CRONACA
La sua forza è la nostra debolezza
Vladimir Putin, i principi del Judo e l'Occidente costretto a rincorrere lo Zar nella crisi tra Russia e Ucraina

di Andrea Leoni 

La sua forza è la nostra debolezza. Una debolezza politica, economica, energetica e militare. Da un lato c’è un Paese, la Russia, con un capo che persegue un obbiettivo, dall’altra ci sono tanti Paesi con obbiettivi diversi. Vladimir Putin è stato finora sempre un passo avanti agli altri in questa crisi. Ha dettato giorno dopo giorno il calendario e le mosse dell’escalation, in un mix esplosivo ma controllato di incontri bilaterali diplomatici, attacchi cyber, guerra d’informazione e mobilitazione militare. E quasi ad ogni passaggio ha colto tutti di sorpresa, facendo ciò che non ci si attendeva. L’offensiva militare di questa mattina è stata l’apice di questa strategia. 

Chi ha visto il film-intervista di Oliver Stone al presidente russo conosce i principi del judo a cui Putin ispira la sua azione politica: flessibilità per sfruttare la debolezza altrui. E riavvolgendo la cronaca  tambureggiante di queste ultime settimane, appare evidente come tali principi siano stati applicati dallo Zar, disorientando i suoi interlocutori.

Tra i disorientati di Putin vi è certamente una parte consistente dei media e dell’opinione pubblica del nostro emisfero. Fino a questa mattina in pochi credevano agli allarmi lanciati dagli Stati Uniti e dalla Nato circa a un massiccio intervento militare russo in Ucraina. Al contrario: in molti abbiamo creduto che gli americani gettassero benzina sul fuoco, quasi a voler spingere la Russia in un confitto, quasi che la guerra la volessero più loro del Cremlino. La verità è che molti di noi hanno creduto più a Putin che ai “nostri”. Un’altra debolezza. 

 La sensazione di queste ore che si respira in Occidente, è quasi d’impotenza. Anzi, sotto sotto, c’è chi si augura che la Russia raggiunga rapidamente i suoi obbiettivi, confinando il conflitto in Ucraina. Come nessuno voleva morire per la Crimea, nessun occidentale vuole farlo per Kiev, con il pericolo che la guerra dilaghi fin nel cuore dell’Europa. Di fatto: la terza guerra mondiale. L’Europa, grazie al cielo, è completamente disabituata al conflitto armato, sia da un punto di vista militare che sociale. Pensiamo alle lamentele per le restrizioni da Covid e immaginiamo cosa accadrebbe in un regime da conflitto bellico nell’opulento Occidente. I russi no: loro sono allenati a soffrire e a morire per la Patria. Altra differenza, altra debolezza.

Poi c’è l’Europa. Meglio l’Unione Europea: un’entità senza esercito e con interessi divergenti, se non opposti, tra i vari Paesi. A cominciare dal tema energetico. Putin lo sa e si infila come un coltello nel burro in queste contraddizioni. Difficile trovare una quadra e sanzioni comuni che non si rivelino un boomerang, in un contesto economico già pesantemente squassato dalla pandemia. Dopo il Covid, l’Unione Europea è chiamata a dare un’altra risposta storica.  

Queste sono le impressioni del momento. La speranza è che in questa complessa partita a scacchi, anche l’Occidente sia in grado di spostare l’inerzia della partita con una mossa che sappia cogliere di sorpresa e mettere in difficoltà Putin. Anche se in queste ore drammatiche, questa speranza, ha il gusto amaro di un’illusione.  

 

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