CRONACA
Quel che abbiamo capito della guerra di Vladimir Putin
Riflessioni dopo cinque giorni di conflitto tra Russia e Ucraina. Un'analisi tra fatti, balle e speranze

di Andrea Leoni

Cerchiamo di capirci su quel che sta succedendo. Il presidente della Russia Vladimir Putin, con un atto bellico criminale, ha invaso un Paese sovrano, riportando la guerra in Europa. Ha invaso con il suo esercito una nazione democratica, l’Ucraina, con un presidente legittimamente eletto con oltre il 70% dei suffragi. L’offensiva militare scatenata da Mosca non può avere giustificazione alcuna, ma neppure comprensione. Le ragioni - fondate - che Putin avanzava alla vigilia del conflitto circa l’eccessivo allargamento della Nato, così come sulla crisi del Dombass che si trascina da otto anni, sono state spazzate via dall’orrore dell’attacco contro Kiev e il resto del territorio ucraino. Un atto barbaro che deve indignare ogni cittadino europeo.

In questi giorni alcuni hanno ricordato che anche gli Stati Uniti, insieme ad altri Paesi della Nato, si sono macchiati di uguali crimini. In Iraq ad esempio. Oppure in Libia. Per non citare quanto avvenuto nel 1999 con i bombardamenti sulla Serbia e su una delle grandi capitali d’Europa, Belgrado. Il parallelo di due crimini è un giochino retorico che viene spesso utilizzato per giustificare l’ultima nefandezza compiuta. Ma non è così: due omicidi non fanno pari e patta. Tanto era criminale l’operazione yankee in Iraq, tanto lo è quella russa in Ucraina. Non può esserci alcun doppiopesissmo. 

Ogni guerra è piena di balle. Non se ne raccontano tante nemmeno durante la caccia, ammoniva un cancelliere prussiano. I due contendenti alimentano la propria narrazione ed è davvero difficile separare la realtà dalle bugie e dalle speranze. La sorprendente unità sin qui mostrata dall’Occidente ci pare tra le informazioni da classificare come fattuali. È probabile che il Cremlino non si attendesse una compattezza e una determinazione tale, soprattutto dai Paesi dell’Unione Europea, che solitamente spiccano per il loro agire caotico. Più che le sanzioni economiche messe in campo dall’UE, comunque di una severità senza precedenti, il vero elemento di novità è la scelta di molti Paesi europei di rifornire l’esercito di Kiev di armi offensive. È una svolta storica, come ammesso ieri dalla presidente Ursula Von Der Layen. Di fatto, seppur indirettamente, l’Europa ha scelto di partecipare al conflitto militare. 

Occorre invece grandissima prudenza nel valutare la situazione sul campo, così come le reali intenzioni di Vladimir Putin. L’esercito ucraino sta coraggiosamente resistendo all’invasore, questo è sicuro, ma non è chiaro quanto questo sia dovuto a delle falle nella strategia militare russa, oppure a una fase tattica della contesa (che è cominciata da soli cinque giorni, ricordiamolo). C’è chi dice che Putin si aspettasse una guerra lampo. Ma questa è solo un’ipotesi tra le tante. Magari è vero, magari no. Si dice che nella nomenclatura che regge il capo del Cremlino, si comincino a vedere delle crepe. Anche qui: occorre non confondere i fatti con i desideri. Forse è davvero così, ma forse no. Ogni ipotesi va valutata con le pinze, per evitare di farci prendere di sorpresa. Un’altra volta.      

Certo è che la reazione di condanna internazionale è stata potente, al di là dei Governi. Anche nelle ritorsioni “marginali” che però hanno un alto valore simbolico. Pensiamo all’emarginazione della Russia a livello calcistico, agli attacchi di Anonymous contro i siti governativi e le televisioni russe, alle varie aziende che, in modo autonomo, stanno sanzionando Mosca. 

La nostra impressione è che molto dipenderà da Pechino. Quanto davvero i cinesi sono disposti a coprire le spalle a Putin, entrando in rotta di collisione con il resto del Mondo? La risposta, a nostro modesto avviso, forse non è così scontata.

Ma se l’Occidente stesse davvero prevalendo su Putin - e noi non lo sappiamo - occorrerebbe grande prudenza per non correre il rischio di umiliare l’avversario, soprattutto un avversario così orgoglioso. Vincere ma non stravincere, almeno all'apparenza, come Kennedy su Krusciov nel 1962. Se l’orso russo è davvero nell’angolo, che gli si dia una via di fuga onorevole e che poi se la facciano fuori a Mosca. L’opzione nucleare che aleggia da qualche giorno nell’aria, per volontà del Cremlino, va ricacciata nel bunker e blindata a doppia mandata. Perché, come insegna Putin, basta un attimo per fare il passo più lungo della gamba.

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