La banca si difende: "Informazioni incomplete". Avviata un'indagine interna per la maxi fuga di notizie
BERNA – Credit Suisse ha avviato un'indagine interna per fuga di notizie dopo la pubblicazione di un'inchiesta giornalistica chiamata 'Suisse Secrets', condotta da oltre 170 giornalisti di tutto il mondo. L'inchiesta ha permesso di spulciare oltre 18mila conti e risalire all'identità dei titolari. Non mancano le sorprese. I media parlano di veri e propri criminali tra i clienti della banca, tra cui familiari e associati dei dittatori che hanno scatenato le primavere arabe, un generale algerino che guidava le torture durante la sanguinosa guerra civile che ha devastato il Paese. Ma non solo. Figura anche un cittadino svedese in carcere per traffico di esseri umani. E ancora: un italiano legato alla Ndrangheta, evasori fiscali, politi corrotti e narcotraffico. Tutti clienti 'speciali' della Credit Suisse, che a sua volta respinge con fermezza le accuse.
Secondo Credit Suisse, si tratta di "informazioni incomplete e risalenti al secolo scorso". Non potendo commentare per motivi legali, la banca ha comunque fatto sapere di "proseguire le indagini interne che faranno a capo anche ad esperti esterni".
Fondi di dubbia provenienza
Secondo l'inchiesta, Credit Suisse non solo accettava, ma incoraggiava i propri dipendenti a fornire servizi a clienti con fondi di dubbia provenienza. Un sistema 'segreto' "accessibile solo ai quadri della direzione. Un giornalista, fingendosi un cliente 'speciale' ha spiegato che "questi conti sono gestiti direttamente dalla direzione e separati da tutti gli altri".
Figure losche ma conti aperti
Tra i clienti di Credit Suisse figurava l'ex wrestler Evelin Banev, a capo di un gruppo di narcotrafficanti e condannato in tre paesi diversi a vent'anni di carcere. Ma anche un cittadino svedese condannato all'ergastolo perché gestiva un traffico di giovani donne filippine, costrette a prostituirsi. Il suo conto è rimasto aperto fino al 2013, oltre due anni dopo la condanna.
E ancora, sono rimasti buoni clienti di Credit Suisse malgrado accuse e condanne Pavlo Lazarenko, ex premier ucraino, dopo la condanna negli Usa per riciclaggio; Alaa Mubarak, figlio dell'ex dittatore egiziano Hosni Mubarak, che aveva oltre 200 milioni di franchi nel suo conto svizzero; Khaled Nazzar, a capo della giunta militare algerina durante la guerra civile degli anni '90, arrestato a Ginevra e accusato di crimini di guerra; Omar Suleyman, per 20 anni a capo dei servizi segreti egiziani, pubblicamente accusato di tortura. Il conto, intestato a dei familiari, ha avuto fino a oltre 60 milioni di franchi depositati ed è rimasto attivo ben oltre la caduta del regime di Mubarak.