Convinta vegana da anni, Bonatti non risparmia frecciatine allo chef ticinese che ha sollevato la polemica: "Bene sensibilizzare gli altri, ma io intendo altro per "rispetto e dignità""
LUGANO – Il piatto che spacca – così lo abbiamo ribattezzato (vedi articoli suggeriti) – continua a far discutere. La scelta di servire la testa di un germano reale del rinomato ristorante danese Noma dello chef René Redzepi continua a dividere l’opinione pubblica. A dar via alla polemica ci ha pensato lo chef ticinese Pietro Leemann, patron del Joya di Milano, primo ristorante vegetariano in Europa a conquistare la stella Michelin. Lo chef svizzero non le ha mandate a dire al collega, accusato di essersi “spinto oltre, valicando i limiti del rispetto verso gli altri esseri che condividono con noi il pianeta”.
Una presa di posizione, quella di Leemann, gradita solo in parte da Kathya Bonatti, convinta vegana da anni. “Mi fa piacere – dice – che abbia sottolineato il diritto degli esseri senzienti e viventi ad avere una dignità sia da vivi che da morti, ma...”.
“Ma gli chiederei – continua Bonatti – la stessa sensibilità nei confronti dei vegani. Rispettare la dignità degli animali, per noi vegani, significa anche non sfruttare gli animali consumando prodotti derivati dagli animali (latte, burro, uova, …). Gli animali vengono ingravidati in maniera violenta e non consenziente, gli viene infilato un braccio negli organi genitali, gli viene tolto il latte destinato ai figli. Questo è rispetto? Non credo. Quando si parla di dignità e sensibilità è di questo che si dovrebbe parlare...”.
“Sia chiaro, apprezzo molto la ‘denuncia’ di Pietro Leemann, ma ritengo che anche lui possa fare di più per il rispetto della dignità degli animali. Sarebbe fantastico se ‘trasformasse’ il suo ristorante da vegetariano a vegano. Da vegana posso garantire che si può mangiare di qualità nel pieno rispetto del Cruelty Free. L’idea della dignità e del rispetto deve nascere da un concetto che vale sia per gli esseri umani che per gli animali. Ovvero: quando non c’è un consenso, non siamo autorizzati a fare del male. E il consenso non esiste nemmeno per quanto riguarda il consumo dei derivanti, anche se non derivano direttamente dall’uccisione dell’animale”.
Infine, Bonatti parla anche del numero di vegani in forte crescita in Ticino. “I vegani nel nostro Cantone si stanno triplicando. Il motivo? Le persone cambiano idea quando si rendono conto della sofferenza a cui sono costrette le povere bestie. La grande alternativa di prodotti vegetariani nei supermercati e nei negozi è chiaramente un altro fattore importante nell’aumento dei vegani in Ticino. Sono contenta del fatto che sempre più giovani non accettano più di essere co-responsabili di certe atrocità e non credono più a ciò che viene venduto da una certa cultura. La carenza di vitamina B12? Nessun problema: basta prendere un integratore naturale e fine del punto critico del veganesimo”.