Pagelle e analisi su quel che è stato e quel che ci aspetta dopo Euro 2020: sì all'entusiasmo, no ai trionfalismi
di Andrea Leoni
Ora che le emozioni si sono sedimentate e comincia ad appassire l’amarezza per una eliminazione viziata da un grave errore arbitrale, possiamo tentare di analizzare con un po’ di distacco quel che è stato e cominciare a ragionare con mente fresca su quel che ci aspetta.
La Svizzera ha giocato un buon Europeo, arricchito da una prestazione epica contro la Francia. L’orgoglio e l'entusiasmo di essere usciti a testa alta senza perdere nei 120 minuti né con i Campioni del Mondo né con la Spagna - oltre al piazzamento storico e prestigioso nei quarti di finale - non devono esondare nel trionfalismo o nell’esaltazione.
Certi toni celebrativi non fanno bene alla squadra, perché fissano un’asticella al ribasso: più di così non potevate fare. Non è vero. Tra fare il massimo di quel che si può (e la Svizzera lo ha fatto) e raggiungere il massimo, cioè conquistare l’obbiettivo, c’è l’ultimo, decisivo, gradino di crescita per affermarsi come una grande squadra. Crediamo che la Nazionale abbia i mezzi per provarci.
Quando si leggono certe valutazioni esagerate sul percorso complessivo nel torneo e sulle prestazioni dei singoli, bisogna chiedersi quali sarebbero stati i giudizi e gli aggettivi in caso di vera impresa, ovvero la finale o la vittoria. Pensiamo alla Grecia o alla Danimarca - paesi paragonabili per dimensioni e tradizione - che ci sono riuscite (e forse i danesi ci riusciranno di nuovo). Se esci ai quarti e sei già da 5,5/6 in pagella, come fai a migliorare, ad andare oltre, ad ambire di arrivare in fondo?
La verità è che la Svizzera ha scalato la montagna, ma non è ancora sulla vetta. Il gruppo è nel pieno della maturità e il prossimo Mondiale sarà per alcuni calciatori l’ultima grande avventura con la maglia rossocrociata. Poi un ciclo volgerà al termine. È una condizione bella ma scivolosa. Occorre capire se la squadra ha la forza - mentale prima di tutto - per intraprendere l’ultima salita, oppure se oltre non può spingersi e non resta che tenere la posizione e addolcire quanto più possibile la discesa.
Se si vuol fare un buon servizio alla Nazionale, è necessario nell’analisi tener conto con serenità di tutti gli elementi. Anche del fatto, per esempio, che su cinque partite la Svizzera ne ha vinta soltanto una - contro una squadra de facto eliminata e tra le peggiori dell’Europeo - subendo complessivamente 8 gol, un po’ troppi.
Vladimir Petkovic è stato perfetto nelle ultime dichiarazioni: l’Europeo deve essere un punto di partenza e non di arrivo. Il CT (voto 4,5) si è pienamente meritato sul campo la conferma. Dopo un inizio segnato da scelte dannose, l’allenatore ha avuto l’umiltà, la capacità e il coraggio, quindi il merito, di chiedere scusa pubblicamente e di ridisegnare la squadra nella formazione e nella tattica, scegliendo di difendersi a quattro in fase di non possesso: la vera svolta che ha ridato equilibrio e sostanza all’équipe.
La fase difensiva, eccellente sia con la Francia che con la Spagna, è senza dubbio il punto di forza dal quale ripartire in vista di Qatar 2022: Sommer (5,5), Elvedi (5), Akanji (5), Rodriguez (3,5: bene solo contro gli spagnoli), Widmer (4,5: l’uomo chiave che ha permesso di rimodulare la Svizzera), rappresentano un quartetto solido e affidabile, con possibilità di miglioramento solo sulle corsie laterali.
A centrocampo situazione più caotica. Accanto a Xhaka (4,5: media tra la monumentale partita contro la Francia e le altre gare, tra gravi insufficienze e sufficienze striminzite), Freuler (4 -) è rimasto un lontano parente del corsaro della ciurma Gasperini. Zuber è stato certamente il migliore della mediana e tra i migliori della spedizione (5-), anche se contro la Spagna è andato in debito di ossigeno. Qui, per fare un passo avanti nella crescita, c’è da aggiungere, se possibile, e da lavorare sia sui titolari (modulo) che soprattutto sulle alternative (Zakaria e Mbabu). Prendiamo la partita con la Spagna, sbloccatasi soltanto a causa di due erroracci fantozziani. La gara difensiva è stata all’altezza di quella giocata contro i francesi, ma a livello offensivo la prestazione è stata appena sufficiente. Questo a causa dei ripetuti errori tecnici in uscita, in parte dovuti all’assenza di Xhaka, in parte ai giocatori offensivi (gli attaccanti più Zuber) che non hanno avuto la lucidità per riproporsi allo stesso livello della partita precedente. Quindi la domanda: quando si gioca contro squadre più forti, vale la pena insistere con le due punte e il trequartista, considerato che almeno due di questi sono sostanzialmente sacrificati a centrocampo? È un tema da affrontare. Soprattutto con un occhio alle rotazioni (Vargas e Gavranovic), imprescindibili se il dispendio di energie è quello che è stato richiesto al reparto offensivo negli ottavi e nei quarti dell’Europeo.
E veniamo all’attacco, per l’appunto. Manca un anno e mezzo al Mondiale e le scelte negli uomini appaiono solide. Seferovic è probabilmente il calciatore più importante per il gioco offensivo (5 -) della Svizzera, sia che segni, sia che no. Embolo (4+) può essere la vera differenza di questa squadra se saprà far lievitare e consolidare le tante cose buone mostrate in sprazzi sempre più dilatati in questo torneo. Tra le cose buone ci piace sottolineare la “nuova” attitudine al sacrificio del ragazzo. Shaqiri (4,5) resta un lusso sul quale ragionare, almeno per un certo tipo di partite. Ha una grande disponibilità nella fase difensiva e in questi tornei, bene o male, i suoi gol li segna sempre. Ma le sue prestazioni sono sempre in sottrazione, deve togliere al suo talento e al suo gioco per dare equilibrio alla squadra. Ne vale la pena oppure potrebbe rivelarsi più utile come “spaccapartita” a gare in corsa?
Buon lavoro, Vlado.