La mail di una delle due allieve: “Lei sa quello che ho subito”. Fausta Alberti a TeleTicino "Non metteremo il caso nel cassetto”. L'istruttrice finita nella bufera era già stata richiamata per un altro caso nel 2020
di Marco Bazzi
LUGANO – “Stiamo valutando il da farsi. Abbiamo chiesto la documentazione per prendere le decisioni finali sul caso. Non eravamo stati informati di cosa stava succedendo, almeno nei dettagli, nero su bianco”. Così la presidente del Club Pattinaggio Lugano, Fausta Alberti Meroni, questa sera al Tg di TeleTicino. Il comitato aveva già in programma una riunione per questa sera, ha aggiunto. E il tema della decisione del Tribunale arbitrale di Swiss Ice Skating sui maltrattamenti subiti da due allieve minorenni da parte di un’istruttrice (leggi qui) era già all’ordine del giorno. Dopo che la notizia è divenuta di dominio pubblico in seguito alle rivelazioni di liberatv, ha detto in sostanza la presidente, diventerà il tema principale della seduta.
Ma Fausta Alberti Meroni ha ribadito: “Dobbiamo guardare la documentazione prima di decidere un eventuale richiamo nei confronti dell’istruttrice. Come Comitato ci siamo sempre mossi quando venivamo a conoscenza di certi fatti, con richiami verbali e anche scritti. Siamo sempre intervenuti quando siamo stati messi a conoscenza dei fatti”. E ha garantito che il caso giudicato dal Tribunale arbitrale non verrà messo nel cassetto.
La tesi è, dunque, se abbiamo ben capito, che i vertici del Club non sapevano nulla del caso prima di essere convocati dal Tribunale arbitrale. Va detto a questo punto che la prima segnalazione a Swiss Ice Skating da parte della famiglia di una delle due ragazze è avvenuta il 12 settembre dello scorso anno, e in base alla documentazione ricevuta la Federazione svizzera di pattinaggio ha deciso di investire il Tribunale arbitrale, che ha istruito il caso, sentendo entrambe le parti e facendo ulteriori approfondimenti che sono sfociati nella decisione. Il tribunale ha evidenziato come alcune delle testimonianze incrociate raccolte siano “incriminanti e gravi”, ritenendo indispensabile che il Comitato del Club indaghi seriamente sulla questione e “prenda tutte le misure necessarie per assicurare che parole o comportamenti offensivi e umilianti nei confronti delle atlete non si ripetano in futuro”.
La decisione è datata 7 gennaio, e risale dunque a oltre un mese fa. Periodo durante il quale è lecito pensare che il Comitato del Club avrebbe avuto il tempo necessario per valutare il caso e decidere se seguire o no la raccomandazione del Tribunale arbitrale fatta propria dai vertici della Federazione: emanare un richiamo formale nei confronti dell’istruttrice. Come del resto aveva già fatto, nei confronti della stessa istruttrice, nel 2020, in seguito alla segnalazione di un terzo genitore. Segnalazione che aveva portato al richiamo formale dell’istruttrice con la garanzia scritta alla famiglia dell’allieva che episodi simili non sarebbero più stati tollerati.
Insomma, che le modalità comportamentali dell’istruttrice in questione presentassero delle criticità era già noto al Comitato da oltre un anno. Ed è probabilmente a quell’episodio che si riferisce la presidente quando afferma a TeleTicino: “Siamo sempre intervenuti quando siamo stati messi a conoscenza dei fatti”.
Ma qualche legittimo dubbio sorge sul fatto che il Comitato fosse all’oscuro di tutto prima della segnalazione a Swiss Ice Skating da parte delle famiglie delle due allieve coinvolte nel caso emerso nel 2021 e giudicato dal Tribunale arbitrale. Liberatv ha infatti potuto leggere una mail che una delle due ragazze ha inviato alla presidente già il 10 settembre dello scorso anno, dunque prima della segnalazione a Swiss Ice Skating.
Una mail che la giovane ha scritto dopo aver deciso di lasciare il Club Pattinaggio Lugano. Lei sa, scrive la ragazza, oggi sedicenne, che ho preso questa decisione perché non ho avuto scelta e sono stata praticamente obbligata ad andarmene. E afferma di aver subito maltrattamenti – che il Tribunale arbitrale qualifica come “Mobbingvorwürfen” – letteralmente accuse di bullismo, che rientrano nel generale concetto di mobbing, o di “comportamenti vessatori”, per citare la definizione usata dalla SECO, il Segretariato di Stato per l’economia, per fenomeni legati al mondo del lavoro - da parte dell’istruttrice da diversi anni, senza che nessuno dei membri di Comitato fosse mai intervenuto in sua difesa. La giovane chiede in conclusione alla presidente del Club come avrebbe reagito se sua figlia fosse stata trattata così.