, ben sapendo che non ci sarebbe mai arrivato.
Cosa accadrà ora all’Isis ?
La morte di Abu Bakr al Baghdadi è comunque un colpo durissimo per l’Isis, che vive da tempo grandi difficoltà operative. Seppur in fuga, il califfo manteneva il comando del gruppo che ora avrà bisogno di tempo per riorganizzarsi sul territorio e anche nella gerarchie. Potrebbe nascere una nuova sigla terroristica? Potrebbe scatenarsi una guerra per i soldi del califfato (1 miliardo di dollari)? Tutto può accadere. Comunque assorbire il colpo non sarà una cosa semplice.
Prima di di addentarci sulla figura di colui che sarebbe da ieri, (il condizionale è d’obbligo) il sostituto del defunto califfo, l’iracheno di origine turkmena Abu Abdullah Al Qardash, conosciuto anche come Hajji Abdullah al-Afari o Abdal-Rahman-al Mawla noto come il “distruttore” per l’immane ferocia mostrata contro gli yazidi, ci sono ancora molte domande sulla “Mission Kayla Mueller” dell’altra notte che attendono delle risposte.
Le conseguenze per l’Europa
“FranceInfo” ha pubblicato una nota del Ministero degli Interni francesi, diretta alla polizia: ”Nelle prossime ore, la possibile intensificazione della propaganda jihadista e possibili atti di vendetta, deve condurci alla massima vigilanza, soprattutto in occasione di eventi pubblici che potrebbero essere programmati nel vostro dipartimento nei prossimi giorni". Ed in tal senso si chiede “di rinnovare alla polizia le istruzioni di vigilanza che dovrebbero essere rispettate per la loro protezione nell'esercizio della loro missione ma anche al di fuori del servizio”.
La morte del simbolo dell’Isis potrebbe invogliare qualche cellula terroristica a volersi vendicare, a voler marcare in suo nome il territorio con la forza di un attentato. Non si può escludere questa eventualità che potrebbe investire qualsiasi paese europeo visto che sono almeno 60.000 (30.000 solo in Francia), le persone ritenute pericolose per la sicurezza dello Stato.
E la la Svizzera? Non è certamente al riparo dalle pulsioni violente che animano le decine di simpatizzanti dell’Isis, di Al Qaeda o dell’”Ayat Tahrir al Sham” (Fronte al Nusra) che vivono nel nostro paese e gli 11 arresti di questa mattina, lo dimostrano. Così come provano che il sistema di sicurezza dello Stato c’è e funziona. Il resto lo facciano la magistratura e la politica troppo spesso poco reattiva di fronte ai pericoli rappresentati dall’islam.