In una missiva a Conte e al governatore del Piemonte denunciano "stanze d'albergo per far dormire colleghi tra di loro e di dormitori improvvisati sul posto di lavoro". Un'infemiera: "O mi fermavo qui oppure dovevo prendere congedo non pagato"
TORINO – Lavoratori italiani, piemontesi, quasi ‘prigionieri’ in Ticino, in situazioni precarie e pericolose per la salute? Stando a una lettera che i sindaci del Verbano hanno scritto al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al governatore piemontese Alberto Cirio, sì.
“Il disagio creato dalla diversità di provvedimenti attuati per il contenimento del Covid19 da parte delle autorità elvetiche rispetto a quelle italiane sta esasperando i frontalieri. Parecchi datori di lavoro ticinesi hanno imposto ai frontalieri di trasferirsi al di là del confine per alcuni giorni al fine di assicurare la continuità produttiva nelle aziende, senza alcun rispetto della condizione personale dei lavoratori. Abbiamo notizie di stanze d’albergo prenotate per far dormire colleghi tra di loro, nonché di dormitori improvvisati sul posto di lavoro, non curandosi quindi della regola, che faticosamente in Italia stiamo facendo rispettare, della non promiscuità nei rapporti sociali al di fuori dei propri familiari”, si legge.
La richiesta è di tutelare la salute dei frontalieri, che in un articolo pubblicato da La Repubblica svelano di essere stati quasi costretti a rimanere in Ticino, pena perdere soldi. “Ci è stato chiesto di firmare un accordo. L’azienda paga l’albergo. Ma l’alternativa era il congedo senza stipendio”, ha denunciato un’infermiera, ‘bloccata’ qui da cinque giorni. A suo dire, chi rimane in Svizzera ha 80 franchi di sostegno, 20 franchi vanno ai colleghi ticinesi che decidono di ospitarli.