Il nostro Cantone rimane sotto la media nazionale però non vede decrescite. Quasi un quarto dei dossier è stato chiuso, chi ha più possibilità di uscire dagli aiuti è chi ha una buona formazione scolastica
BERNA – In Ticino il dato delle persone costrette a ricorrere agli aiuti assistenziali rimane sotto la media nazionale, seppur stabile, mentre a livello svizzero dopo una decina d’anni si vede finalmente una decrescita.
Nel 2018 le persone che hanno percepito almeno una volta una prestazione dell’aiuto sociale finanziario in Svizzera sono state 272’700. Per la prima volta dal 2008, sono calati sia il numero delle persone assistite che la quota di aiuto sociale. Di tutti i dossier con prestazione di assistenza, ne sono stati chiusi 49’300, il che corrisponde a una quota del 28,1%. Nell’attuale anno di riferimento è la prima volta che si calcola una tale quota di uscita. Sono questi alcuni dei risultati attuali tratti dalla statistica svizzera dell’aiuto sociale stilata dall’Ufficio federale di statistica (UST).
Calcolando il numero di beneficiari dell’aiuto sociale in proporzione alla popolazione residente, si ottiene per il 2018 una quota nazionale di aiuto sociale pari al 3,2% (2017: 3,3%). Questo calo si conferma anche nei Cantoni: la quota di aiuto sociale è diminuita in circa la metà dei Cantoni, mentre solo in tre se ne registra un leggero aumento. Tuttavia, le differenze tra i Cantoni permangono. I Cantoni con centri urbani presentano inoltre quote di aiuto sociale superiori alla media, mentre quelli prevalentemente rurali registrano quote inferiori alla media.
Il Ticino presenta un 2,7%, stabile, che lo porta appunto sotto la media nazionale, sebbene non conosce decrescite.
Rischio di aiuto sociale maggiore per bambini, divorziati e stranieri
Come mostrano le quote di aiuto sociale al di sopra della media, i bambini e i giovani al di sotto dei 18 anni, le persone divorziate e quelle con cittadinanza straniera corrono un maggior rischio di dover ricorrere a prestazioni di assistenza. I minorenni presentano una quota di aiuto sociale del 5,2%, mentre quella delle persone straniere si attesta al 6,1% e quella delle persone divorziate al 5,5%. Rispetto all’anno precedente, il calo del rischio di aiuto sociale è massimo per le persone di età compresa tra 18 e 35 anni e per quelle di nazionalità straniera.
Chiuso più di un quarto dei dossier
Dei 175’200 dossier con prestazione di assistenza, nel 2017 è stato possibile chiuderne 49’300, il che a livello nazionale corrisponde ad una quota di uscita del 28,1%. Se si prendono in considerazione solo i dossier chiusi in seguito all’inizio di un nuovo lavoro o all’ampliamento di un’attività professionale già esistente, la quota di uscita è del 7,8%, mentre la quota di uscita attraverso prestazioni di assicurazioni sociali oppure prestazioni sociali anteposte all’aiuto sociale è del 6,7%.
Maggiori uscite dall’aiuto sociale grazie all’’integrazione nel mercato del lavoro per coppie, giovani e persone con una buona formazione
A seconda della composizione dei dossier si rilevano nette differenze nelle quote di uscita che avvengono in seguito a un miglioramento della situazione occupazionale. Le coppie con uno (12,9%) o due (13,1%) figli hanno una più grande possibilità di uscire dall’aiuto sociale migliorando la loro situazione occupazionale, in quanto, potenzialmente, all’interno dell’economia domestica ci sono due adulti che possono avere un reddito da lavoro. Le quote di uscita più basse si ritrovano invece tra le persone che vivono da sole e tra le famiglie monoparentali (risp. 6,4 e 7,4%).
La classe di età che ha maggiore probabilità di uscire dall’aiuto sociale in seguito a un miglioramento della situazione occupazionale è quella delle persone tra il 26 e i 35 anni con una quota di uscita del 10,6%, mentre la stessa quota per le persone tra i 56 e i 64 anni si attesta al 3,7%. Ciò è da ricondurre al fatto che, nonostante la buona formazione, i beneficiari di aiuto sociale di età più avanzata hanno meno opportunità sul mercato del lavoro rispetto a quelli più giovani. In linea di massima vale il fatto che più è altro il grado di formazione, più è alta la quota di uscita dall’aiuto sociale in seguito a un miglioramento della situazione occupazionale (senza formazione professionale: 5,4%, con diploma di grado sec. II: 9,7%, con diploma di scuola universitaria: 11,1%).
Cala anche il numero totale di beneficiari dell’aiuto sociale
Se si considera il numero totale di beneficiari dell’aiuto sociale finanziario e dell’aiuto sociale nel settore dell’asilo e dei rifugiati, si nota un calo tra il 2016 e il 2018: in questo settore, nel 2018 hanno beneficiato dell’aiuto sociale 337’500 persone, mentre nel 2016 erano 342’700.
Negli ultimi tre anni è stato osservato un calo del numero di persone beneficiarie di aiuto sociale, in particolare di quelle appartenenti al settore dell’asilo, da 35’800 nel 2016 a 18 200 nel 2018, il che è dovuto alla continua diminuzione del numero di nuove richieste d’asilo. Il numero delle persone beneficiarie dell'aiuto sociale che vivono in Svizzera come rifugiati con asilo oppure come persone ammesse provvisoriamente è invece aumentato (da risp. 21’900 e 22’800 nel 2016 a 31’900 e 31’800 nel 2018).
Le persone svizzere e quelle di nazionalità straniera con permesso di domicilio o di dimora annuale rappresentano circa i tre quarti delle persone beneficiarie dell’aiuto sociale e ne costituiscono quindi la maggioranza. Il quarto restante è composto dalle persone appartenenti al settore dell’asilo e dei rifugiati.
Quote di aiuto sociale elevate tra le persone appartenenti al settore dell’asilo e dei rifugiati
Nel 2018 la quota di aiuto sociale delle persone del settore dell’asilo era pari all’89,6% (2017: 90,4%) mentre per quelle appartenenti al settore dei rifugiati era dell’85,1% (2017: 86,3%). Il 23,0% dei rifugiati con asilo e dei rifugiati ammessi provvisoriamente percepisce una prestazione di aiuto sociale nell’ambito di un’attività professionale (apprendisti compresi). Il 16,9% di esse sta seguendo una formazione e un ulteriore 5,2% è iscritto a un programma occupazionale o per l’integrazione professionale.
Queste quote elevate riflettono da un lato le prescrizioni legali, mentre dall’altro mettono l’accento sulle sfide che comporta l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone ammesse provvisoriamente e dei rifugiati: l’apprendimento della lingua, le qualifiche professionali, il mantenimento di una buona salute e un’integrazione minima sia dal punto di vista sociale che culturale spesso sono i presupposti per uscire dall’aiuto sociale.