Per Petruzzella, presidente dell'Associazione bancaria ticinese, è sempre più difficile operare con l'Italia senza una succursale (ma le richieste di riaprire un tavolo di discussione cadono nel vuoto) e il mercato italiano è in crisi
LUGANO – Una ventina di posti di lavoro di dipendenti che si occupano in particolare del mercato italiano tagliati. Questa è la notizia di qualche giorno fa relativa all’UBS, la domanda che ci si pone è se la perdita di occupazione terminerà oppure ci sarà un’emoraggia.
Come sempre è difficile prevederlo, ma interpellato da La Regione Alberto Petruzzella, presidente dell’Associazione bancaria ticinese, spiega che la parte orientata al mercato domestico sta tenendo bene, portando dunque una certa stabilità. I problemi nascono, appunto, dall’Italia.
In due sensi, a suo avviso. Il mercato italiano di per sé “non cresce in maniera importa e non crea ricchezza. Anzi è vero il contrario, i clienti tendono a ritirare i loro capitali perché ne hanno bisogno”.
L’altro senso è più politico. Per Petruzzella, è sempre più difficile operare col mercato italiano senza avere una succursale fisica in Italia, il che rischia di far perdere posti di lavoro ticinesi. Non si può seguire quel tipo di clientela direttamente dal Ticino e dunque si potrebbero creare dei posti in Italia (ma appannaggio di ticinesi o più probabilmente di italiani?). La Road map del 2015 parlava di un accesso al mercato euro compatibile per la Svizzera, però da Roma non ci sentono molto. La legislazione bancaria, prosegue Petruzzrlla, permette a operatori finanziari extra UE, come è appunto la Svizzera, di operare senza succursali.
Ma l’Italia ha scelto di interpretarla in modo severo, molto più per esempio della Germania. “Abbiamo chiesto più volte alle autorità svizzere, via Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali, di riaprire un tavol odi negoziato su questo tema. Il problema è però a Roma”, conclude.