Un aereo da turismo guidato dal pilota ticinese Luigi Fasulo centrò il Grattacielo Pirelli provocando due vittime e una sessantina di feriti
MILANO – Vent’anni fa, il 18 aprile del 2002, poco prima delle sei di sera, un aereo da turismo decollato da Lugano si schiantò contro il Pirellone di Milano. Erano passati pochi mesi dall’attentato alle Torri Gemelle di New York, dal tragico 11 settembre 2001, e il panico si diffuse in tutta la città, mentre dal grattacielo si sprigionavano le fiamme e tonnellate di detriti e di polvere invadevano le strade intorno alla stazione Centrale. Alla guida del piccolo apparecchio monomotore Rockwell Commander 112TC c’era l’italo svizzero Luigi Fasulo.
Il velivolo centrò alla velocità di 200 chilometri all’ora il 26esimo piano del Grattacielo Pirelli, sede della Regione Lombardia. Nell'incidente, oltre a Luigi Fasulo, persero la vita due avvocatesse di Regione Lombardia che erano al lavoro proprio in quel piano, Alessandra Santonocito e Annamaria Rapetti, e una sessantina di persone rimasero ferite.
Fasulo ha 67 anni e, secondo la ricostruzione, decolla da Locarno alle 17.15, comunica con la torre di controllo di Linate alle 17.43, segnalando un problema al carrello. Poi cala il silenzio. L’apparecchio monomotore vola a bassa quota sul centro di Milano e si schianta su Palazzo Pirelli.
Nella prima fase delle indagini si pensa a un suicidio, soprattutto per una coincidenza: l’aereo si schianta contro il 26° piano, dove si trova l’ufficio che si sta occupando di una sua richiesta di finanziamento. L’ipotesi, scartata nel corso delle indagini, si fonda anche sulla quantità di carburante che Fasulo ha fatto caricare sull’aereo, poco più di 130 litri, appena sufficienti per arrivare a Milano. L’autopsia escluderà l’infarto o il malore, e alla fine delle indagini verrà accertato che la manovra errata di Fasulo non era dovuta alla sua volontà di uccidersi, ma alla sua “incapacità di gestire in maniera adeguata la condotta della fase finale del volo in presenza di problematiche tecnico-operative e ambientali”: non conosceva bene la rotta Lugano-Linate e aveva dato informazioni imprecise alla torre di controllo. Un ruolo nell’incidente potrebbe averlo giocato il sole riflesso sulle vetrate del grattacielo.
Un anno dopo, nel 2003, Squadra mobile e Dia arrestano 11 persone per truffa: tra le vittime c’è anche Luigi Fasulo, che ha perso un miliardo e 800 milioni di lire un mese prima dell’incidente di Milano. Quest’indagine aiuta a inquadrare gli ultimi atti del pilota prima del volo mortale. La mattina del 18 aprile 2002 Fasulo vede la sua nipotina a Lugano dove abita. Poi, assieme al figlio, va a Como in auto per denunciare la truffa, ma viene rimandato indietro in quanto gli accertamenti toccano alle autorità svizzere. A quel punto i due tornano a casa, Fasulo telefona all’aeroporto di Locarno e chiede che gli venga preparato l’aereo, annunciando anche il piano per il ritorno.