CRONACA
Se verrà la guerra...."Biden è l'alleato di Putin. Involontario ma non inatteso"
La lucidissima analisi di Lucio Caracciolo sui venti di guerra tra Russia e Ucraina: "Se il presidente russo invade è un pazzo suicida. Altrimenti..."

LUGANO - Non si placano i venti di guerra sul confine tra Russia e Ucraina. Il Mondo continua a vivere con il fiato sospeso il braccio di ferro tra Vladimir Putin da un parte e la Nato, con i testa gli Stati Uniti di Joe Biden, dall’altra. Invaderà o non invaderà? È la domanda chiave di questi giorni carichi d’angoscia. 

La risposta non ce l’ha nessuno. Forse neppure i principali protagonisti sanno davvero come andrà a finire. Quando il terreno è cosparso di benzina, basta un cerino per far saltare tutto. Per ora siamo alle ipotesi, alle letture e soprattutto alla propaganda, un’arma potente che contraddistingue ogni guerra, realizzata o minacciata. Difficile distinguere, in fasi accalorate come quelle che stiamo vivendo, la realtà dalle bugie confezionate dai governi.

Il direttore di Limes Lucio Caracciolo ha pubblicato stamane sulla Stampa un’analisi estremamente lucida sulla situazione, che merita un’attenta lettura. Eccone alcuni stralci salienti.  

“Fra poche ore - scrive il giornalista - sapremo se l’intelligence americana avrà fatto il colpo del secolo, datando l’aggressione di Mosca, oppure no. Il problema, per Washington, è che sarà Putin a deciderlo. Biden gli ha alzato la palla, a lui schiacciarla dove meglio crede”. 

Le due ipotesi

“I casi sono due. - argomenta Caracciolo - L’autocrate del Cremlino è un pazzo suicida e quindi marcerà su Kiev. Così si scaverà la fossa. Non solo l’Armata russa s’esporrà bersaglio perfetto alla guerriglia nazionalista ucraina, sostenuta ed equipaggiata da americani, britannici, polacchi e baltici. Soprattutto, l’opinione pubblica russa non apprezzerà l’aggressione a un popolo comunque intimo, se non fratello. Un russo su tre ha parenti ucraini. Sommando questi fattori alla rappresaglia atlantica, il rischio per Putin è di aprire la crisi finale sua e del suo regime. Morire per Kiev?

“Oppure - prosegue il direttore di Limes - il presidente russo conserva l’uso della ragione. Dunque manterrà la pressione sull’Ucraina finché non sarà sicuro di aver raggiunto lo scopo: riportare quella strategica marca nella sfera d’influenza del suo impero. Putin non vuole passare alla storia come lo zar che perse l’Ucraina. Ma sa che per recuperare Kiev deve prima neutralizzarla, inchiodandola nella terra di nessuno fra sé e la Nato. Per poi riassorbirla, almeno in parte, una volta che gli ucraini si saranno resi conto che l’Occidente non intende morire per loro”. 

L'attacco vecchio stile e le armi ibride

“La prima opzione - scrive ancora il giornalista - non si può escludere a priori. Anche i leader più scaltri commettono errori fatali, sotto pressione. Oppure qualcuno nelle Forze armate disobbedirà agli ordini o cadrà in una provocazione scatenando un incidente che obbligherà Putin all’offensiva. Contrariamente al cliché, l’autocrate non è onnipotente. Il suo Stato profondo può giocargli brutti scherzi. E’ lui stesso a confessare che l’80 per cento dei suoi ordini non viene eseguito. La seconda ipotesi è invece svolgimento logico del piano russo. Putin vuole portare la Russia in un nuovo concerto europeo fondato sull’equilibrio delle potenze, sovvertendo il primato americano codificato nella Nato”.

“L’attacco vecchio stile con bombardamenti, carri armati e stragi di civili - ragiona ancora Caracciolo - porterebbe forse a un provvisorio successo militare, cui seguirebbe certamente la sconfitta strategica. La Nato spingerebbe basi e missili alla frontiera con l’Ucraina russa. Europei e americani metterebbero da parte le differenze, per un periodo. Svedesi e finlandesi, più antirussi di quasi tutti gli atlantici, entrerebbero di corsa nell’Alleanza e chiuderebbero a nord la morsa del più colossale cordone sanitario che storia ricordi. E chissà se Pechino, a quel punto, muoverebbe un dito per Mosca. Putin ha sicuramente letto Sun Tzu. Sa che la vittoria vera si ottiene senza combattere. Semmai usando mezzi ambigui, oggi battezzati ibridi. La guerra attuale si fa alle società, non agli Stati. Per esempio con attacchi cyber, capaci di infliggere danni strutturali al nemico senza che nulla si palesi prima, salvo constatarne poi i drammatici effetti. Quando è troppo tardi".

"Biden l'alleato di Putin"

“Finora Putin - termina l’analisi pubblicata sulla Stampa - ha potuto contare su un alleato certo involontario, non inatteso: Biden. Gaffe a parte, colpisce come l’approccio del leader americano e dei suoi apparati alla crisi, sempre reattivo, spesso contraddittorio, abbia contribuito alla destabilizzazione dell’Ucraina. Cioè allo scopo di Putin. Sono mesi che Zelensky segnala a Washington come l’enfasi sulla minaccia russa finisca per seminare panico in casa, spingere capitali e capitalisti (oligarchi) alla fuga, convincere i presunti amici a non impegnarsi troppo nel sostenere la causa ucraina. Salvo, al massimo, l’invio di armi non formidabili. Armatevi e combattete per noi. Non quel che ci si attende dagli amici. Ma in guerra, classica o ibrida, è già tanto poter contare su sé stessi”.

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