CRONACA
Oltre i confini della realtà. Non paga il casello a Como-Grandate. E per un pedaggio di 4,90 euro gli arriva una fattura di 143 franchi!
Un automobilista ticinese ha ricevuto il saldo da un avvocato italiano titolare a Lugano di una società di recupero crediti

LUGANO - Questa è una di quelle storie che si collocano oltre i confini della realtà. Una storia che riguarda il mancato pagamento di un pedaggio autostradale al casello di Como-Grandate. Il fatto risale a un paio d’anni fa, quando un automobilista ticinese omise di pagare il dovuto alla barriera. L’uomo non ricorda le circostanze ma ritiene improbabile il fatto di non aver pagato un pedaggio.

 

Sia come sia, il caso è stato trasmesso alla Nivi Spa di Firenze, incaricata del recupero dei crediti dalla Società autostrade. L’automobilista in questione, che ci ha segnalato la vicenda, non ricorda nemmeno di aver ricevuto in questi mesi una lettera dalla Nivi con la richiesta di pagamento. Anche se non lo esclude.

 

Ma nei giorni scorsi se è visto recapitare una lettera da parte di un avvocato, iscritto all’Ordine di Salerno, e titolare a Lugano di una società di recupero crediti.

Orbene, direte, ma dove sta la storia ai confini della realtà? Sta nel montante, nel “quibus”. Già, perché il pedaggio, che ammontava a 4 euro e 90, è lievitato fino a raggiungere i 143 franchi e 9 centesimi (da arrotondare a 10?).

 

Com’è stato possibile questo “abracadabra” economico? Semplice: 35 euro vanno alla Nivi Spa per “spese di esazione sostenute dalla mandate”, mentre l’avvocato reclama 100 franchi “per spese e competenze del presente intervento”. Per una lettera con allegata polizza di versamento, sia chiaro. Sarebbe interessante capire su quali basi legali si fonda questa moltiplicazione dei pani e dei pesci.

 

Non sappiamo quante lettere del genere l’avvocato abbia inviato a ticinesi “morosi”. Ma se anche fossero cento, parliamo di 10'000 franchi di incasso. E se fossero mille? Fate voi i conti…

 

C’è di più. L’avvocato in questione pare essere specializzato in singolari incassi di crediti. Nel 2018, tramite la sua società luganese acquistò per 100mila euro da una società italiana di ingegneria un vecchio credito relativo a perizie legate a un terremoto di 30 anni or sono, e in seguito un’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione ha prelevato dal conto bancario un piccolo comune salernitano, oltre  688'000 euro. Quella somma doveva servire a pagare gli stipendi ai dipendenti comunali e il normale svolgimento dell’attività amministrativa.

 

“Onestamente, non so neppure se alla fine del mese riusciremo a pagare gli stipendi. Noi però non ci arrendiamo e siamo pronti ad andare fino in fondo. Ci sono già due procedimenti avviati dinanzi alla Magistratura perché a nostro avviso ci sono tutti gli elementi per una truffa”, dichiarò il sindaco del paesino nel 2019. Pochi mesi dopo, il Tribunale di Avellino accolse il reclamo del Comune, intimando alla società luganese dell’avvocato di restituire la somma e di pagare le spese di lite, quantificate in oltre 8'600 euro.

 

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