CRONACA
Il Covid ha portato più difficoltà ai lavoratori stranieri. Nel settore sanitario e nel frontalierato...
Il saldo migratorio nel 2020 è sceso solo leggermente rispetto all'anno precedente: la difficile situazione sul mercato del lavoro ha comportato un notevole calo dell'immigrazione, soprattutto degli occupati

Nel 2020 la crisi del coronavirus ha avuto effetti sul mercato del lavoro, colpendo particolarmente i lavoratori provenienti dall’UE e influendo anche sui flussi migratori. Allo stesso tempo, la libera circolazione delle persone rimane importante per soddisfare la domanda di manodopera in modo flessibile e in base alle necessità, come emerge dal rapporto di quest'anno dell'Osservatorio sulla libera circolazione delle persone, che porta l'esempio del settore sanitario.

La crisi pandemica ha fortemente segnato il mercato del lavoro nel 2020. Il volume di lavoro effettivamente svolto è diminuito del 3,7 per cento rispetto all'anno precedente, in parte a causa del forte ricorso al lavoro ridotto. I gruppi di popolazione sovrarappresentati nei settori particolarmente colpiti sono stati toccati molto più degli altri dalla crisi. Ad esempio, per i cittadini dell'UE il volume di lavoro è sceso del 4,5 per cento, ossia di circa un terzo in più rispetto a quello per cittadini svizzeri
(-3,4 %). Queste persone sono state colpite più duramente dalla disoccupazione, soprattutto gli europei dell'Est e del Sud, dato che sono molto presenti nel settore alberghiero e della ristorazione; le persone provenienti dall'Europa settentrionale e occidentale sono state invece meno toccate dal fenomeno, visto che spesso hanno potuto lavorare da casa.

Nel complesso, il saldo migratorio nel 2020 è sceso solo leggermente rispetto all'anno precedente: la difficile situazione sul mercato del lavoro ha comportato un notevole calo dell'immigrazione, soprattutto degli occupati; allo stesso tempo però meno persone hanno lasciato il nostro Paese. I dimoranti temporanei, il cui numero varia rapidamente in base all'andamento congiunturale e che svolgono una funzione cuscinetto sul mercato del lavoro durante le fasi di recessione, sono fortemente diminuiti. Con la ripresa economica all'orizzonte e il probabile calo del lavoro ridotto e della disoccupazione, si prevede un nuovo incremento della domanda di manodopera straniera nel corso di quest'anno.

Libera circolazione delle persone: un aspetto importante per il settore sanitario

Con lo scoppio della crisi COVID-19 ci si è resi maggiormente conto che il settore sanitario dipende in larga misura dalla manodopera straniera; il rapporto dedica pertanto un capitolo a questo argomento. Dai risultati è emerso che negli ultimi dieci anni la libera circolazione delle persone ha svolto un ruolo importante nel soddisfare la domanda di personale sanitario specializzato e altamente qualificato. Ad esempio, i cittadini dell'UE rappresentano un terzo degli medici specialisti e il 31 per cento dei medici generalisti che lavorano in Svizzera; tra i fisioterapisti, i dentisti e i farmacisti sono circa un quarto, mentre tra il personale infermieristico il 19 per cento. Queste persone sono invece meno presenti nelle professioni sanitarie con un titolo di livello secondario II: la domanda sembra dunque ben soddisfatta grazie agli sforzi compiuti negli ultimi anni in tutto il Paese a livello di formazione, e il reclutamento dall’UE avviene in modo complementare e in base alle necessità. Inoltre, nelle regioni di confine i circa 34 000 frontalieri che lavorano nel settore sanitario hanno contribuito in modo significativo a garantire l'assistenza sanitaria.

I frontalieri influiscono sull'andamento del mercato del lavoro nelle regioni di confine

Oltre al settore sanitario, i frontalieri sono un fattore chiave per lo sviluppo del mercato del lavoro nelle regioni di confine, come emerge da un altro capitolo del rapporto. Negli ultimi anni hanno contribuito parecchio alla dinamica di sviluppo dell'occupazione nelle regioni di confine; nel complesso le regioni con una quota elevata di frontalieri hanno mediamente mostrato una crescita dell'occupazione più marcata rispetto alle regioni più centrali. L'aumento del tasso di occupati e il calo della disoccupazione negli ultimi dieci anni indicano che la forte presenza dei frontalieri sul mercato del lavoro non ha pregiudicato le opportunità di impiego della popolazione locale nelle regioni di confine. Questo vale anche per il Cantone Ticino, anche se qui si riscontrano differenze salariali ingiustificate tra frontalieri e residenti con qualifiche simili rilevanti sotto il profilo salariale. Tuttavia, l'aumento dei salari dei residenti in queste regioni ha tenuto il passo con quello nelle regioni più centrali: le misure di accompagnamento si sono rivelate efficaci, soprattutto per quanto riguarda i salari più bassi.

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